Mondo Vegano. Così cambia il comportamento di spesa degli italiani

28 Feb 2017, 17:30 | a cura di

Per la prima volta i prodotti vegani entrano nel paniere Istat, mentre nasce l'Osservatorio per avere un monitoraggio costante del settore. E la viticoltura? Seppure rimanga una nicchia, le certificazioni sono in aumento e spesso connesse a quelle biologiche.

Semplice moda o ricerca di benessere, questione di allarmismi in salsa enogastronomica o questione di etica, contagio mediatico o reale sensibilità per il cruelty free: i motivi non contano. La notizia è che per la prima volta l'Istat ha inserito i prodotti vegan nel paniere per il calcolo dell'inflazione, riconoscendo, così, i cambiamenti intervenuti nei comportamenti di spesa degli italiani. Il fatto (numerico), invece, è che nell'ultimo anno i vegani sono triplicati per un totale di 1,8 milioni di persone e che quasi un italiano su dieci, per una percentuale del 7,6%, ha seguito una dieta vegetariana o vegana. Quanto basta per non considerarlo solo più un fenomeno circoscritto. E per spingere ad attivare l'Osservatorio Vegan Ok, sotto il coordinamento scientifico di Paola Cane, per stilare per la prima volta un rapporto annuale che, da ora in poi, sarà un cannocchiale puntato sull'altra faccia del mondo enogastronomico. “Ricordiamo” spiega la coordinatrice “che non stiamo parlando di persone disinteressate al cibo, ma al contrario di consumatori molto attenti e sempre alla ricerca di varianti da adottare e sperimentare”.

 

La popolazione vegana e i motivi della scelta

Partiamo dai dati complessivi. Secondo le informazioni raccolte dall'Osservatorio Vegan Ok, la popolazione adulta che si dichiara vegana è pari al 2,6%, con un incremento del 2,1% rispetto all’anno precedente. Si tratta di dati allineati alla ricerca Eurisko pubblicata a gennaio 2017, secondo la quale la popolazione vegana italiana totale sfiora il 3%, con un incremento pari al 2% rispetto al dato dell’anno precedente. Il tasso di crescita sarebbe secondo soltanto all’aumento della popolazione vegana nei Paesi anglosassoni. In particolare, alla rilevazione dell'Osservatorio hanno partecipato circa 15 mila soggetti adulti residenti in Italia che si dichiarano vegani, di età compresa tra i 18 e i 65 anni. Mediamente, gli intervistati dichiarano di aver abbracciato la scelta vegan da almeno sette anni, il che fa pensare a una scelta matura e soprattutto destinata a protrarsi nel tempo.

Secondo i dati raccolti, i primi 10 mesi del 2016 hanno visto un decremento rispettivamente del 5,8% per le carni rosse, del 5,3% per i salumi e del 3,2% sui prodotti caseari. Sono numeri significativi se si pensa che a questi cali corrispondo interessanti aumenti di prodotti vegan: latti vegetali (+19%), zuppe (+37%), piatti pronti, condimenti, salse e sostituti dei secondi piatti (+27,1%).
Alla base della scelta vegana, il 73% della popolazione consultata dichiara di aver abbracciato il veganesimo per “amore e rispetto per la vita”, il 18% per motivi legati alla “salute”, il 6% per motivi “ecologici”, il restante 3% per “motivi etici generali”.

 

La distribuzione geografica e anagrafica

La distribuzione per sesso della popolazione vegana mostra un 59% di donne ed un 41% uomini. Tuttavia, nella fascia d'età 46-55 avviene il sorpasso numerico della popolazione maschile. Il bacino è, poi, composto per il 19% da professionisti in posizione dirigenziale e per il 36% da laureati. A livello geografico, non c'è più una concentrazione nelle aree geografiche "storiche" - quelle, cioè, attigue alle grandi aree metropolitane di Milano, Roma, Bologna e Firenze - ma inizia a diffondersi sempre di più anche in regioni del Sud Italia. Infine, uno sguardo al carrello delle spesa. Fra i prodotti preferiti spiccano i secondi sostitutivi della carne, le bevande a base di soia, riso e altri legumi e cereali, e i piatti pronti (soprattutto zuppe).

 

Quanto vale il vino vegano?

Se ci si sposta sul fronte vino, i numeri si fanno più incerti. Si parla di un settore molto di nicchia, la cui lettura è resa ancora più complicata dall'impossibilità di tracciare le vendite dirette in cantina e nelle enoteche. Inoltre, difficilmente le aziende vitivinicole producono esclusivamente vino vegano, ma affiancano questa produzione alle altre.

Comunque secondo l'Osservatorio Vegan Ok il mercato di vino vegano (considerate le diverse certificazioni), può essere stimato in un giro d'affari che si attesta intorno ai 6 milioni di euro. Mentre le aziende che nell'ultimo anno hanno richiesto in maniera specifica la certificazione Vegan Ok sono aumentate del 35% e a oggi sono 37, a cui vanno aggiunte quelle in attesa di certificazione o quelle che ancora non commercializzano il prodotto.

Possibile anche tracciare una mappa regionale delle certificazioni rilasciate dall'Ente: in testa Toscana con il 28% delle certificazioni, a seguire Abruzzo (20%) e Piemonte (17%). C'è, poi, anche una discreta presenza tra i vini a denominazione: quelli certificati Vegan Ok sono per il 54% Igt, per il 17% Doc/Dop e per l'1%Docg.

