Phil Hogan è il nuovo capo dell'agricoltura europea. Cosa si aspetta da lui l'Italia del vino?

29 Set 2014, 11:30 | a cura di
Dagli accordi con Usa e Cina, al sistema di autorizzazioni, dal tutela di Do e Ig ai domini internet. Ecco cosa chiedono le organizzazioni del vino al nuovo capo dell'agricoltura europea Phil Hogan.

L'arrivo di Phil Hogan al vertice dell'agricoltura europea, per il dopo Ciolos (in scadenza di mandato), non lascia dormire sonni tranquilli al settore vitivinicolo. Non sono pochi, infatti, i dubbi e le perplessità sulle linee guida che il 54enne irlandese venuto dalla "fine dell'Europa", e la commissione Ue presieduta da Jean-Claude Juncker, seguiranno nei prossimi cinque anni. Alla notizia della sua elezione, i benvenuto e i buon lavoro non sono mancati. Ma in realtà, l'Italia guarda con qualche preoccupazione a questo nuovo corso. E sarà fondamentale per il governo Renzi, in questo turno di presidenza del Consiglio Ue (fino al 31 dicembre), lavorare per sensibilizzare il neo commissario sui temi più delicati. Big Phil, del resto, non gode di buona fama in patria: parte della stampa irlandese lo considera politicamente un sopravvissuto, nel senso che lo scranno europeo lo avrebbe messo al sicuro, e in qualche misura riprotetto, dopo un'ondata di crescente impopolarità seguita alla decisione dell'esecutivo irlandese di applicare diverse tasse, tra cui una sull'acqua.

Ma quali sono le questioni che questo politico con 30 anni di esperienza, noto per una maniacale attenzione a far tornare i conti, con pochi trascorsi in questioni agricole rispetto a quelle ambientali, dovrà affrontare? Innanzitutto come trovare i soldi per i comparti colpiti dall'embargo russo (per l'Italia la stima è di un miliardo di perdite), il tema del cibo e dei cambiamenti climatici, la revisione della Pac di medio termine nel 2017, l'accordo commerciale Ue/Usa. Inoltre, Hogan dovrà passare a fine mese sotto la lente della comissione agricoltura del Parlamento Ue che gli chiederà conto, tra le altre cose, delle spese legate alla gestione in Irlanda dei fondi del programma 'Leader', in qualità di ministro dell'Ambiente. Insomma, premesse non del tutto rosee. E per il mondo del vino, è tempo allora di piazzare i paletti e far valere, senza alzare ancora la voce, le proprie ragioni. Prima tra tutte, quella di garantire al vino un'identità precisa all'interno della Pac. Il direttore generale di Federvini, Ottavio Cagiano de Azevedo, che nei confronti del neo commissario solleva "un calice benaugurante", tiene a evidenziare un punto cruciale: "Occorre che il vino veda confermata la propria specificità normativa nell'ambito della politica agricola europea. Notiamo infatti diversi segnali che vanno nella direzione di includerlo nel complesso dell'agroalimentare. Ma è giusto che abbia il suo spazio. Pensiamo alla tutela delle Do e delle Ig: il disegno Ue di andare verso un sistema unico delle denominazioni e della loro tutela a livello globale deve tenere conto del contributo del mondo vinicolo e della sua storia. Il messaggio è: vogliamo stare con gli altri, mantenendo però le nostre regole. E in questo processo, la sensibilità del commissario Hogan sarà importante".

