Vinitaly Report: ancora un dibattito sul vino biologico. Per farla finita con dubbi e ambiguità

9 Apr 2013, 11:02 | a cura di

Non si è ancora chiusa l’edizione di quest’anno, e Vinitaly pensa già al 2014. Cosa aspettarsi? La prossima, a quanto pare, sarà un’edizione sempre più all’insegna del biologico, con la nascita di Vinitaly bio: un salone all’interno del salone sottoscritt

o oggi da Veronafiere e Federbio. Se lo scorso anno a regnare sovrana era la confusione in termini (tanto che l’Aiab aveva denunciato la presenza di un’area un po’ ambigua dedicata ai cosiddetti vini naturali), quest’anno, a dodici mesi dall’entrata in vigore della legge europea sul vino biologico, anche la vetrina di Verona cerca di fare chiarezza. Ma esiste davvero chiarezza dal punto di vista del consumatore? O la convivenza tra vini eretici, vini veri, vini senza solfiti, vini liberi (e la lista potrebbe continuare all’infinito) rischia di creare qualche confusione? Basta dare un’occhiata ai padiglioni per capire che il rischio c’è ed è elevato: la sensazione è che la presenza di vino bio (o nelle sue varie accezioni) all’interno di Verona Fiere sia anche più imponente dello scorso anno, ma l’ordine è forse po’ troppo sparso tra stand regionali e stand delle varie associazioni di categoria.

In questa dislocazione di spazio e di definizioni, è naturale chiedersi se il consumatore riesce a seguire in un percorso (fisico, ma anche mentale) ben definito e chiaro, e se la nascita di un salone bio potrebbe essere una soluzione di trasparenza. Anche di questo si è parlato nel convegno organizzato da Federbio dal titolo provocatorio Il vino biologico e gli “altri”. Dove gli altri, forse, potrebbero essere un problema per lo sviluppo di una coscienza comune.

La nascita di sempre nuove e a volte bizzarre interpretazioni di vino biologico” dice Roberto Pinton, segretario di Assobio “deve prima di tutto far riflettere su come questo settore sia ormai diventato prioritario. Quasi una necessità. Affinché ci sia uno sviluppo futuro, però, bisogna trovare un punto di vista comune e credo che per questo sia fondamentale riferirsi alla normativa europea del marzo 2012, nonostante i difetti che presenta”. Dello stesso avviso Paolo Carnemolla, presidente di Federbio: “Ormai in Europa c’è un quadro normativo che va assolutamente applicato, nonostante siano molte le cose da rivedere. Mi chiedo perché farci del male inutilmente? La sovrapproduzione di disciplinari non fa altro che svilire il settore. Perché creare nuovi nomi, denominazioni, regole?”. E Carnemolla non ha perso l’occasione per lanciare una frecciatina a Oscar Farinetti: “Ogni tanto arriva il furbetto del marketing che racconta cose affascinanti, attirando il consumatore con belle parole come vino libero. E allora non posso che chiedermi: perché adesso che abbiamo finalmente un regolamento da cui partire, dobbiamo tornare indietro? Per questo la nascita di un salone biologico ci sembra un passo fondamentale affinché l’Italia rivendichi il suo ruolo centrale, per esperienza e possibilità, nel settore biologico”.

Chi di sicuro ha esperienza da rivendicare nel bio è Silvano Brescianini, dell’azienda Barone Pizzini che quindici anni fa ha iniziato a convertire la sua produzione al biologico in tutti i vigneti dislocati tra Franciacorta, Maremma e Marche. A lui abbiamo chiesto di sciogliere un dubbio amletico del settore: certificare o non certificare? “Non ho mai avuto dubbi” risponde “scegliere la via della certificazione credo sia un modo di rispettare il consumatore ed essere trasparenti. E poi credo che il biologico sia il futuro, una sorta di pre-requisito. Non una moda, né l’obiettivo finale, ma un mezzo per fare viticoltura e seguire la direzione in cui va il mondo. Tra pochi anni, sono sicuri, sarà la normalità”.

 

a cura di Loredana Sottile
09/04/2013

 

 

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