Vino: il sostegno Ue agli investimenti è ben gestito?

8 Lug 2014, 09:15 | a cura di
Le misure investimenti e promozione sotto accusa perché non ci sarebbero chiari effetti sulla competitività. I Consorzi italiani incassano e rilanciano: "Va bene razionalizzare e combattere i furbi, ma non si mettano a rischio i fondi"

Il sostegno Ue agli investimenti e alla promozione nel settore vitivinicolo è ben gestito? Il suo contributo alla competitività dei vini è dimostrato? La risposta è “no”. E arriva dalla Corte dei Conti europea. Le parole pronunciate da Jan Kinšt, membro della Corte responsabile della relazione, suonano come una bocciatura sul sistema dei fondi di promozione e del modo in cui sono utilizzati. Secondo i giudici contabili, non c'è relazione causa-effetto chiara tra il sostegno agli investimenti e alla promozione e una maggiore competitività del settore. Anzi, in quei Paesi dove si è investito si sono perse quote di mercato. "La coesistenza di misure di investimento analoghe in due diversi regimi" ha detto Kinšt "è fonte di complessità, tanto che in alcuni Stati membri ha generato ritardi nell’attuazione o limitato in maniera eccessiva la portata degli investimenti ammissibili. Inoltre, quando il contributo Ue incita le imprese a ridurre proporzionalmente i propri finanziamenti per le azioni di promozione, finisce col divenire, in sostanza, una sovvenzione parziale dei costi operativi di queste aziende, il che non rappresenta un impiego efficiente dei fondi pubblici".

La Corte, nelle sue osservazioni, si concentra sui numeri: nel periodo 2009/2013, gli Stati membri hanno speso 522 milioni di euro in promozione e per il 2014/2018 sono notevolmente aumentati, con 1,16 miliardi di euro per i 27 Paesi (+121%). "Date le difficoltà incontrate dagli Stati nell’utilizzare la dotazione 2009/2013 inizialmente stanziata per la promozione" si legge nella relazione speciale "la dotazione 2014/2018 rischia di essere troppo elevata, pregiudicando l’applicazione dei princìpi della sana gestione finanziaria". Per l'Italia, nel solo 2015, questa somma è di 102 milioni di euro (30 per i progetti nazionali e multiregionali e 71 per i regionali). Non solo. Secondo la Corte, gli effetti degli investimenti nel quadro Ocm vino non possono essere facilmente distinti da quelli dello Sviluppo rurale. Pertanto, da un lato, siamo di fronte a una duplicazione degli aiuti e, dall'altro, a metodi di valutazione dei risultati non attendibili. Infatti, misurare gli effetti di queste misure con l'export di vino nei Paesi terzi mirati è criterio "troppo generico" scrivono i giudici, e "copre numerose variabili che incidono sull'intero settore vitivinicolo e che esulano perlopiù dalla sfera di influenza delle azioni di promozione". In diversi casi presi in esame, ad esempio, è stato evidenziato che invece di lavorare su nuovi mercati si è investito per consolidare quelli esistenti. Inoltre, per quanto riguarda gli investimenti (per l'Italia dai 15 milioni di euro del 2011 ai 40 nel 2012 e 2013) l'assenza di una chiara linea di demarcazione tra misure simili ha provocato ritardi di attuazione, come anche in Spagna, visto che i Psr sono gestiti a livello regionale. Diverse le raccomandazioni scaturite dalla relazione. In materia di investimenti, la Corte suggerisce di capire meglio se il settore vino abbia bisogno, rispetto ad altri comparti agricoli, di ulteriori aiuti e chiede alla Commissione di assicurarsi che gli Stati applichino i controlli sulla rendicontazione delle spese. In materia di promozione, si chiede di favorire l'accesso a tutte le Pmi alla misura; un più stretto controllo sui reali bisogni di aiuto Ue; di giustificare le spese accessorie limitandole a una percentuale massima dei costi totali; di valutare i risultati per ogni beneficiario e non per l'intero settore vitivinicolo. E, soprattutto, per il periodo 2014-2018 la Commissione dovrebbe analizzare come la dotazione dei piani nazionali corrisponda alle esigenze del settore vino. "Sulla base di questa analisi" scrive la Corte "la Commissione Ue dovrebbe rivedere, dove necessario, la dotazione di bilancio per indurre gli Stati ad essere più efficienti".