E se il vino riuscirà a salvaguardare la propria peculiarità, come rileva Paolo Castelletti, segretario generale di Unione Italiana Vini "potrà mantenere un budget specifico. Ma sarà altrettanto importante salvaguardare all'interno dei Piani nazionali di sostegno la strategicità delle misure ristrutturazione, promozione sui mercati terzi e investimenti. Così come sarà forte la necessità di far si che nei cinque anni di transizione dal vecchio sistema dei diritti alle autorizzazioni, l'Italia non perda un solo ettaro del potenziale viticolo. Purtroppo, l'atto delegato ancora in discussione denota una farraginosità: pertanto, chiederemo una revisione di questo sistema entro l'anno. E auspichiamo che l'Italia faccia pesare sul piano politico il ruolo di presidente nel semestre Ue". Sull'atto delegato che l'esecutivo di Bruxelles sta negoziando, l'Italia insisterà nei prossimi mesi sul prolungamento del periodo di trasferimento dei diritti di reimpianto. Nella versione attuale la Francia è riuscita a far inserire alcune richieste legate alla gestione delle Dop. "Ma l'Europa non deve ascoltare solo le ragioni francesi" afferma Adriano Orsi, presidente del settore vitivinicolo di Fedagri (che aspetta Hogan "alla prova dei fatti"): "Fino all'ultimo" prosegue "proveremo a modificare questo testo, perché l'Italia, tra i principali produttori Ue, ha pari doveri ma anche pari diritti". E al neo commissario chiede "più attenzione agli accordi commerciali, in particolare quelli con Usa e Cina. C'è bisogno di aprire a nuovi mercati facendo leva non tanto sui dazi quanto sulle barriere non tariffarie, sulla burocrazia che ostacola le aziende. Contestualmente, c'è bisogno di proteggere marchi e indicazioni geografiche". Lo spauracchio che in tema di protezione suscita preoccupazioni si chiama Icann ed è legato, come noto, ai domini e sottodomini .vin e .wine. Non sono ancora stati assegnati, ma per Federdoc e per il suo presidente Riccardo Ricci Curbastro (che a livello europeo guida l'Efow), non bisogna abassare la guardia: "Siamo riusciti a congelare il problema e ora ci aspettiamo che innanzitutto l'Italia faccia la sua parte. Ovvero che il ministro Martina e il ministro Guidi sollevino la questione al Consiglio europeo informale di Milano del prossimo 2 ottobre. Ho scritto ad entrambi chiedendo massima attenzione e ci aspettiamo che il nostro governo sia determinato visto che ha l'incarico di presidenza". Se a Milano si raggiungerà un'unità di intenti, l'Ue potrà affrontare con più convinzione rispetto al passato la riunione Iccan di Los Angeles prevista tra il 12 e il 16 ottobre prossimi. Per il mondo del vino sarebbe un buon passo avanti.

Ma, volendo sintetizzare, quali sono le richieste delle varie organiazioni del vino? Ottavio Cagiano de Azevedo (Federvini) si aspetta più attenzione alla cultura del vino: "l'Europa deve considerare la promozione come campagna di educazione al bere, mentre finora è emersa la cultura del divieto tipica dei Paesi nord europei". Sottolineaqndo come l'Expo dedicato all'alimentazione sarà per l'Italia un'occasione per far capire lo stretto legame vino/cultura. Per Paolo Castelletti (Uiv) la speranza è che il nuovo commissario Hogan sia particolarmente attento alle esigenze del mondo vitivinicolo: "chiediamo massima attenzione agli accordi bilaterali, ai sistemi tariffari e non tariffari e alla protezione delle Ig". Riccardo Ricci Curbastro (Federdoc) sottolinea la necessità della protezione dei vini, questione determinante soprattutto quando il vino si affaccia nei grandi mercati mondiali. "Ecco perché il negoziato commerciale con gli Usa è uno dei temi più importanti durante il mandato di Hogan". Adriano Orsi (Fedagri) ricorda come durante il mandato di Ciolos il settore vino abbia scongiurato la liberalizzazione del sistema dei diritti di impianto, anche se non è stata compiuta l'inversione a 'U' che si auspicava e, aggiunge "il sistema delle autorizzazioni non piace all'Italia, ma Hogan appare una persona attenta alle questioni agricole".

a cura di Gianluca Atzeni

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 18 settembre. Abbonati anche tu se sei interessato ai temi legali, istituzionali, economici attorno al vino. E' gratis, basta cliccare qui. 

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram