Corriamo per i secoli e la letteratura e arriviamo all'800, dove incontriamo Giovanni Marradi e Giacomo Zanella. Che in versi gentili raccontano di scene rupestri e, inevitabilmente, il pensiero e le poesie vanno alla vite e alla vendemmia.
Giovanni Marradi
Tra i poeti “carducciani”, Marradi (1852 – 1922) fu lodato dallo stesso Carducci. Divenne celebre in particolare per le Rapsodie Garibaldineche declamava nei teatri riscuotendo grande successo. Riportiamo qui un garbato sonetto sulla vendemmia.
Dormono ancora le ville e le castella
fra i poggi verdi e il cerùlo Amiata,
e già desta con l’albe è la vallata
cara al buon Redi e alla sua rima snella.
E una canzone di vendemmiatrici
nell’autunnal serenità profonda
mattinando già s’alza alacre in coro
dalla pampinea valle, a cui felici
signori il sole che i lor campi inonda,
versa tepidi sonni e sogni d’oro.
Buona vendemmia, o figlie! Oh, dal lavoro
posando a notte nel pio casolare ,
oh, possiate voi pur, stanche, a sognare
che il mondo è giusto e che la vita è bella!
Giacomo Zanella
Sacerdote, vicentino, Zanella (1820 – 1888) insegnò lettere nei licei di Venezia e divenne anche rettore della prestigiosa università di Padova. Le sue poesie, pubblicate a partire dal 1863 gli procurarono fama ma anche numerose critiche che gli rovinarono l’esistenza tanto che fu costretto a ritirarsi dall’insegnamento ritirandosi nella campagna veneta. Forse fu in questi ultimi anni che scrisse la notissima lirica Egoismo e carità
Odio l’allor, quando alla foresta
le novissime fronde invola il verno,
ravviluppato nell’intatta vesta
verdeggia eterno.
Pompa de’ colli; ma la sua verzura
gioia non reca all’augellin digiuno;
chè la splendida bacca invan matura
non coglie alcuno.
Te, poverella vite, amo, che quando
fiedon le nevi i prossimi ramoscelli,
tenera, l’altrui duol commiserando,
sciogli i capelli.
Tu piangi, derelitta, a capo chino
sulla ventosa balza. In chiuso loco
gaio frattanto il vecchierel vicino
si asside al foco.
Tien colmo un nappo: il tuo licor gli cade
nell’ondeggiar del cùbito sul mento;
poscia floridi paschi ed auree biade
sogna contento.
a cura di Giuseppe Brandone
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