Rischio sovrapproduzione di vino. Dai territori la richiesta di scelte coraggiose

5 Dic 2022, 12:30 | a cura di
Aumentano le giacenze per la campagna in corso, mentre scende il prezzo dello sfuso. Da Sud a Nord le grandi cooperative appaiono preoccupate e spingono per interventi emergenziali, dalla distillazione alla riduzione delle rese.

Per ogni problema complesso, c'è sempre una soluzione semplice. Che è sbagliata. Diceva lo scrittore George Bernard Shaw. Nel caso specifico del vino, il problema complesso è una congiuntura decisamente negativa (giacenze e costi in aumento, prezzi dello sfuso in flessione), mentre la soluzione – più meno semplice e più o meno corretta – non è univoca. Ma su una cosa tutto il sistema è più o meno concorde: bisogna intervenire. Di fatto l’Italia è reduce di due vendemmie a 50 milioni di ettolitri e ha appena aperto una campagna col segno meno, con tensioni in particolare sui prezzi dello sfuso, a causa delle giacenze in aumento e delle vendite rallentate. A ciò si aggiunga la situazione geopolitica di incertezza, che di certo non aiuta.

A Roma riunione del Comitato misto franco-spagnolo-italiano

Il confronto, con gli altri Paesi produttori, è già in atto: lo scorso mercoledì, a Roma, nella riunione plenaria del Comitato misto franco-spagnolo-italiano si è fatto il punto della situazione. Per il nostro Paese c’era Luigi Polizzi, direttore Generale per le Politiche Internazionali e dell'Unione europea del Masaf e le principali associazioni di settore.  Da quanto risulta a Tre Bicchieri, se Spagna e Italia concordano su risorse straordinarie per fra fronte alla crisi e su rafforzamento delle misure Ocm con regole più flessibili, la Francia punta dritta a misure di gestione di crisi, tra cui stoccaggio, distillazione e, in alcune aree, anche estirpazione. Alla fine dell’incontro è comunque emersa la volontà di scrivere alla Commissione Ue per chiedere un monitoraggio esaustivo dell'evoluzione del settore e, se necessario, risposte comuni. Ma su queste ultime si apre una profonda riflessione.  

Nei numeri scorsi, abbiamo dato spazio alle associazioni di settore: dall’allarme lanciato dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly a wine2wine, da dove si chiedevano scelte coraggiose, alla posizione più prudenziale di Alleanza Coop che, nell’intervista al coordinatore vino Rigotti chiedeva di aspettare la chiusura della campagna. Adesso, la parola passa ai territori – tra consorzi e grandi cooperative - per capire fino a quando la situazione è gestibile e quali scelte dovranno essere fatte a stretto giro. 

Colomba Bianca: “Servono soluzioni immediate e progetti di lungo periodo”

“Storicamente quando la produzione mondiale supera i 250 milioni di ettolitri di vino si va in tensione” esordisce Leonardo Taschetta, presidente della cooperativa Colomba Bianca (tra le più grandi coop siciliane con 6.800 ettari di vigneti, 2.480 soci e 6 cantine) “Quest’anno le previsioni sono ben al di sopra, quindi, è innegabile che ci troviamo in una situazione di tensione, a cui va aggiunto il difficile rapporto con la Gdo, che ha problemi ad accettare l’aumento dei costi. Costi che chiaramente al momento gravano sulle aziende”. Non ha dubbi, quindi Taschetta: “Bisogna intervenire subito: non si può più fare finta di niente” e aggiunge “ognuno di noi arriva lì dove è diretto”. 

Ma dove è diretto il vino italiano? “Da anni” continua “si cercano di aggirare i problemi: chi produce vino Doc e non lo vende, lo declassa a Igt. E quest’ ultimo a vino da tavola. Un circolo vizioso che finisce per creare una disfunzione sul mercato. Non è facendo sempre le stesse cose che il risultato cambia. Se, quindi, in Europa ci sono 10 milioni di ettolitri in più, è chiaro che bisogna correre ai ripari, sia che si tratti di estirpare sia di distillare”. In merito alla riduzione delle rese, invece, il presidente della cooperativa siciliana chiede delle regole serie: “in passato il taglio delle rese, si è rivelato un grande bluff a causa delle troppe deroghe presenti”. Misure chiare, quindi, ma tempestive. 

cantina vino

In Abruzzo si pensa di intervenire sui quantitativi del Montepulciano  

Al centro Italia, il Consorzio Vini d’Abruzzo è al lavoro per arginare la situazione. A breve il Comitato tecnico proporrà al cda e alla Regione delle linee di intervento. “La situazione è piuttosto complessa soprattutto per quel che riguarda i vini rossi, mentre appare sotto controllo per i bianchi” dice a Tre Bicchieri il presidente del Comitato tecnico del Consorzio Nicola Dragani In ogni caso, è necessario avere il coraggio di intervenire al più presto, anche con scelte impopolari, perché ci troviamo in un mare forza 11 dove è difficile tenere la barra dritta. Se in passato, abbiamo attraversato crisi regionali o nazionali, questa ha una portata globale”. 