La risposta della Commissione Ue non si è fatta attendere. È innegabile, ha sostenuto Bruxelles, l'utilità della riforma Ocm per l'equilibrio del mercato e per la crescita dei vini europei. E anche dalla filiera italiana il coro a difesa è unanime: Ocm certamente da migliorare, ma determinante per il vino. Per Ettore Nicoletto, presidente del Consorzio Italia del vino (13 aziende con 500 mln di export), la Corte evidenzia alcuni punti critici delle misure Ocm, come i ritardi o l'uso talvolta scorretto dei finanziamenti: "Dobbiamo raccogliere queste osservazioni, ma la Corte sottovaluta portata ed effetto che le misure hanno avuto nel contrastare una concorrenza internazionale agguerrita (Argentina, Cile, Australia, Usa) che ha meno vincoli normativi. Le prove degli effetti positivi ci sono: nel 2013 l'Italia si è ripresa il primo posto al mondo come esportatore in volume e resta secondo, con 5 miliardi, in valore. L'export italiano è cresciuto del 50% tra il 2006-2007 e il 2013, con in mezzo la maggiore crisi dal Dopoguerra a oggi, e di questo passo l'obiettivo di aumentarlo di un altro 50% entro il 2020 è possibile". Nicoletto ribalta la domanda della Corte: "Cosa ne sarebbe dell'economia del vino europea senza queste misure, dopo aver perso, magari, 3-4 miliardi di export?" Ma i timori restano: "Temiamo che dopo questa bocciatura l'intera Ocm rallenti, che gli stati non si lancino nel nuovo processo attuativo che la Corte sollecita, riportando indietro la lancetta degli investimenti". Antonio Rallo, vice presidente Uiv e presidente del Consorzio Doc Sicilia non condivide le critiche provenienti da Lussemburgo: "Le misure Ocm sono molto più facilmente sfruttabili di quelle del Psr. Per questo molti, investimenti nel settore vino (nuove strutture e ristrutturazioni) sono stati effettuati avvalendosi della misura specifica dell'Ocm. E la sovrapposizione non esiste: ho verificato più volte che quanto previsto dalle misure di sostegno dell'Ocm non è realizzabile con gli aiuti Psr. È stato fatto dagli assessorati regionali dell'agricoltura un lavoro certosino, fissando una linea di demarcazione, per evitare sovrapposizioni".

"Senza il contributo Ocm le nostre Pmi non sarebbero mai potute partire verso l'estero" osserva Alberto Mazzoni, direttore dell'Istituto marchigiano tutela vini che guarda ai numeri: "Dal 2009 al 2014 abbiamo investito 11,2 milioni in promozione e ciò significa che i produttori ne hanno messo più di 5. Se le Marche hanno raggiunto la quota export del 60% è anche grazie a queste misure, che hanno consentito al nostro Verdicchio di crescere del 41,6% in valore, a 17 milioni di euro, e del 10% in volumi, a 8,5 milioni di bottiglie". Giorgio Bosticco, neo presidente di Piemonte land of perfection, condivide le raccomandazioni sui controlli e sulla maggiore trasparenza, ma su un punto è molto chiaro: "La considerazione della perdita di quote di mercato dei vini Ue nei principali Paesi terzi è opinabile e generica. Se, per esempio, il mercato è aumentato in misura maggiore della crescita Ue si verifica la nostra diminuzione di quota pur avendo aumentato le esportazioni. Inoltre, occorre distinguere tra export di imbottigliati e di sfusi.Di sicuro, i sistemi di promozione vanno razionalizzati. Il raggruppamento di aziende in Associazioni temporanee o sotto le ali di un Consorzio è utile, ma limitativo della ricerca di un modo nuovo di presentarsi in chiave di sistema. Occorre una regia centrale che armonizzi e coordini le iniziative". Un concetto, quello del coordinamento centrale, che Sandro Boscaini, vice presidente de Consorzio Grandi Marchi (65 milioni investiti in 10 anni su 18 Paesi) tiene a ribadire con forza: "C'è bisogno di linee guida più precise da parte della stessa Comunità europea, così come c'è bisogno di parametri di misurazione degli effetti delle nostre azioni. È una richiesta che, come operatori, abbiamo fatto più volte senza ottenere mai risposte. E alla Corte Ue ricordo poi" conclude il presidente il patron di Masi Agricola "che noi vendiamo territori, qualità, cultura, una filosofia nel fare il vino, non solo bottiglie".

a cura di Gianluca Atzeni

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del Tre Bicchieri del 3 luglio. Abbonati anche tu se sei interessato ai temi legali, istituzionali, economici attorno al vino. E' gratis, basta cliccare qui.

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