Ocm Promozione. La grande incognita del 2021

9 Nov 2020, 15:58 | a cura di
L’industria vitivinicola europea chiede alla Commissione Ue di applicare misure flessibili e di predisporre ulteriori aiuti alle imprese. Cresce il digital marketing ma non mancano gli intoppi burocratici. 

In questa fine d’anno, non c’è solo il mercato interno e il rapporto con un canale Horeca messo a dura prova da nuove disposizioni anti-Covid a rappresentare un’incognita per le imprese vitivinicole italiane ed europee. Una delle altre preoccupazioni è come usare al meglio, e fino in fondo, le risorse europee per la promozione sui mercati extra Ue. Il bando per la campagna 2020-2021 è stato lanciato dal Ministero per le politiche agricole a fine settembre e le imprese avranno tempo fino al 23 novembre prossimo per la presentazione dei progetti. Gli oltre cento milioni di euro dell’Ocm vino messi a disposizione (attraverso Mipaaf e Regioni nell’ambito del Piano nazionale di sostegno-Pns al settore vitivinicolo) di cantine, consorzi, associazioni temporanee di impresa dovranno essere spesi, in qualche modo, sui mercati extra europei in un arco di tempo che va da aprile a dicembre 2021. Ma come?

Il bando 2020-2021

I fondi destinati alla misura Ocm promozione sui mercati extra-Ue per l’Italia ammontano a 102 milioni di euro, ripartiti tra Ministero delle politiche agricole (30%) e Regioni e Province autonome (70%). L'avvio delle attività per l'annualità 20/21 è prevista il 1° aprile 2021. La scadenza per la presentazione dei progetti nazionali è fissata al 23 novembre 2020 mentre la scadenza per il termine delle istruttorie da parte del Mipaaf e delle Regioni e Province autonome per i progetti nazionali, regionali e multiregionali è fissata al 20 gennaio 2021.

L’impasse di chi deve elaborare progetti di promozione

La Ministra Teresa Bellanova, a fine settembre, aveva definito le risorse dell’Ocm vino “fondamentali nel post Covid”. Ma poiché il tanto agognato post Covid è solo un miraggio alla luce dei più recenti trend della pandemia tra ottobre e novembre, gli imprenditori si trovano alle prese con una contingenza di mercato quasi identica a quella vissuta nei tre mesi di lockdown in primavera. E mentre sono in corso le azioni promozionali della campagna 2019-2020, si lavora all’elaborazione dei progetti per il prossimo anno.

Lo scenario attuale per il mondo del vino

Lo scenario è ben noto: grandi fiere rinviate (l’ultima è Wine Paris e Vinexpo Paris, che slitterà da febbraio a giugno 2021) o trasformate in eventi online, ristorazione in panne, turismo nuovamente fermo, perdita del potere d’acquisto dei consumatori e fenomeni di downgrading della spesa, rallentamento della premiumisation (il percorso di valorizzazione dei vini di alta qualità). In questo momento, chi fa attività di promozione si trova in una gabbia, in una sorta di percorso a ostacoli, in cui elaborare un valido progetto sul Made in Italy vitivinicolo è come fare terno al lotto. Per questo motivo, il settimanale Tre Bicchieri ha scelto di interpellare alcuni protagonisti di queste attività, per testare gli umori e capire come ci si sta organizzando.

Da quanto raccolto, una cosa è certa: se l’obiettivo è spendere tutte le risorse a disposizione l’Unione europea e, a cascata, il Mipaaf e le Regioni, dovranno dare maggiore flessibilità nell’applicazione dei regolamenti sull’Ocm, se non si vuole correre il rischio che le imprese rinuncino a investire.

Digital tasting - Foto di Wokandapix da Pixabay

Foto di Wokandapix da Pixabay

La nuova promozione passa dal web. Il caso Doc Sicilia

Dopo il post-lockdown di primavera, la Commissione europea ha accordato ai Paesi membri un certo grado di flessibilità sull’Ocm promozione e ha incrementato le risorse a disposizione, portando dal 50% al 60% la percentuale di contributo pubblico, consentendo variazioni straordinarie ai progetti in corso (possibili fino al 15 dicembre) a causa dell’emergenza sanitaria, abbassando il limite minimo di spesa per progetto, allargando la gamma delle sub azioni al digital marketing.

