Primo mese al Palazzo dell'Agricoltura: intervista al Ministro Martina

Era il 24 febbraio quando Maurizio Martina, abito scuro e cravatta amaranto, varcava per la prima volta la porta del Palazzo di via XX Settembre come Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali del Governo Renzi. Ma di fatto, quell'ingresso lo conosceva già da tempo: già da maggio del 2013 ricopriva la carica di sottosegretario dello stesso ministero e a lui era stato affidato il ruolo di delegato Mipaaf per Expo 2015. Classe 1978, Martina è nato a Bergamo e fin da ragazzo ha militato nel Partito Democratico. Sul suo lavoro di Ministro sembra avere le idee chiare: semplificazione, valorizzazione e dialogo sono le parole-chiave di questo suo inizio di mandato. Ma le sfide che ha davanti sono ancora tante, così come gli appuntamenti: concluso questo Vinitaly, toccherà alla preparazione di Expo 2015. Così a poco più di un mese (mese denso di eventi) dal suo insediamento, ha fatto un primo punto con il Gambero Rosso, affrontando le tematiche più calde per il settore vitivinicolo: testo unico del vino, diritti di impianto, vendita diretta, export ed Expo.

Ministro, quali sono i suoi piani per andare incontro alle richieste dei viticoltori di semplificare il loro rapporto con la burocrazia?
La proposta di un Testo Unico delle norme sul vino è un'ottima base di partenza, che può dare slancio a un comparto che con i suoi numeri traina davvero il Made in Italy agroalimentare. Il fatto che sia la filiera a proporre questo intervento è un'ulteriore notizia positiva, perché è il segno di un dialogo tra istituzioni e imprese che va reso concreto ed efficace. Da parte mia assicuro che terremo conto del documento e ho dato impulso in questo senso agli uffici del Ministero, che già si occupano di questo tema. Dobbiamo liberare le energie degli imprenditori vinicoli e consentire loro di concentrarsi sull’attività, più che sulle incombenze amministrative.

Tra queste rientra anche la vendita diretta: troppe le difficoltà per le cantine italiane di commercializzare direttamente il proprio vino in Ue. Quali le possibili risposte ai produttori?
Quello della vendita diretta è un tema importante, considerato il quadro economico nel quale ci muoviamo. Il vino italiano è un prodotto eccezionale, che ha saputo garantire eccellenti performance anche in questi anni di crisi profonda. Dobbiamo esaltare il grande lavoro fatto dalle aziende che hanno investito sull’export conquistando nuovi spazi a livello internazionale. Favorire un processo più semplice di commercializzazione nell’area comunitaria. Dovremo aprire un confronto con la filiera per promuovere azioni che siano in linea con la normativa Ue, ma che soprattutto siano concrete ed efficaci.

Rimanendo in “zona export” non possiamo che rivelare la sua importanza per l'intero comparto vino. Lo confermano anche gli ultimi dati Ismea: superata nel 2013 quota 5 miliardi di euro. Ma c'è spazio per il dialogo con Paesi come India, Russia e Brasile per l'abbassamento dei dazi?
Il fronte delle esportazioni va sostenuto e promosso, perché rappresenta una parte sempre più significativa per il fatturato delle nostre aziende vitivinicole. L’Italia sta facendo la sua parte a Bruxelles per promuovere dei negoziati, che come sapete vengono portati avanti direttamente dall’Unione europea con i Paesi Terzi.

Altro fronte caldo è quello dei Diritti di impianto: Parlamento e Commissione Ue sono di nuovo ai ferri corti sugli applicativi della Pac perché l'Europa è orientata a vietare la commercializzazione dei diritti nel periodo transitorio verso il nuovo sistema di autorizzazioni. Qual è la posizione del Mipaaf in materia?
Il dibattito è ancora aperto e si risolverà dopo le elezioni europee di maggio, quindi con un nuovo Parlamento. Porrò di nuovo la questione in sede europea e ne discuterò anche con il Commissario Ciolos. Il nostro obiettivo è quello di tutelare al meglio le esigenze dei produttori. Vogliamo ascoltare la loro voce, confrontarci con loro, perché condividiamo uno scopo comune: continuare a produrre vini di qualità eccezionale. Dovremo affrontare il passaggio delicato dal sistema dei diritti a quello delle autorizzazioni, ma guardiamo anche al lato positivo: la temuta liberalizzazione non c’è stata. Col nuovo sistema gli Stati membri hanno anche importanti margini di manovra per applicare al meglio la norma in base alle esigenze della propria viticoltura e quindi sfrutteremo tutte le possibilità che abbiamo a disposizione per dare risposte al settore.

Concludiamo – doverosamente – con Expo 2015. Secondo molti addetti ai lavori siamo un po' in ritardo, anche per le difficoltà legate alle vicende politiche. Quali sono le idee da mettere subito in gioco affinché l'appuntamento rappresenti un'opportunità e non un'occasione persa? Che ne sarà del tanto atteso e dibattuto Padiglione vino?
Il 10 marzo abbiamo firmato un protocollo d’intesa tra Ministero delle politiche agricole, Expo e Padiglione Italia proprio per entrare nella fase operativa e mettere le basi per cogliere al meglio la straordinaria opportunità dell’evento di Milano. Mettiamo in campo azioni concrete, che coinvolgeranno ovviamente tutta la filiera, perché l’agricoltura dovrà essere al centro dell’esperienza di Expo 2015. Il mondo agroalimentare dovrà essere protagonista assoluto dell’evento e per questo mi batterò in ogni sede. Nel protocollo abbiamo individuato sette linee di azione fondamentali che vanno dal sostegno e la valorizzazione delle start-up, alla promozione del Made in Italy e delle nostre eccellenze agroalimentari. Puntiamo ovviamente a dare visibilità anche all’esperienza vitivinicola italiana che avrà uno spazio dedicato all’interno del Padiglione Italia, con una zona ampia e riconoscibile che dia il giusto peso a un prodotto di punta come questo.
a cura di Loredana Sottile

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 27 marzo. Abbonati anche tu se sei interessato ai temi legali, istituzionali, economici attorno al vino. E' gratis, basta cliccare qui.