Vinitaly report: Bianco della Castellada dell’azienda Castellada, cronaca di una verticale a Vini Veri a Cerea

8 Apr 2013, 13:56 | a cura di

Vini Veri. Più che il nome di una manifestazione enologica, sembra un manifesto d’intenti. Il fatto che poi si svolga proprio in concomitanza con Vinatur, altra manifestazione legata ai vini “naturali”, e al Vinitaly

, suona come una salda presa di posizione. Ci siamo anche noi, siamo tanti e ci facciamo sentire. E se l’edizione 2013 è la decima, un motivo ci sarà pure. L’intento è chiaro sin dalla prima edizione: dibattere le problematiche percepite dagli stessi viticoltori, confrontarsi con colleghi connazionali e internazionali, avere un feedback dagli operatori del settore enologico e in generale creare un network tra tutte le Associazioni di Vignaioli Naturali. La loro volontà è di “generare vino da uva prodotta da territori vocati, senza l’uso di chimica di sintesi e vinificare senza stabilizzazioni forzate o aggiunte alcune”. Questo è l’obiettivo e noi siamo stati a Cerea, dove si svolge dal 6 all’8 aprile la manifestazione, per poter parlare con i protagonisti, assaggiare i loro vini e offrirvi la nostra impressione.

Parlando con tanti viticoltori ci rendiamo conto di quanto qui non si rivendichino certificazioni, etichette o regole restrittive, ma potremmo parlare di un’attitudine comune verso il rispetto dell’ambiente nel tentativo di creare buoni vini nella maniera meno invasiva e artificiale possibile. Ovvio: la mano dell’uomo c’è, perché il vino non nasce da solo in natura. Però qui parliamo con viticoltori che vogliono accompagnare delicatamente questo processo. Quello di cui vogliamo parlare è ciò che i nostri palati hanno percepito, al di là di ogni considerazione sulla naturalità dei processi di vinificazione. Gli spunti non sono mancati.

 

C’è stato qualche assaggio che ci ha lasciati meno soddisfatti, come capita in tutte le manifestazioni enogastronomiche, e ci sono stati poi tanti vini che invece ci hanno entusiasmato. Prodotti davvero incredibili, in grado di raccontare il territorio, vini affascinanti e con tanta forza espressiva al loro interno. Parliamo di produttori dalla Georgia, dalla Croazia, dalla Slovenia, dalla Spagna, dalla Francia e, ovviamente, dall’Italia. Oltre 140 aziende, impossibile raccontarle tutte, ci focalizziamo allora su alcune degustazioni particolarmente interessanti.

L’occasione di assaggiare molte annate del Bianco della Castellada dell’azienda La Castellada, è forse stata la più stimolante proprio perché in grado di darci una visione complessiva dell’evoluzione di un bianco “naturale”. Questa azienda friulana nasce ad Oslavia nel 1978 ad opera di Giorgio e Nicolò Bensa che si sono dati sin dall’inizio regole ben precise: inerbimento totale, concimazioni organiche, solo rame e zolfo nei trattamenti fitosanitari. Le uve, anche quelle a bacca bianca, vengono sottoposte a lunghe macerazioni in tini aperti. Il bianco assaggiato è un blend di pinot grigio, sauvignon, chardonnay e friulano, dall’annata 2004 alla 2008. Cinque fotografie vivide e un’evoluzione che ci hanno davvero colpiti perché hanno evidenziato i cambiamenti naturali di un prodotto frutto di clima e condizioni atmosferiche sempre diverse, ma che ha mantenuto al suo interno un carattere ben preciso. Oltre ad una qualità elevatissima.

Partiamo allora con il 2004, un bianco ancora molto giovane, in gran forma, che regala subito note salmastre e di salvia al naso e che in bocca esplode con un bellissimo mix di corposità, acidità e mineralità, soprattutto nel finale. Un vino da bere bicchiere dopo bicchiere, che cresce e si sviluppa minuto dopo minuto, probabilmente il migliore della nostra verticale.
Il 2005 richiama il profumo dell’asparago selvatico, vegetale, mentre in bocca è succoso, polposo, con tanta frutta bianca a dare corpo.
Il 2006 è il più elegante, finissimo, delicato, forse leggermente meno intenso al naso, ma con una bocca che fa proprio dell’eleganza la sua arma vincente.
Con il 2007 si cambia leggermente registro e allora sentiamo subito delle note agrumate marcate, belle, molto stuzzicanti, poi torna la salvia, come nel 2004, mentre al palato è rotondo e carico, con dei bei richiami di crema pasticcera e limone.
Infine il 2008, l’ultima annata degustata, dove si cambia nuovamente e in cui sentiamo subito un naso mentolato, fresco, balsamico. La lavanda accompagna anche il sorso, acido e fresco, sicuramente pronto a sostenere un buon invecchiamento, come anche indicato dalle precedenti annate.

Una verticale che racconta di una bellissima esperienza, esemplificativa di un mondo, quello dei vini naturali, colorato, vario, ricco di bellissime realtà, alcune più altre meno interessanti. Un mondo che si muove, indispensabile per avere uno sguardo davvero completo dell’enologia e della sua evoluzione. Vini naturali, dunque, o vini buoni?

www.viniveri.net/


a cura di Alessio Noè

08/04/2013

 

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