Ribona: parente diverso del Verdicchio, regala calici per palati esperti e curiosi

25 Ago 2022, 10:58 | a cura di
Figlio di una storia antica, uva di nicchia e parente “diverso” del Verdicchio, il Ribona è un tassello identitario del Maceratese che arriva fino a Loreto e parla di calici tradizionalmente giovani e freschi. Eppure, quell’uva strappata all’oblio, oggi viene vinificata anche come spumante e per invecchiare, regalando sorprese inaspettate e ancora inesplorate.

È una facile tentazione identificare una regione con un vitigno. La Toscana con il Sangiovese, l’Umbria con il Sagrantino, il Piemonte con il Nebbiolo. Tuttavia, si tratta di una fuorviante semplificazione che non tiene conto della complessità e delle sfaccettature presenti in ogni regione della nostra Penisola. Così, anche le Marche non sono solo Verdicchio. La regione possiede, infatti, un ricco e interessante patrimonio di uve autoctone dalla spiccata personalità: spesso si tratta di varietà antiche, storicamente radicate in piccoli territori e che vale la pena scoprire. Rappresentano delle piccole enclave sopravvissute ai secoli grazie alla tenacia di pochi viticoltori fedeli alle consuetudini locali e che hanno continuato a tenerne viva la coltivazione tramandandola di generazione in generazione: è il caso, per esempio, del Lacrima di Morro d’Alba, della Vernaccia Nera di Serrapetrona, del Bianchello del Metauro e del Ribona, uva da sempre presente nell’area del Maceratese.

Grappolo di Ribona

Vivacità ampelografica e del terroir

Una vivacità ampelografica, quella marchigiana (ma non solo), che s’inserisce in un territorio vario e articolato, costituto dalla sottile linea pianeggiante del litorale, da un’ampia area collinare e dai primi rilievi che salgono verso l’Appennino. La vicinanza tra le montagne e la Costa Adriatica rende le condizioni climatiche particolari. Le miti influenze mediterranee si fondono con il carattere continentale delle zone più interne, creando infinite sfumature. Il clima, temperato e sempre ventilato, è connotato da buone escursioni termiche e offre un habitat ideale per la viticoltura.

Ribona Vigna

Una storia antica

Nel mensile di agosto del Gambero Rosso si parla della storia antichissima della viticoltura marchigiana. Nell’area dell’odierna Ancona, già abitata da popolazioni picene, i greci siracusani fondarono nel IV secolo a.C. la colonia di Αγκών. Uno scalo di commerci e traffici marittimi, che molto probabilmente portò anche all’introduzione della coltivazione della vite in queste terre. Una tradizione che venne poi ripresa e sviluppata in epoca romana, quando i vini dei Piceni diventarono famosi in tutto l’impero. Nel periodo medioevale, anche nelle terre marchigiane è stato importante il contributo dei monaci a tener viva la cultura della vite e del vino per le celebrazioni eucaristiche. Nella zona del maceratese, in particolare, i monaci cistercensi dell’Abbazia di Fiastra si occuparono di coltivare le terre circostanti l’insediamento monastico. Nel corso del XII e XIII secolo, l’Abbazia di Fiastra si affermò come importante realtà, non solo religiosa e culturale, ma anche sociale, commerciale e agricola.

I vitigni dell’antichità e quelli tipici

Non sapremo mai con certezza quali vitigni si coltivarono in antichità nelle Marche. Nel corso dei millenni alcune varietà sono state abbandonate, altre introdotte da altri territori e molte sono state distrutte dalla fillossera, che alla fine dell’Ottocento ha devastato le vigne di tutta Europa. Dal secondo dopoguerra, l’attenzione della viticoltura si è concentrata soprattutto sui vitigni più popolari e di maggior successo commerciale (e produttivo), relegando molte varietà minori in posizioni marginali. Tuttavia, nel 1975 è stata istituita la Denominazione di Origine Controllata Colli Maceratesi, che riconosceva la storicità di un territorio dalle grandi tradizioni.

Vigna Santisidoro Ribona

La Doc Colli Maceratesi

Nel disciplinare è prevista la versione Colli Maceratesi Ribona, prodotta con un minimo di 85% del vitigno e un eventuale saldo del 15% di altre uve a bacca bianca idonee alla coltivazione nella regione Marche. In realtà le aziende che utilizzano la denominazione vinificano quasi sempre il vitigno in purezza. L’istituzione della Doc ha anticipato il crescente interesse che si è sviluppato nei decenni successivi nei confronti dei vitigni autoctoni, anche in reazione a un processo di standardizzazione del mondo del vino dovuto alla diffusione planetaria delle varietà internazionali. Molte uve dimenticate sono state così riscoperte e rivalutate, tra queste anche la ribona. Alla conservazione del vitigno ha contribuito certamente pure il tessuto produttivo dell’area dei Colli Maceratesi: un territorio, a parte pochi casi isolati, caratterizzato soprattutto dalla presenza di piccole aziende agricole a conduzione familiare che da generazioni coltivano la vigna e custodiscono il savoir faire di antiche conoscenze. Un aspetto che ha favorito la salvaguardia della ribona in seno alle tenute: un prezioso patrimonio identitario della piccola comunità locale e il simbolo di un legame profondo e secolare con la propria terra.

a cura di Alessio Turazza

QUESTO È NULLA…

Nel mensile di agosto del Gambero Rosso, si parla delle differenze tra il Ribona e il Verdicchio, che fortunatamente ci sono, non facendo entrare in competizione questi due vini della regione. Se il Verdicchio è struttura, potenza, freschezza e slancio verticale, il Ribona è armonia, equilibrio, morbidezza e piacevolezza fruttata. I soli tratti in comune tra i due vini sono la sapidità e la longevità. La maggior parte delle uve di ribona è destinata alla produzione di vini freschi e fragranti. Oggi c’è spazio anche per interpretazioni più mature e complesse, e perché no, anche per la versione spumante; infatti, oggi quasi tutte le regioni italiane propongono bollicine dal gusto tipicamente territoriale. La parola all’enologo Pino Potentini, anche docente dell’Istituto Agrario di Macerata, che parla proprio della rinascita di questo vitigno autoctono molto interessante. Abbiamo anche stilato per voi una cartina con gli indirizzi delle migliori cantine da visitare e vini da assaggiare. Ma non è tutto. Scopri di più del nuovo numero del Gambero Rosso.

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