Vinitaly Report: appunti sparsi tra Francia e Alpi per salutare l’edizione 2013 della fiera veronese

10 Apr 2013, 18:02 | a cura di

Manca poco e i lavori per la prossima guida Vini d’Italia del Gambero Rosso entreranno nella fase più calda con migliaia di assaggi e giri nelle cantine di tutto il Paese. Abbiamo deciso allora di dedicare le ultime ore del Vinitaly tra i vini naturali di tutta Europa, raccolti nell’area denominata Vivit - Vigne Vignaioli Terroir. Ci siamo soffermati volentieri ad ascoltare soprattutto i racconti e le idee dei produttori stranieri, con i quali è più difficile avere un confronto frequente. Le due realtà su cui ci vorremmo soffermare sono molto diverse, ma accomunate dalla volontà di produrre vini il più possibile personali, plasmati senza artificiosità, dipinti molto schietti di territori quali la Slovenia e la Francia.

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Il primo incontro è stato con l’azienda slovena Čotar, collocata nella parte occidentale della regione carsica, precisamente a Gorjansko. Il mare dista appena 5 km dove il forte vento, la bora, leviga le colline e le montagne attorno. Abbiamo assaggiato quattro vini, tutti estremamente personali, un gusto che difficilmente ritroverete in altre bottiglie anche della stessa area.

Vitovska 2009: vitigno locale a bacca bianca, con uve lasciate macerare sei giorni sulle bucce per raccogliere tutti i profumi di quest’area. E i profumi li ritroviamo tutti: dal rosmarino alla macchia mediterranea, è un trionfo di aromaticità. Poi la bocca, particolare, caratteristica, con delle note di cereali e ancora di salvia e rosmarino. Davvero un vino affascinante.

Malvasia 2008: decisamente meno particolare del primo, con un naso erbaceo delicatissimo e una bocca forse un po’ sporca, meno netta e ricca del primo vino.

Teran 2011: da uve omonime, un vino color rosso rubino tendente al violaceo e dal naso marcatamente animale. Nonostante questo risulta molto affascinante, con una sapidità e acidità spiccate a bilanciare l’aspetto più ruvido del gusto. Pieno e succoso, convince sorso dopo sorso.

L’ultimo è un blend di uve terrano, merlot e cabernet, annata 2005, dove tornano i sentori di animale, pelliccia bagnata, cuoio, ma in bocca è sapidissimo, gustoso, fresco e molto intrigante. Un gusto forse più europeo, visto anche il taglio di uvaggi, ma non per questo meno interessante.

Il nostro viaggio prosegue in Francia con il Domaine de la Pinte, che di certo non necessita di presentazioni per gli appassionati di questo genere di vini. Il regime biodinamico e uno stile che definire personale è eufemistico, accompagnano il lavoro in cantina di questa bellissima realtà che si trova tra Arbois e Pupillin.

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L’assaggio orizzontale della gamma di vini presentati qui a Verona inizia con i rossi, dato che dopo aver provato i bianchi, con la loro ossidazione, sarebbe difficile tornare indietro.

Arbois Poulsard 2010: un naso delicato, speziato e terroso ci introduce a una bocca salata, fresca, leggera, soffice e ancora molto speziata. Sul palato è piacevolmente orizzontale e sarà interessante osservarne l’evoluzione. Si parte bene. L’annata precedente, 2009, ha delle note animali, cuoio, sentori ramati, ma risulta molto elegante, leggiadro e, rispetto all’annata 2010, verticale e teso.

Il taglio di uve pinot noir, poulsard e trousseau dell’annata 2010: meno affascinante dei precedenti, forse meno caratteristico, ha un naso più alcolico, meno incisivo. Il corpo è comunque strutturato con un bouquet di note di alloro, affumicatura e un tannino morbido. Ma è con i bianchi si cambia decisamente. Qui troviamo alcune delle caratteristiche più peculiari del Domaine de la Pinte.

Chardonnay 2010: mette subito in evidenza le note acide, ossidate quasi al limite, ma paradossalmente godibili e ricche di gusto. Ci sono toni agrumati, lime, fiori bianchi e un leggerissimo retrogusto di crosta di formaggio stagionato, per nulla fastidioso, tutt’altro. Un bianco difficile da gestire a tavola, ma che nel bicchiere affascina.

Melon à Queue Rouge 2010: un bianco che gioca ancora tutto sull’ossidazione spinta, questa volta però più gustoso, polposo, cremoso e che si distende in larghezza sul palato.

Sauvignon 2006: è una vera esperienza, verde, con un’ossidazione e un’acidità tanto estreme quanto eleganti e piacevoli, stuzzicanti sul palato. Gusto e stile, un bianco complesso, indomabile per certi versi, ma fresco, pieno. Da meditazione.

a cura di Alessio Noè
10/04/2013

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