Vino & territorio: un connubio indissolubile? Vol. 2

9 Giu 2014, 08:40 | a cura di
Seconda tappa del nostro viaggio alla scoperta di etichette impreviste che infrangono il legame vino-territorio. O lo interpretano in modo del tutto originale. Oggi è la volta del Metodo Classico, che vi presentiamo in due versioni fuori area: quella toscana di Fèlsina e quella abruzzese di Eredi Legonziano.

Bollicine del centro Italia? Si può. Basta non rimanere impigliati nel legame vino-territorio, che pare indissolubile, lo sappiamo. Ma noi vogliamo andare alla ricerca di etichette che per quanto fuori da coro, rappresentano esempi riusciti di una nuova interpretazione dei codici del fare vino. In questa seconda puntata vi presentiamo due espressioni inconsuete del Metodo Classico, decisamente fuori zona. Tutte da provare.

Fèlsina. Spumante Brut Millesimato 2009 Metodo Classico
(punteggio Vini d'Italia: 82)

Per tutti gli appassionati “loro” sono quelli del Rancia e del Fontalloro. Non solo, ovviamente, perché Chianti, Chianti Riserva, e l’internazionale (o forse sarebbe più corretto dire: il non indigeno) Maestro Raro, hanno comunque anche loro scritto pezzi (gloriosissimi e premiati) di storia della produzione vitivinicola toscana e nazionale. In più, il loro olio (denocciolato, secondo la lezione di Veronelli cui è espressamente dedicato, e declinato in versione monocultivar per tutte le varietà importanti allevate in azienda) è uno spettacolo (Tre Foglie in Oli d’Italia del Gambero Rosso). E infine ci sarebbe anche un Vin Santo davvero sui generis, in alcune annate (è prodotto peraltro solo in poche, a tiratura molto limitata, e quasi tutto pre-venduto oltre confine) davvero pazzesco. Assolutamente strano ma vero, dunque, ed estremamente contemporaneo, che anche Felsina, l’azienda della famiglia Poggiali e che il lavoro fantastico e illuminato di Giuseppe Mazzocolin ha a suo tempo reso mito, si sia messa a spumantizzare. Meno strano che nel blend scelto per i tre prodotti (tirati in poche migliaia di unità) faccia la parte del leone “san” Sangiovese (40% contro 25% di Pinot Nero e 20% di Chardonnay, più un 15% di “vino di riserva” del 2008), santo protettore cui sono devotissimi territorio e marchio.
Perché questa scelta, oltre che per assortire la gamma con una delle tipologie più trasversali e richieste? Perché – spiegano da Felsina – il Pinot e lo Chardonnay di Farnetella (seconda location produttiva della casa, dopo quella di Castelnuovo Berardenga) con i suoi 550 metri di quota e le sue acidità provvede materia atta e precisa per la bisogna: che non tutta finisce nel Nero di Nubi (il Pinot Nero appunto) e negli altri prodotti “fermi” che escono da lì. Ecco quindi l’opportunità, le prove. E anche la riuscita di questo metodo classico ampio e fruttato, ma bilanciato da bella verticalità, venato da nuance appena tostate di frutta secca, teso quanto basta nel finale, il millesimato 2009 è senz’altro il capo del team con bolle (che include a oggi un Brut base poggiato sull’annata 2011 e un Rosé marcato dalla vendemmia 2010), ed è dunque il vino scelto per questa rassegna di “diversi”. Il dosaggio è avvertibile, ma ben digerito e sapientemente misurato. La presa di spuma sicura, ma fine e non invadente. Solido e gastronomico, il vino costa circa 20 euro. E li vale tutti.

Eredi Legonziano. Abruzzo 36 Metodo Classico
(punteggio Vini d'Italia: 80)
Leggi il nome, ci sommi l’estensione della superficie vitata dichiarata, e di primo acchito pensi a un ritorno di fiamma sulla scena vinicola di discendenti del vecchio latifondo in versione frentana. E invece… Gli Eredi sono la bellezza di 250, un denominatore diviso per il quale il pur vasto insieme dei 400 ettari aziendali torna ad essere pienamente nella norma statistica della (mini) proprietà tipica, ancora e malgrado tutto, del nostro comparto viticolo. Il fatto è che Legonziano è una cooperativa. Gestita (in quel di Lanciano, Chieti) con un piglio e un binario che è, insieme, orgogliosamente (e avvedutamente) regionalista, e però lanciato a tutto sprint verso le forme più attuali di apertura al mercato. Ecco allora la scelta fuori seminato del “36”: le uve “che non c’erano più” e ora ripescate, e cioè la ex negletta Cococciola anzitutto, e poi Passerina e Pecorino di rinforzo, a comporre il blend da Metodo Classico altrove consacrato dallo stilema champagnotto Pinot-Chardonnay; si lavora, inoltre, dichiarando da un lato l’uso di lieviti indigeni per fermentazione e affinamento, che dura appunto i 36 mesi enfatizzati dal nome (e dalla data di sboccatura riportata in controetichetta), ma dall’altro certificando quello del “wine scan”, strumento di piena avanguardia, e ancora a disposizione di pochissime aziende, per scandagliare a fondo lo stato di salute delle uve. Il risultato? “Un prodotto innovativo, ma di filiera interamente abruzzese” spiega il presidente di Legonziano, Valentino Di Campli una risposta decisa e concreta al protagonismo delle varietà internazionali più conosciute che imperversano sul mercato”. Bolla solida, ma non invadente (e tutto lascia intuire che si possa limarne ancora un filo la percezione, magari con un po’ di vetro e di pazienza); nota fruttata evidente (frutta gialla e frutta bianca) con quelle di prato e fiori leggermente in sottofondo: bocca ampia, magari non profondissima, ma di buona piacevolezza. Un tocco morbido introduce al finale, dove le sensazioni fruttate (e anche un filo di miele) tornano in primo piano. Buono già, per i suoi 18 euro. E, in futuro, appena metterà in palmarès anche un grano di austerità in più, “36” potrà crescere ancora. Un prodotto profondamente “glocal”, si potrebbe aggiungere: come ribadisce in coerenza stilistica l’etichetta: dal design transnazionale e stramoderno, ma con la parola Abruzzo (targa della Doc) sparata davvero a tutto schermo…

Fèlsina | via del Chianti, 101 | Castelnuovo Berardenga (SI) | tel. 0577.355117 | www.felsina.it
Eredi Legonziano | c.da Nasuti | Lanciano (CH) | tel. 0872.45210 | www.eredilegonziano.it

a cura di Antonio Paolini

Per leggere Vino & territorio: un connubio indissolubile? Vol. 1 clicca qui

Articolo uscito sul numero di Giugno 2014 del Gambero Rosso. Per abbonarti clicca qui

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram