Vini d’Italia 1988. Ecco com'era la prima guida

30 Ott 2016, 13:00 | a cura di

Dall'indice fatto a mano tutto in una notte alla diffidenza delle cantine nel dare informazioni, fino alla premiazione di Firenze, che per la prima volta riuniva tutti i produttori allo stesso tavolo, consegnando loro materialmente Tre Bicchieri. Ecco come nasceva la prima guida di settore in Italia. Il ricordo di chi c'era


Come è cambiato il mondo del vino grazie alla guida

Uno dei principali meriti di Vini d’Italia 1988 è stato di aver dato un volto e un nome ai protagonisti della rinascita del vino italiano, soppesandone la qualità attraverso il giudizio espresso in Bicchieri. Un’operazione talmente riuscita – merito anche di un linguaggio comprensibile e divertente - che i lettori esperti e curiosi in breve tempo si moltiplicarono, decretando il successo della pubblicazione.

La guida è stata, da questo punto di vista, un’operazione culturale ed editoriale molto innovativa, anche grazie a una squadra di appassionati di vino, tutti portatori di un proprio autonomo bagaglio di esperienze, ma con una grande voglia di condividere le scoperte e le novità. Questo patrimonio di conoscenze, di cantine e di produttori (magari piccoli o piccolissimi, spesso conosciuti solo localmente) altrimenti sarebbe rimasto in un ambito circoscritto mentre, grazie alla guida, improvvisamente venne proiettato in campo nazionale.

 

Il panorama negli anni '70-'80

Chi scrive ha iniziato a girare per cantine, alla fine degli anni Settanta, così come tanti altri dei 21 collaboratori della prima edizione. Allora andare per cantine, visitarle, assaggiare i vini spillati dalla vasca o dalla botte, non era così scontato come oggi. Nel 1987 il Movimento del Turismo del Vino e Cantine Aperte, erano solo nell’immaginazione - bisognerà aspettare il 1993 - di alcuni lungimiranti pionieri. Anzi, diverse cantine erano proprio chiuse al pubblico, le visite spesso scoraggiate e in generale le richieste di dati - sulla produzione, sulle bottiglie, sui fatturati, ecc. - non erano molto gradite e venivano vissute, a volte, con sospetto. Presentarsi poi come inviato del Gambero Rosso, non provocava particolari sgomenti nell’interlocutore, ma un insieme di curiosità e diffidenza. Oppure provocava reazioni inaspettate. Ecco l’incipit della scheda (pag. 273) con la narrazione del primo incontro in cantina con il produttore abruzzese Dino Illuminati: “Ma quanto volete? Perché io non do più soldi a nessuno. Come inizio non era male! Evidentemente patron Illuminati deve aver avuto rapporti travagliati con la stampa che si occupava di vino oppure la definizione degli abruzzesi come forti e gentili, non gli si attaglia”. Poi, per la cronaca, Dino Illuminati si rivelò essere una persona piacevolissima e gentilissima, e il suo atteggiamento circospetto era comune ad altri suoi colleghi.

 

guide

1986: un anno cruciale

Le domande, in molti casi, erano per capire se chi pretendeva di giudicare i vini, fosse all’altezza o meno del compito dal punto di vista professionale. D’altra parte erano anni assai esaltanti, ma anche difficili. Nel marzo 1986 era scoppiato lo scandalo del metanolo con il suo terribile strascico di 19 morti, decine di accecati o di ammalati per sempre, per aver ingerito l’infame mistura venduta come vino. Ci vorrà questa tragedia sia per far nascere la prima anagrafe vitivinicola su base regionale con le tutte le informazioni sulla filiera vinicola, sia per istituire l’Ispettorato centrale repressione frodi presso il Ministero dell’Agricoltura. Prima di allora si brancolava nel buio.

Nel 1986 era nata Arcigola e il Seminario Permanente Luigi Veronelli, mentre nel 1987 era stata la volta dei Vini d'Italia del Gambero Rosso. Un periodo di grande fermento durante il quale il vino italiano - scarsamente avvezzo a presentarsi unito - pose le basi per il suo attuale successo. Un successo composto da un insieme di elementi tra cui una grande e solida qualità nella fascia medio-alta dei vini, nel conveniente rapporto qualità prezzo, negli stretti legami con i territori di origine ed infine con quel modo, tutto del vino italiano, di riuscire a suscitare sensazioni forti e durevoli, insieme a fantasia e creatività.

