Vinitaly 2016. Gli autoctoni umbri: sagrantino di Montefalco, grechetto e trebbiano spoletino

24 Apr 2016, 15:00 | a cura di

Il cuore verde d'Italia e i suoi vitigni autoctoni. Dal Vinitaly gli assaggi che ci hanno convinto di più

L’Umbria è una regione che può vantare nobili tradizioni nel campo della viticoltura, a partire dai famosi vini bianchi di Orvieto, celebri fin dai tempi degli Etruschi e degli antichi Romani. Per la sua collocazione geografica, molte delle sue denominazioni condividono vitigni con le regioni limitrofe, in particolare con Toscana e Lazio, mentre è storicamente abbastanza ridotta la penetrazione dei vitigni internazionali che, tranne in rari casi, rientrano solo come uve complementari nei disciplinari di alcune Doc. Numerosi sono anche i vitigni autoctoni, e in questo viaggio tra gli stand del Vinitaly ci occuperemo dei vini prodotti in purezza, espressione più diretta e sincera delle caratteristiche peculiari delle singole varietà. Cercheremo di scoprire le espressioni e le sfumature che possono offrire il sagrantino di Montefalco, il grechetto e il trebbiano spoletino, un vitigno dalle straordinarie potenzialità, non ancora abbastanza valorizzato.

 

Il sagrantino di Montefalco

Nella zona di Montefalco, la coltivazione della vite ha origini molto antiche, tuttavia il vitigno sagrantino, ormai simbolo del territorio, pare provenga dall’Asia Minore e sia stato introdotto in epoca abbastanza recente, attorno al XIV secolo. Nella zona collinare di Montefalco, caratterizzata da un clima continentale, il vitigno ha trovato le condizioni perfette per esprimersi al meglio e ancora oggi è coltivato praticamente solo in una piccola area geografica. Il suo nome deriva dal termine latino “sacer”, legato al ruolo del vino nelle funzioni religiose. Il Sagrantino di Montefalco, infatti, veniva vinificato nella versione passita e regalato o bevuto in occasione delle festività pasquali. Un’usanza che si è pian piano persa nel corso degli anni, rischiando di farlo finire nell’oblio. Solo a partire dagli anni ’70, grazie alla lungimiranza di alcuni produttori che hanno cominciato a vinificare il Sagrantino in versione secca, è cominciata la sua rinascita. L’uva produce vini di grande struttura, ricchi di polifenoli, con trama tannica importante e straordinaria propensione all’invecchiamento. Sono vini che hanno bisogno di un buon periodo di maturazione in legno e di un lungo affinamento in bottiglia, per ammorbidire l’aggressività astringente e trovare la giusta armonia. Sono bottiglie da dimenticare in cantina per almeno una decina d’anni, ma che sanno regalare emozioni uniche agli amanti dei grandi rossi.

 

Partiamo con le nostre degustazioni dai vini di Tabarrini. Fedele alla tradizione e alle caratteristiche del vitigno, l’azienda coltiva 11 ettari di vigna in località Turrita, producendo diverse versioni di Sagrantino, in particolare due prestigiose etichette provenienti da due diversi cru, che regalano solo 2000/3.000 bottiglie l’uno. Ne parliamo con Daniele Sassi, che ci conferma la scelta aziendale di voler connotare il Sagrantino in modo fortemente territoriale, sottolineando come ogni singola parcella possa dare vini dalle caratteristiche uniche e particolari. Il Montefalco Sagrantino Campo alla Cerqua '11 proviene dauna vigna di un solo ettaro coltivata su terreni sciolti, piuttosto leggeri e ricchi di sassi. Nonostante la gioventù, ancora caratterizzata da tannini evidenti, il vino si distende con grande eleganza, freschezza, complessità aromatica, bella vena minerale e finale sapido. Il Montefalco Sagrantino Colle Alle Macchie '11, invece, nasce da una vigna coltivata su terreni argillosi esposti a sud, che dona uve ricche e ben mature. È un Sagrantino potente, profondo, ancora molto tannico, dal bouquet ampio e succoso, che ha bisogno di un lungo affinamento in bottiglia prima di poter esprimere tutto il suo straordinario potenziale.

Il Montefalco Sagrantino Il Domenico '06 di Adanti, ha già alle spalle 10 anni di invecchiamento, che lo rendono piacevolmente armonioso. Si tratta del vino prodotto dal cru dedicato al fondatore della cantina ed esprime un bouquet complesso con note fruttate, già evolute verso sentori terziari speziati e tostati. La trama tannica è piacevole e la persistenza molto lunga.