Fondamentalmente sono quattro le proposte del Comitato del Consorzio per la viticoltura regionale: “Sospensione temporanea della idoneità sui nuovi impianti della Doc Montepulciano d’Abruzzo, che allo stato attuale rivendica 865mila ettolitri l’anno; sospensione temporanea della idoneità sui nuovi impianti dell’Igt Pecorino; valutazione della distribuzione di quell’1% che le regioni hanno ogni anno a disposizione per i nuovi impianti, indicando soluzioni alternative a Montepulciano e Pecorino; applicazione dell'art.39 comma 1-2-4 della Legge 238-2016 che permette di bloccare un certo quantitativo di prodotto a Do, per un periodo di tempo  - circa 18 mesi - al fine di riequilibrare il mercato

A livello nazionale, invece, le indicazioni del Consorzio riguardano: il taglio delle rese e la distillazione per i vini comuni. “Le rese dovrebbero essere limitate a trenta tonnellate per ettaro senza deroghe (deroghe che, al momento, riguardano proprio regioni come l’Abruzzo o anche l’Emilia-Romagna; ndr)” precisa Dragani “Per quanto riguarda la distillazione, invece, sia chiaro che i prezzi dovranno essere remunerativi, in linea con il mercato, senza andare a deprimere un mercato già depresso”. 

In Emilia preoccupa il calo dei consumi, il Lazio chiede la distillazione

Se nel Lazio, l’assessora all’Agricoltura Enrica Onorati chiede il ricorso alla distillazione di crisi, invitando anche le altre Regioni a fare altrettanto, nella patria per eccellenza della cooperazione, le variazioni di prezzo tra la campagna 2023 e la 2022 parlano di un -22% per il Lambrusco Emilia Igt. 

Appare preoccupato Daniele Artioli, direttore della Cantina di Carpi e Sorbara (1.200 soci produttori per una capacità produttiva di circa 450mila ettolitri di vino l’anno): “Abbiamo vissuto e superato tanti periodi difficili, ma oggi ci troviamo a dover affrontare una commistione di tanti problemi che si son presentati tutti assieme. E se il vino, in passato, è stato anticiclico rispetto all’economia, oggi deve fare i conti con la crisi in atto. A preoccuparci di più, in questo momento, al di là delle giacenze, è il crollo dei consumi. Per questo bisogna stare alla finestra, anche se non abbiamo una ricetta anticrisi, altrimenti venderemmo quella al posto del vino”, ci scherza su Artioli. Guardando al prossimo futuro, a pesare sono soprattutto i rapporti con la Gdo. “Sempre per dirla con una battuta” continua il direttore della cooperativa emiliana “oggi non ci rispondo al telefono. E questo ci preoccupa molto, soprattutto guardando al prossimo anno, quando nuovi aumenti saranno inevitabili: prevediamo un duro braccio di ferro”. 

Gruppo Schenk: “Bisogna preservare la qualità”

Spostandoci più a Nord, la situazione cambia di poco. Secondo l’ad di Schenk Italia, Daniele Simoni non è più tempo di aspettare. L’amministratore del gruppo con sede a Bolzano ma cantine in tutto il territorio nazionale (dalla Sicilia fino al Trentino, passando per la Puglia) punta il dito soprattutto contro il vino da tavola: “Si produce con volumi al di fuori del buon senso e il mercato, ormai alla ricerca di meno vino ma di qualità superiore, non riesce ad assorbirlo tutto. E questo, finisce per ricadere inevitabilmente su tutto il sistema”. 

Come intervenire, quindi? “Si deve valorizzare la qualità” continua Simoni “Quindi sì alla riduzione delle rese per i vini comuni, no per Doc e Docg. La distillazione di crisi, invece, non può essere la soluzione, se non si interviene prima in maniera più strutturale. Va bene se si tratta di arginare la situazione per questa campagna specifica, ma l’Italia ha bisogno di soluzioni più ad ampio raggio. Solo una volta messo il tappo alla vasca, si può capire la vera situazione del vino italiano”. E, qualunque sia il “tappo” in questione, quel che è certo è che la vasca ad oggi è colma.  

a cura di Loredana Sottile

L’articolo completo è stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri dell’1 dicembre

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