 

Veg&bio

Interessante notare che l'adesione a questo standard va spesso di pari passo con le certificazioni biologiche o biodinamiche” spiega la direttrice dell'Osservatorio Paola Cane tant'è che il 45% fa riferimento ai cosiddetti vini naturali. Lo standard più diffuso è certamente quello biologico con circa il 26% delle etichette con doppia certificazione. A dimostrazione di come una delle componenti principali sia l'adesione a una dieta salutista e rispettosa dell'ambiente, oltre che la volontà di allontanarsi da un vino considerato quasi tecnologico”.

L'interconnessione tra biologico e vino vegano, è confermata anche dall'Osservatorio Nomisma-Wine Monitor che, nel 2016, aveva inserito il vino vegano tra i nuovi trend dell'anno, sottolineando come il 13% delle imprese che aveva esportato vini bio avesse esportato anche vini vegani, l’8% senza solfiti aggiunti e il 6% biodinamici. Dal lato consumatore, la ricerca evidenzia anche l'interesse dei giovanissimi, con l'’8,7 % dei millennials, molto attratta da questa categoria di prodotto.

 

Vino vegano, la definizione che non c'è. Standard a confronto

Al momento non esiste una definizione univoca di vino vegano” ci spiega Paola Cane dell'Osservatorio “anche perché non esiste una normativa in merito. Per cui la dichiarazione vegan fa parte delle informazioni volontarie fornite il produttore in etichetta ex reg. 1169 Ue. Di conseguenza ogni standard di certificazione adotta una propria definizione”. Il disciplinare di certificazione Veganok, ad esempio, considera sia la parte di lavoro in vigna e cantina, sia l'intera filosofia aziendale. Ad esempio, un'azienda che produce vino vegano, ma che ne proponga l'abbinamento con carne o pesce, non potrebbe ricevere la certificazione. Gli elementi che prende in considerazione sono, quindi:

Ingredienti/Materiali: “Non è consentito l’uso di prodotti di origine animale per la chiarificazione e stabilizzazione del prodotto come ad esempio albumina, caseina, colla di pesce, gelatine animali, ecc.

Etichettatura: “Non è consentito l’uso di colle, inchiostri, lubrificanti di origine animale o qualsiasi altro materiale di origine animale per l’etichettatura e il confezionamento del prodotto”.

 

C'è, poi, la certificazione vegana rilasciata la gruppo Csqa-Valoritalia, in sinergia con l'Associazione Vegetariana Italiana (Avi) e col marchio e Qualità Vegetariana® Vegana (esiste anche quello Qualità Vegetariana®) di proprietà della presidente dell'Avi, Carmen Nicchi Somaschi. Per quanto riguarda il vino nel 2017 si è arrivati alle 18 certificazione, per tutti gli altri prodotti a quota 33. “Il nostro” spiega la responsabile Ricerca e Sviluppo e Business Development Maria Grazie Ferrareserientra nei casi di un ente terzo che certifica per conto di un'associazione. Si tratta, in assenza di regolamento, di una certificazione volontaria dell'azienda che predispone un proprio disciplinare aziendale. Una volta che Csqa-Valoritalia lo riterrà conforme, saranno effettuate delle verifiche ispettive in cantina e verrà rilascia il marchio”. In questo standard rientrano le fasi di trasformazione dell'uva e di imbottigliamento. Non è, invece, compresa, quella di coltivazione. A livello europeo, ai due marchi - marchio Qualità Vegetariana® e Qualità Vegetariana® Vegana – si affianca il marchio chiamato V-Label che contraddistingue i prodotti vegetariani e vegani mediante un sistema a metà fra l'autocertificazione e la certificazione vera e propria. Per intenderci, V- Label è il marchio scelto anche dall'Algida per il lancio, annunciato pochi giorni fa, del suo cornetto più famoso versione veg.

Altra realtà tra le più conosciute e diffuse nel mondo è Vegan Society. Nata in Gran Bretagna nel 1944, fu questa a dare diffusione per la prima volta, al termine vegetarian. Il simbolo che utilizza è il girasole verde. In Italia, dopo un accordo stipulato nel 2013, la certificazione è rilasciata da Certification Europe Italia. Al momento sono 16 i marchi così certificati, tra questi cinque sono aziende di vino.

 

Alle società sopracitate, si aggiungono gli enti di controllo terzi, specializzati nelle certificazioni di qualità, o enti di controllo biologici, che hanno oggi a catalogo anche servizi di certificazione vegana. Con numeri destinati a crescere sempre più.

 

Anche la birra artigianale nel paniere Istat

Non solo prodotti vegani. Nel paniere Istat finisce per la prima volta anche la birra artigianale. In totale sono 12 le novità che l’istituto di statistica ha introdotto per monitorare l’andamento dei prezzi al consumo di prodotti e servizi più diffusi tra gli italiani: accanto ai preparati veg, e alla craft beer, i preparati di carne da cuocere, i centrifugati di frutta e verdura al bar, gli smartwatch, i dispositivi da polso per attività sportive, le soundbar, l’action camera (escono invece le telecamere tradizionali), le cartucce a getto d’inchiostro, le asciugatrici, le centrifughe e i servizi assicurativi connessi all’abitazione.

 

a cura di Loredana Sottile

 

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 23 febbraio

 

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