 

 

prima guida

da sx Andrea Gabbrielli, Stefano Bonilli, Hans B. Koelliker, Daniele Cernilli, Burton Anderson, Paola Di Mauro, Gualtiero Marchesi, C. Dumont

I premi e la premiazione

Quei 1500 vini degustati nella prima edizione del 1988 rappresentavano questo contesto, senza operare discriminazioni tra la componente agricola e quella industriale, né creando contrapposizioni tra grandi e piccole aziende, perché la nostra filiera è proprio il risultato di una forte integrazione tra le due componenti.

La scelta di premiare solo 32 vini con i Tre Bicchieri (che erano materialmente tre bicchieri di vetro) fu un’altra scelta spiazzante a cui parteciparono i collaboratori. Accanto ai più noti Gaja, Ceretto e Ratti c’erano Elio Altare e Luciano Sandrone; la ligure Cascina Feipu, si affiancò a Masi e allo Spumante Ferrari: Gravner e Jermann ad Antinori e Tenuta San Guido, Monte Vertine ad Erik Banti, Carlo Hauner a Paola Di Mauro e ancora Marco De Bartoli e altri ancora.

L’elenco dei Tre Bicchieri nella guida non c’era, bisognava cercarli tra le pagine. L’indice dei vini e dei produttori del resto fu fatto a mano durante una nottata di lavoro (sic!) perché non c’era un data base adatto. La premiazione, a cui parteciparono tutti, si svolse sabato 12 dicembre 1987 a Palazzo Medici Riccardi a Firenze e poi pranzo sopraffino all’Enoteca Pinchiorri (e non come qualcuno aveva celiato un buffet in una Casa del Popolo o giù di lì).

Qui per la prima volta personalità antitetiche, per storia, tradizione, cultura come l’abruzzese Edoardo Valentini - non si muoveva mai da casa sua - e l’austero altoatesino Giorgio Grai, si trovarono seduti accanto. Fu un’esperienza impagabile vederli assieme. Si guardarono a lungo dopo aver assaggiato i rispettivi vini. Lo scambio di osservazioni sotto forma di domande apparentemente innocue, celava frecciate al cianuro. Mondi apparentemente incomunicabili che Vini d’Italia era riuscito a far incontrare. Doveva per forza essere una guida speciale.

 

 

La prima guida Vini d'Italia in pillole

La guida Vini d’Italia 1988 dal punto di vista editoriale è nata in una stanza di via di Ripetta 66, dove Il Manifesto aveva una sede decentrata. Il progetto era stato realizzato da un grande della grafica, Piergiorgio Maoloni, scomparso nel 2005, a cui si deve il restyling di buona parte dei quotidiani italiani, tra cui l’inserto Gambero Rosso e tutte le sue successive pubblicazioni. Importante anche il contributo di Pasquale Gioffré, allievo di Maoloni, per l’impaginazione.

La guida, dalla copertina verde scuro, aveva un direttore editoriale, Stefano Bonilli e due curatori, Daniele Cernilli e Carlo Petrini, oltre a 21 collaboratori tra cui molti famosi ristoratori come Elio e Francesco Mariani (Checchino dal 1887), Pinuccio Alia (La Locanda di Alia), Lucio Pompili (Symposium), Enrico Casini ed altri suddivisi tra enotecari e giornalisti.

Arcigola e Gambero Rosso si erano divisi l'Italia in due, sostanzialmente la prima si occupava del Nord d'Italia, mentre il Gambero del Centro Sud. Poi a Bra (Cuneo) si fece la degustazione dei vini finalisti.

Il sistema di valutazione era basato sul punteggio in centesimi trasformati poi in segnalazione oppure in 1, 2, 3 Bicchieri.

La pubblicazione si articolava in 348 pagine nella quali si prendevano in esame 465 aziende e circa 1400 vini. Nell’Italia dei 32 Tre Bicchieri 1988, 10 vini provenivano dal Piemonte, 8 dalla Toscana, 4 dal Friuli, 2 dal Veneto, 2 dalla Sicilia, poi 1 rispettivamente da Liguria, Trentino, Alto Adige, Lazio e Abruzzo. Molti anni dopo fu creata la voce i Tre Bicchieri Mai Dati e in relazione alla guida 1988 furono indicati altri 2 vini, 1 piemontese e 1 umbro.

 

a cura di Andrea Gabbrielli

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