Ottimo il Montefalco Sagrantino Chiusa di Pannone '07 di Antonelli San Marco. Si tratta di una selezione di uve provenienti da un singolo vigneto di particolare pregio. Il vino ha grande struttura, con bella trama tannica, bouquet molto elegante e complesso, con note che spaziano dalla frutta, ai sentori speziati, tostati e balsamici. Già piacevole, ma con ancora davanti un buon potenziale d’invecchiamento.

Chiudiamo con il Montefalco Sagrantino 25 anni '11 di Arnaldo Caprai, forse il più “facile” anche per chi non è abituato a certe ruvidezze del Sagrantino. Al palato è, infatti, già abbastanza morbido e avvolgente con tannini eleganti e aromi profondi e complessi. Un giusto omaggio alla tradizione, con un paio di assaggi di Sagrantino Passito, un vino straordinario da abbinare ai dolci, al cacao e al cioccolato fondente. Sempre di alto livello il Montefalco Sagrantino Passito '09 di Antonelli San Marcoe il Montefalco Sagrantino Passito '10 di Arnaldo Caprai.

 

Il grechetto di Todi

Nonostante il Sagrantino di Montefalco sia il vino più conosciuto dell’Umbria, il cuore verde dell’Italia ha anche un’importante vocazione bianchista da riscoprire e valorizzare. È il caso del Grechetto di Todi. Il vitigno grechetto, come gran parte delle varietà presenti nella nostra penisola, pare sia stato introdotto durante la colonizzazione ellenica. Oggi è diffuso soprattutto in Umbria e Lazio con due principali cloni: il g109 associato al grechetto di Orvieto e il g5 corrispondente al grechetto coltivato nella zona di Todi. Recenti indagini hanno messo in luce alcune somiglianze di quest’ultimo con il pignoletto e la ribolla riminese. Ci è piaciuto molto per eleganza e complessità aromatica il Grechetto '14 di Roccafiore. L’annata non facile, ha regalato un vino dal corpo più fine e sottile, caratterizzato da piacevole freschezza e sapidità finale.

Fresco e agrumato ilGrechetto Colle Ozio '14 di Bussoletti, molto interessante il Colli Martani Grechetto Sassi d’Arenaria '14 Di Filippoche si distingue per piacevoli note fruttate, cenni floreali e speziati. Di bella stoffa il Grechetto Superiore di Todi Colle Nobile '14 di Tuderum, che grazie a un affinamento in barrique, presenta una struttura importante e un bouquet intenso e complesso, con aromi fruttati, note mielate e di frutta secca.

 

Il trebbiano spoletino

Chiudiamo il nostro tour dell’Umbria con alcune degustazioni dedicate a un bianco di belle prospettive: il trebbiano spoletino. È un vitigno a bacca bianca autoctono dell’Umbria, dalle origini piuttosto misteriose, che ha rischiato di sparire per un progressivo abbandono in favore di varietà commercialmente più remunerative. Pur condividendo il nome con la grande famiglia dei trebbiani, ha caratteristiche uniche e singolari. In particolare ha un profilo olfattivo intenso e elegante, una buona struttura e vivace freschezza, che ne assicura una buona longevità. Una quindicina d’anni fa, alcuni vignaioli umbri hanno deciso di scommettere sulle sue qualità vinificandolo in purezza. Il trebbiano spoletino ha dimostrato una grande personalità, che è destinata a riservare ancora piacevoli sorprese.

Ne è la conferma l’Adarmando di Tabarrini. Assaggiamo due annate, la 2014, più fresca, profumata, fruttata, ma già di buona complessità aromatica e la 2009, molto affascinante per l’evoluzione del bouquet verso sentori terziari, con note mielate, erbe officinali, leggeri sentori fumé e d’idrocarburo. Ottimo il Trebbiano Spoletino Trebium '14 di Antonelli San Marco. Al naso ha profumi intensi ed eleganti con note di fiori, agrumi, frutta bianca e nuance speziate. Il sorso ha struttura, ampiezza gustativa e vivace freschezza. Molto piacevole, seppur ancora giovane, il Trebbiano Spoletino Farandola '15 di Di Filippo, con prevalenza di note fresche floreali e agrumate. Il gusto è armonioso e ricco, caratterizzato da una vivace freschezza e sapidità finale.

 

a cura di Alessio Turazza
foto cantina Roccafiore

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