Marsala e il Consorzio. Il Governo farà un’eccezione?

24 Nov 2016, 09:30 | a cura di

Un vino con una grande storia alle spalle che se non cambia passo, è destinato alla marginalità. I gusti dei consumatori cambiano, il mercato dei liquorosi da tempo è in affanno per effetto della crisi, ma c’è ancora chi ha voglia di darsi da fare. Il declino si può arrestare ma serve una filiera unita.

Il Marsala, unico vino Doc liquoroso italiano è anche l’unico a non avere un Consorzio di tutela. Lo scorso 17 novembre in occasione della discussione al Senato della Repubblica sul Testo Unico del Vino, la questione Marsala è nuovamente salita alla ribalta. Infatti dallo scorso 1 settembre il Consorzio di tutela del vino Marsala, è stato escluso dall’elenco dei Consorzi riconosciuti dal Ministero delle politiche agricole. La perdita del riconoscimento Mipaaf non è priva di conseguenze pratiche: infatti non è più possibile accedere ai benefici di legge quali l’accesso ai fondi comunitari e nazionali, tutelare il marchio, lottare contro le contraffazioni, fare promozione, e così via. Insomma il blocco dell’agibilità.

 

La crisi del Consorzio del Marsala

Nonostante il Consorzio del Marsala abbia una lunga storia – l’anno di fondazione risale al 1963 - ormai da tempo non era più considerato rappresentativo del mondo del Marsala: dopo la defezione (vedi qui) avvenuta qualche mese fa, della Florio (di proprietà della Illva di Saronno), uno dei più importanti produttori che aveva espresso il Presidente del Consorzio stesso, Giuseppe Ingargiola, anch’esso dimissionario, le sole aziende rimaste associate erano la Carlo Pellegrino e la Fratelli Lombardo. Nel corso degli anni gli abbandoni sono stati numerosi – in passato le aziende associate sono state anche una quindicina- come quello delle Cantine Intorcia, altro storico marchio marsalese.

 

La criticità del Decreto ministeriale sui Consorzi di tutela

Il problema generale del Consorzio però risiede a monte, cioè nel Decreto ministeriale Mipaaf del 16/12/2010 “Disposizioni generali in materia di costituzione e riconoscimento dei Consorzi di tutela” perché la parametrazione generale del dm è avvenuta tenendo conto della situazione della filiera dei vini tranquilli cioè della grande maggioranza dei vini italiani, ignorando la particolarità del Marsala, unico vino liquoroso detentore di una specifica Doc (legge 851 del 28/11/1984 e Dpr. 17/11/1986). Il decreto in sostanza non ha preso in considerazione la particolare situazione delle imprese produttrici di Doc di vini “speciali”rapportando la rappresentatività ai fini consortili, soltanto alla base “anagrafica” dei viticoltori e a quella della materia prima e non alle quantità di Marsala – quindi con l’aggiunta obbligatoria di alcol - effettivamente certificate.

Tale metodo di calcolo della rappresentatività, quindi delle maggioranze e minoranze nella governance del Consorzio di tutela, non sarebbe perciò coerente con il quadro produttivo esistente, sostiene chi vorrebbe mantenere lo status quo consortile.

 

Proposte di modifiche del Decreto ministeriale

Durante il dibattito parlamentare sul Testo Unico del Vino, il problema è stato sollevato con un ordine del giorno (G28.100 al Ddl n. 2535) dal sen. Antonio D’Alì che “impegna il Governo a valutare l'adozione di disposizioni di aggiornamento del Decreto ministeriale 16 dicembre 2010, considerando il caso della denominazione di origine controllata Marsala”. Il Governo per bocca di Andrea Olivero, vice ministro delle Politiche agricole, ha dato parere favorevole all’Odg “eventualmente anche stabilendo che per il computo delle produzioni certificate di vino liquoroso devono essere acquisite le quantità effettivamente certificate Marsala e non i quantitativi dei vini di base”. Il Senato ha approvato all’unanimità quella che a tutti gli effetti potrebbe essere un’eccezione al dm Mipaaf che invece stabilisce la rappresentatività dell’intera filiera produttiva. Un’eccezione che potrebbe essere motivo di contenziosi legali. Il vecchio Consorzio del Marsala, unico in Italia, era composto solo dai trasformatori mentre i produttori non erano presenti. Per questo sono sono in molti ad attendere la risposta del Governo.

 

Un prodotto in difficoltà

I problemi della rifondazione, su basi diverse del Consorzio di tutela del Marsala, però rimangono tutti. A partire dalla produzione totale che ormai si aggira sui 40/50.000 ettolitri l’anno – erano 80.000 nel 2004; 93.000 nel 2000 - per lo più di Marsala Fine, il meno pregiato. In un quadro mondiale e nazionale che vede in difficoltà tutti i vini dolci, liquorosi, dal Porto allo Sherry ai Passiti, il Marsala un tempo – dall’Ottocento sino a buona parte del Novecento - l’unica industria vinicola italiana che poteva vantare oltre cento cantine di produzione, ha la sua parte di problemi da risolvere.

Benedetto Renda, amministratore delegato della Carlo Pellegrino conferma che “Nonostante due incontri appositamente convocati a cui hanno partecipato anche i rappresentanti delle cooperative, non abbiamo ottenuto risposte. Per questo chiediamo un riconoscimento della particolarità produttiva del Marsala”. Renato De Bartoli, che con il Vecchio Samperi è un punto di riferimento per il Marsala, evidenzia che “da tempo il Consorzio del Marsala è delegittimato in quanto da sempre ha difeso gli interessi dei trasformatori a scapito dei produttori e nemmeno dal punto di vista della difesa del marchio ha fatto molto, tanto che oggi si produce più Marsala in California che non in Sicilia”. Anche Antonio Rallo, marsalese e discendente di produttori di Marsala, ci ha detto di aver offerto l’ombrello protettivo della Doc Sicilia, di cui è presidente “Ho cercato di favorire il dialogo tra tutti gli attori della vicenda ma non sono riusciti a trovare una sintesi condivisa per superare le difficoltà. È una filiera spaccata, da una parte chi produce le uve, dall’altra chi produce mistella (vino alcolizzato)”.

Oltretutto oggi il Marsala è sempre meno un business che permette fatturati di una volta – attualmente si stimano circa 30 mln di euro in totale - e le aziende che una volta erano esclusivamente “marsaliste” hanno diversificato la loro produzione con i vini tranquilli. Francesco Intorcia dell’omonima azienda, convinto sostenitore del vino, però aggiunge “per rilanciare il Marsala è necessario coinvolgere tutti, produttori e trasformatori, con progetto innovativo, chiaro ed equilibrato, nei costi e nei benefici”.

 

Il Marsala insomma paga lo scotto delle divisioni, degli individualismi e dell’assenza di obiettivi e strategie comuni. Eppure le idee innovative ci sarebbero pure, almeno a parole, considerando il vasto dibattito che ha sollevato un po’ di tempo fa. Il Marsala intanto continua a essere l’unico vino in Italia a non avere un Consorzio di tutela riconosciuto. Anche il pronunciamento del Governo non sarà decisivo. Una filiera spaccata e contrapposta non serve a risollevare un vino che ha avuto una storia importante ma è pure in grande declino.

 

 

a cura di Andrea Gabbrielli

 

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