Versi di vini. La poesia del '900

17 Set 2016, 14:30 | a cura di

Continua il nostro viaggio nella poesia per conoscere, attraverso le liriche più belle, il mondo e la società. Siamo arrivati quasi ai giorni nostri, e scopriamo, ancora una volta, in che modo i poeti parlano di vino.


Nazim Hikmet

Nato a Salonicco da una famiglia aristocratica nel 1901 (ma registrato all'anagrafe solo l'anno successivo), Hikmet fu esule e subì condanne e carcerazioni per motivi politici. La sua attività poetica andò di pari passo all'impegno sociale, come si evidenzia dalla raccolta Poesie d'amore. Viaggiò moltissimo e risiedette per molti anni in Russia (dove morì nel 1963), e rappresenta, oggi, uno dei grandi nomi della poesia moderna, citato in libri, canzoni, e film, come per esempio Le fate ignoranti, di Ferzan Ozpetek. Ma anche lui dedicò il suo lavoro ad altri poeti, in questo caso Kayyam, che (curiosamente) fu omaggiato anche da Vincenzo Cardarelli.

 

A Omar Kayyam

Riempi il tuo cranio di vino prima che si riempia di terra”.

L’uomo dalle scarpe rotte passando davanti al giardino di rose

Disse “in questo mondo che offre più grano che stelle ho fame

tu parli di vino e i miei non bastono a comprare il pane”.

La vita fugge, godi l’istante prima del sonno senza sogni

è l’alba, ragazzo, versa il vino nella coppa di cristallo”.

Il ragazzo si svegliò nella sua stanza gelata senza tendine

era la sirena della fabbrica implacabile per il ritardo.

 

Yeats

William Butler Yeats

Nato a Dublino (1865 – 1939) fu scrittore e drammaturgo oltre che poeta ed è uno dei nomi più importanti della folta schiera di autori irlandesi. Interessato al misticismo e spiritualismo, nella sua opera sono rintracciabili continui riferimenti di simboli di diversa origine: non solo la sua Irlanda ma anche la kabala, la cultura cattolica, quella grecoromana. Solo in un secondo momento la realtà storica e le sue vicende personali divennero più centrale nella sua produzione artistica. Visse a stretto contatto con la comunità artistica dell'epoca. Un'epoca già incendiata dai fermenti indipendentisti irlandesi.

 

Canzone al vino

Il vino raggiunge la bocca

E l’amore raggiunge gli occhi,

Questa è la sola verità che ci ha dato conoscere

Prima di invecchiare e morire

Sollevo il bicchiere alle labbra.

Ti guardo e sospiro…

 

Valery

Paul Valery

Riflessioni filosofiche, religiose, estetiche: i 261 quadermi manoscritti di Pail Valery rappresentano il corpus del pensiero dello scrittore francese (1871 – 1945). Ne raccontano l'andamento travagliato dello spirito, le inquietudini sulla letteratura, l'arte, la società. Ma la sua attività fu varia, celebrato in vita per le sue poesie che, però, non rappresentano il centro potente della sua opera, dominata dall'analisi di sé e del mondo.

 

Il vino perduto

Nell’Oceano, una volta (ma ormai

non so più sotto quale cielo), come offerta al nulla gettai

qualche goccia d’un vino raro…

Chi ti volle perduto , oh liquore?

Obbedii forse all’indovino?

Forse al cruccio del mio cuore,

pensando al sangue, versando il vino,

la sua trasparenza usata

riprese il mare come innanzi chiaro

dopo una venatura rosata.

Perso quel vino, ebbre le onde!

Vidi slanciarsi nell’aere amaro

Le immagini più profonde…

 

Dylan Thomas

Dylan Thomas

Aveva appena vent'anni quando la sua prima raccolta di poesie fu pubblicata, da allora la sua presenza sulla scena poetica britannica e mondiale fu folgorante, fino alla sua scomparsa prematura. Dylan Thomas (1914 – 1953) incarnò il genio dal vigore creativo, ipnotico e misterioso, nella sua labirintica passione per le cose, le molte suggestioni. Una poetica personale che si nutre dell'ebbrezza del mondo da scoprire e sperimentare in un tutto magmatico e magico, fatto di leggende e visioni nel furore ispirato e variopinto.

 

Questo pane che spezzo

Questo pane che spezzo un tempo era frumento,

Questo vino su un albero straniero

Nei suoi frutti era immerso;

L’uomo di giorno o il vento della notte

Gettò a terra le messi, spezzò la gioia dell’uva

In questo vino, un tempo , il sangue dell’estate

Batteva nella carne che vestiva la vite

Un tempo in questo pane

Il frumento era allegro in mezzo al vento

L’uomo ha spezzato il sole e ha rovesciato il vento

Questa carne che spezzi, questo sangue a cui lasci

Devastare le vene, erano un tempo

Frumento ed uva, nati

Da radice e da linfa sensuali.

È il mio vino che bevi, è il mio pane che addenti.

 

a cura di Giuseppe Brandone

 

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