Perché nel paese di Prosecco non si fa Prosecco?

18 Apr 2012, 17:06 | a cura di

Tante promesse e neanche un ettaro di Prosecco impiantato. I produttori di vino del Carso si sentono, giustamente, presi in giro dalle istituzioni, soprattutto dalla Regione Friuli, che li ha prima coinvolti nella Doc Prosecco e poi li ha abbandonati. E ora si ribellano.

Siamo nel Carso, a Prosecco, il piccolo paese che dà il nome ad una delle più note denominazioni italiane, ma dove, paradossalmente, non si produce Prosecco. Una contraddizione tutta italiana, che inizia due anni fa con la nuova Doc interregionale Veneto-Friuli Venezia Giulia, nata per blindare e tutelare il marchio dal rischio imitazioni.

L'appiglio era proprio quella piccola località di nome Prosecco che giustificava il legame col territorio e che impediva la produzione delle bollicine al di fuori delle due regioni. Ma per farlo esistevano due condizioni: estendere la Doc alla zona del Carso (anche se lì si produceva a stento solo qualche ettaro di Prosecco) fino a comprendere il paesino di Prosecco e cambiare il nome del vitigno da Prosecco a Glera (effettivamente coltivato in provincia di Trieste).

Ma perché i 25 produttori carsici avrebbero dovuto accettare di divenire parte di una denominazione praticamente inesistente sul loro territorio?

La contropartita era il rilancio di quelle zone che fino a qualche decennio fa vantavano una forte vocazione vitivinicola. Si è arrivati così nel 2010 al protocollo d'intesa firmato dai produttori con il presidente della Regione Friuli, Renzo Tondo, pdl, e l'assessore all'agricoltura, Claudio Violino (Lega Nord) con il sostegno interessatissimo dell'allora ministro dell'Agricoltura, Luca Zaia, ora presidente del Veneto.

Risultato: dopo due anni, mentre il boom del Prosecco ha portato a superare quota 200milioni di bottiglie facendo arricchire centinaia di produttori (si calcola un businessa da un miliardo) e mentre sono cresciuti anche gli ettari in Friuli (il contingentamento fissa un limite a 3,5mila ettari, e a 16,5mila per il Veneto), nel Carso non è stato impiantato neppure un ettaro.

“Chiediamo – spiega a Tre Bicchieri Sandi Skerk, titolare dell'omonima cantina nel Prepotto e presidente del Consorzio Carso – "il rispetto dei patti: poter impiantare i nostri vigneti e avere i contributi per riconvertire alla vigna zone da tempo abbandonate. Ricordo che l'obiettivo dell'accordo con la Regione era di impiantare cento ettari in dieci anni, in aggiunta ai 400 esistenti”.

La Regione perché non lo ha fatto? Per mancanza di fondi, fa sapere. "Non ci credo – incalza Skerk – hanno stanziato 800mila euro per ammodernare una strada che porta a Prosecco. Ma che ce ne facciamo di una strada del vino se poi manca proprio il vino?“ "Tra l'altro – continua – le cose sono peggiorate: oltre ai vincoli geologici che impedirebbero l'impianto di nuovi vigneti, il 28 marzo è spuntata anche una norma europea sui volatili in via d'estinzione. Va bene proteggere queste specie, ma perché la Regione ha pensato di individuare le aree per la nidificazione proprio sui terreni destinati alla viticoltura”?

La Regione, interpellata da Tre Bicchieri, preferisce il silenzio. Mentre il Consorzio Doc prova a mediare: “È vero che ci sono vincoli geologici – dice il presidente Fulvio Brunetta – ma non sono incompatibili con la viticoltura. Ne discuteremo e proveremo a uscire da questa impasse”. Se, però, i piccoli viticoltori del Carso dovessero perdere la pazienza, le cose potrebbero mettersi male per la Doc: senza il Carso e senza il paese di Prosecco non avrebbe più senso una denominazione legata al territorio. E l'Europa, ora competente per le Doc, potrebbe anche decidere di cancellarla.

 

a cura di Loredana Sottile

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