Versi di vini. Francois Rabelais e le grandi bevute in Gargantua e Pantagruel

23 Apr 2016, 15:00 | a cura di

Bevute epocali, grandi pranzi infiniti scene triviali e linguaggio popolare. È il Gargantua e Pantaguel, che inneggia ai piaceri della tavola, al riso e ai vizi. Ecco come


François Rabelais

François Rabelais (1494 – 1553) coltivò studi letterari di buon livello fin da giovane e scrisse in greco e in latino. Si fece francescano, ma dopo il 1527 si staccò dalla vita conventuale e per alcuni anni frequentò le città universitarie francesi diventando medico-filologo di notevole fama. A partire dal 1532, però, e fino alla data della sua morte, Rabelais lavorò incessantemente al suo capolavoro “Gli orribili e spaventevoli fatti e prodezze del molto rinomato Pantagruel, re dei Dipsodi, figlio del gran gigante Gargantua”. Un’opera geniale e sotto molti aspetti unica nella letteratura d’ogni tempo: il nostro è uno dei più grandi intellettuali del rinascimento francese.

Il Gargantua e Pantagruel (dal titolo in italiano), è dedicato ai “Bevitori illustrissimi” e inizia con un invito ai lettori di non cercare in quest’opera cose dolorose:

 

Qui non si trova male, né infezione.

Meglio è di risa che di pianti scrivere,

che rider soprattutto è cosa umana

 

E iniziamo poi con i Discorsi dei bevitori:

 

Quindi vennero nell’idea di far merenda sul posto. Ed ecco viaggiar bottiglie, prosciutti trottare, boccali volare, bicchieri tintinnare”. “Tira” “Dai” “Volta!” “ Mischia un po’ qui!” “Fischiami via ‘sto bicchiere” “Presentami un po’ quel chiaretto. Ma pieno!” “ Ah, basta con la sete!” “Parliamo di bere” “Io bevo soltanto alle mie ore, come la mula del Papa” “Io bevo soltanto nel mio breviario, come quel parroco”

Che cosa è venuto prima, la sete o il bere””La sete, perché chi mai avrebbe bevuto senza sete ai tempi dell’innocenza?” “Il bere, ne sono sicuro!”

Ma noi poveri innocenti, beviamo anche troppo senza sete” “Io, peccatore, mai senza sete: se non presente, almeno futura; prevedendola, si capisce. Bevo per la sete avvenire. Bevo eternamente! Per me è un’eternità di bevute e una bevuta d’eternità”

Cantiamo, beviamoci su un mottetto, intoniamo!” “Ma dove è il vino per intronarsi?” “Ma come! E io bevo soltanto per procura?” “Io bevo soltanto per paura di morire” “Basta continuare a bere sempre e uno non muore mai” “E io se non bevo sono nelle secche e son bell’e morto” “Se la carta delle mie cambiali bevesse così bene come me, i miei creditori potrebbero farci il loro vino quando ne hanno messa insieme un po’”

Badate che quel bicchiere finirà per farvi gonfiare il naso” “Diavolo, ma qui una bottiglia tira l’altra, come le ciliegie!” “Che differenza c’è tra la bottiglia e la fiasca?” “Moltissima, perché sulla bottiglia ci metti il tappo e nella fiasca ci metti il fischio” “Non c’è male” “ Bevevano i nostri padri? E noi che figli siamo…”

Questo bicchiere andrà a risciacquare le trippe: avete niente a far lavare?” “Io bevo non più d’una spugna” “Io bevo come un frate” “ E io sicut terra sine acqua” “Ohè da bere qua, c’è ancora posto!” “Piccola pioggia vince gran vento; lunga bevuta soffoca il tuono” “Bevi, Natale, c’è ancora un bottale” “Bevete, per favore” “Così va bene: per far mangiare i passeri bisogna lisciargli la coda; per farmi bere a me bisogna trattarmi bene” “Non ho più una tana in corpo dove il vino non stia braccando la sete” “Qui proclamiamo, a suono di fiaschi e bottiglie:chi avesse perduto la sete, non venga da noi! L’abbiamo cacciata via, vacuata a forza di clisteri di vino!”

L’appetito vien mangiando, lo diceva San Fernando, ma la sete va via trincando” “C’è un rimedio contro la sete?” “Sì, il contrario di quello contro il morso dei cani: corri sempre dietro al cane, se non vuoi farti mordere; bevi sempre prima della sete, se non vuoi farti pigliare da lei” “Ah, ti ho pescato, dormivi!...Dispensiere supremo, dispensaci dal sonno! Argo aveva cent’occhi per vedere, ma un dispensiere deve avere cento mani, come Briareo, per versare senza stancarsi”

Oè, bagnamoci un po’, fa troppo secco” “A me il bianco! Giù, versa tutto, giù, diavolo! Versa anche qua: che ho la lingua crepata” “ Lanz trinke!” “Alla tua, compagno! Svelto, rispondi! Op la là, è fregato anche questo. O Lacryma Christi!” “E della Diviniera, l’è Bonarda” “Che bel vinello bianco!” “Anima mia! Va giù liscio come la seta” “Questo sì che è quel dell’orecchia: forte e di pura lana!” “Coraggio, vecchio mio, coraggio!”

Da questa mano non posso far vela, perché ho già alzato…il gomito” “Che beoni, che botti senza fondo!” “Coppiere del mio cuore, riempi qui! Ma facci la corona, mi raccomando” “Alla cardinalesca” “ D’un fiato, d’un fiato solo,questa pozione!” “Giù che ti farà bene!.

 

a cura di Giuseppe Brandone

 

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