Un elemento, quest’ultimo, decisivo nelle strategie dei beneficiari, come accaduto, ad esempio, al Consorzio Doc Sicilia che ha investito in ambito Ocm poco meno di due milioni di euro in questo 2020 in Usa, Cina e Canada: “L’anno è iniziato con tante incertezze” racconta il consulente Pietro Di Girolamo “e questo ha significato rivedere in corso d’opera tutte le strategie. Il digital è diventato lo strumento privilegiato per promuovere il nostro brand e in questi mesi sono state implementate azioni di promozione tramite i canali social ufficiali in questi tre Paesi e verso le fasce di consumatori Millennials e Generation Z”.

La Cina, in particolare, è stata la prima a ripartire grazie al contenimento dei contagi: sono state 22 le masterclass in presenza in 21 città e “sono in programma sei appuntamenti entro fine anno”. Diverso il discorso negli Usa, dove è in corso una campagna digital da qui a fine anno “grazie al lavoro di influencer e brand ambassador”. Totalmente rivista la strategia verso il Canada, dove entro il primo trimestre 2021 sono in calendario una serie di webinar e azioni di comunicazione. In tale contesto, rimane aperto il nodo della flessibilità delle norme in vigore: “Più flessibilità significherebbe, ad esempio, poter gestire le risorse tra i mercati target senza dover richiedere una variante, ma semplicemente tramite l’invio di una comunicazione con posta Pec. È quanto auspichiamo per tutto il 2021 e per gli anni futuri”, sottolinea Di Girolamo, ricordando come dalla Regione Sicilia stiano fortunatamente arrivando segnali di attenzione alle imprese.

Italia del vino: “Potenziare azioni su web e in Gdo”

Periodo complicato anche per il Consorzio Italia del vino, secondo cui l’impossibilità di viaggiare e di incontrare i partner commerciali internazionali da oltre nove mesi, e l’incertezza su quanto accadrà nei prossimi mesi, sta creando “molti problemi a chi si appresta a presentare i piani di investimento Ocm vino per il 2021. Dal nostro osservatorio” sottolinea il presidente Andrea Sartori “notiamo due esigenze: la prima è potenziare l’azione di promozione sui punti vendita delle Gdo internazionali, unico canale che ha sempre tenuto alte le vendite di vino, mentre la seconda è esplorare maggiormente il canale online, aderendo alle tante iniziative digitali a disposizione degli operatori internazionali comprese le web fair”. E anche se appare un po’ presto per parlare di deroghe, secondo Sartori, il 2021 non sarà un anno facile almeno nel primo semestre: “Sicuramente, sarà necessario un alleggerimento delle regole e soprattutto delle sanzioni”.

L’appello del Chianti: “Rivedere il decreto Mipaaf”

Il coinvolgimento delle Regioni sarà importante anche per il Consorzio vino Chianti, che nei giorni scorsi ha lanciato un appello per la revisione del decreto Mipaaf, con l’inserimento di criteri di elasticità e deroghe, come avvenuto per l’annualità 2019-2020. Senza questi, ha fatto notare il presidente Giovanni Busi, nonostante l’ok alle attività online c’è il “concreto rischio che i fondi non vengano spesi per scarsa adesione delle imprese”, penalizzate dalla totale incertezza legata all’evoluzione della pandemia: “Per questo occorre adeguare subito il decreto Mipaaf al periodo storico che stiamo vivendo”.

vino

Business strategies: “Snellire le procedure”

Non nasconde le difficoltà del momento Silvana Ballotta, ceo di Business strategies, società italiana di consulenza nei processi di internazionalizzazione: “Questo 2020 ci ha colti tutti un po’ impreparati e ora siamo al lavoro sui progetti 2021. In questo scenario, da un lato, voglio sottolineare che gli imprenditori non si sono voluti fermare, stanno ponderando i propri investimenti e stanno dimostrando, anche con la decisa virata sul mondo digital, quanto la promozione sia fondamentale per lo sviluppo del vino italiano all’estero. Da un altro lato, invece, sono inchiodati dalla burocrazia”.

Ad esempio, nel caso degli investimenti digital, non solo le imprese italiane devono esibire agli organismi di controllo italiani la fattura dei lavori affidati a fornitori esteri (pubbliche relazioni, brand ambassador, etc.), ma anche questi ultimi devono fornire, a loro volta, le prove fiscali del lavoro svolto. “Spesso queste operazioni di rendicontazione eccessivamente rigide rischiano di complicare l’esito dei progetti stessi”, evidenzia Ballotta, che rileva come bisognerebbe snellire le procedure anche di presentazione dei progetti: al Mipaaf – lo ricordiamo – ancora arrivano in formato cartaceo e tramite corriere espresso. “Nonostante tutto, le imprese stanno cercando nuove modalità di approcciare i consumatori. L’Ue dovrebbe certamente facilitare il lavoro dell’industria vinicola cercando accordi bilaterali di libero scambio. Stati Uniti, Canada e Uk, che diventerà un Paese extra Ue dopo la Brexit, restano i più promettenti e a questi” conclude Ballotta “aggiungiamo la Cina, che ha appena bandito i vini australiani nell’ambito della nota guerra commerciale: potrebbero aprirsi spazi interessanti”.

Le associazioni chiedono flessibilità

Ma quali sono le richieste delle associazioni di categoria alle istituzioni? L’Unione italiana vini ribadisce la necessità di incrementare da 100 a 150 milioni di euro il budget annuo, rimodulando le risorse: “Fare promozione è più importante in questo momento che ristrutturare i vigneti e dopo l’apertura della Ministra Bellanova continueremo a insistere”, rileva il segretario generale, Paolo Castelletti.Ci auguriamo che, come per l’Ocm promozione in corso, lo slittamento delle attività sia concesso fino a marzo 2022; occorre, inoltre, più flessibilità sulle azioni online per agevolare le imprese; mentre le penalità sui limiti di spesa non vanno eliminate, almeno in fase progettuale, per evitare che il budget sia occupato da progetti troppo grandi poi difficili da realizzare”.

Infine, l’Uiv è critica sulla modifica al Decreto promozione che è stato appena modificato dalla Conferenza Stato-Regioni del 5 novembre che abbassa (da 500 a 250 mila euro e da 250 a 120 mila, a seconda che si tratti di uno o più mercati target) l’importo minimo ammissibile di un progetto: “Non c’è stato confronto con le organizzazioni della filiera vino e si rischia un eccesso di progetti sul bando nazionale, che ha solo il 30% dei 100 milioni di euro totali”.

La proposta di Federdoc

Chi si attende segnali da Bruxelles sull’Ocm è la Federdoc: “L’uso del digitale, dei webinar e degli incontri in streaming ha cambiato il panorama del tipo di attività che abbiamo sempre fatto in materia di promozione dei vini. I numeri indicano una crescita e tutto questo” osserva il presidente Riccardo Ricci Curbastro “avrà inevitabili riflessi. Spenderemo meno per biglietti aerei e più per organizzare i tasting a distanza. Guardando al futuro, è chiaro che dobbiamo attenderci che la Commissione Ue conceda analoga flessibilità anche per la campagna 2020-21. In particolare, mi aspetterei l’annullamento delle penali in caso di mancata spesa, la possibilità di spostare gli investimenti da un capitolo all’altro, una riduzione dei budget di accesso nei progetti regionali. Avremo davanti 9 mesi e non 12 per realizzare i progetti e qualcuno potrebbe anche decidere di non affrontare l’investimento. E ciò non è positivo”.

Quello attuale, secondo la Federdoc, è un periodo in cui l’Europa dovrebbe offrire alle imprese del vino più alternative possibili per sopravvivere, compresa la vendita a distanza tra Paesi membri. Tema spinoso, delicato, che coinvolge ambiti che vanno dal fisco (oggi i regolamenti sulle accise non rendono conveniente lo scambio di beni tra azienda e consumatore) a quelli sanitari correlati alla vendita di alcolici in alcuni Stati del Nord Europa: “Sia come Federdoc sia come Efow (l’associazione europea delle denominazioni d’origine; ndr) abbiamo posto il problema negli anni passati. L’impossibilità di vendere vino a distanza in questo modo è una barriera al mercato interno. Non pensiamo certo a una liberalizzazione totale, ma Bruxelles potrebbe studiare una soluzione intermedia: offrire una franchigia minima per ogni cantina, che potrebbe vendere un certo numero di bottiglie direttamente al consumatore in tutta Europa”.

Le richieste del Ceev alla Ue

La sollecitazione sulle vendite intra-Ue viene raccolta sia dall’Unione italiana vini sia dalla più grande associazione europea delle imprese vitivinicole, il Ceev-Comité vins (oltre 7 mila le aziende per il 90% del fatturato export di vino europeo), come dichiara il segretario generale Ignacio Sanchez Recarte, interpellato dal settimanale Tre Bicchieri: “La Commissione Ue dovrebbe prevedere un nuovo pacchetti di aiuti al settore vino, confermare le misure straordinarie già introdotte in primavera. Infine, oltre a dare la necessaria flessibilità alle imprese per la nuova campagna Ocm, dovrebbe accelerare il lavoro di semplificazione del sistema del distance selling del vino”. Sarebbe ossigeno per il sistema vitivinicolo, in un momento in cui il Coronavirus lo sta togliendo un po’ a tutti.

a cura di Gianluca Atzeni

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