Oliva Taggiasca: per ottenere la Dop l’Unione Europea impone il cambio del nome

21 Set 2016, 08:30 | a cura di

Dopo un lungo braccio di ferro fra Bruxelles e il Consorzio che ha richiesto la Dop, arriva il diktat dell’Unione Europea: per ottenerla l’oliva taggiasca dovrà chiamarsi giuggiolina.


Oliva taggiasca. L'identikit

Conosciuta in tutto il mondo come eccellenza della cultura agroalimentare ligure, dà vita a un olio extravergine delicato e fruttato, di grande purezza e bassa acidità, ma è anche un ottima oliva da tavola: è la taggiasca, coltivata nella zona del Ponente ligure e in particolare in Provincia di Imperia. Ma per ottenere l'ambita denominazione d’origine, potrebbe essere costretta a cambiare nome, diventando “giuggiolina”: a decretarlo, dopo una lunga battaglia diplomatica con il Consorzio, è l’Unione Europea.

Il nuovo nome è frutto di un compromesso, ma è destinato a sollevare molte polemiche: i produttori liguri, infatti, sono contrari al cambio perché potrebbe danneggiare affari e immagine della famosa oliva ligure, conosciuta in tutto il mondo con il nome di taggiasca.

olive taggiasche

I motivi della richiesta dell’Unione Europea

La richiesta della DOP non arriva in un momento casuale: negli ultimi anni l’oliva taggiasca ha visto una rapida diffusione, e la sua fama è riuscita a  varcare i confini nazionali. Tanto che sono diverse le imitazioni francesi della celebre oliva ligure: da qui la richiesta di un marchio che tuteli le produzioni made in Italy, delimitando le zone e chiarendo i metodi di coltivazione ammessi.

Bruxelles ha però imposto ai produttori di rinunciare al nome: come riporta La Stampa, la denominazione Oliva taggiasca porta con sé il nome di una varietà vegetale, cosa vietata dalla normativa comunitaria. L’unico modo per risolvere il conflitto normativo sarebbe dunque quello di fare una distinzione fra il nome della varietà vegetale (taggiasca) e quello della futura denominazione d’origine. Dopo una lunga trattativa con il consorzio, si è arrivati a una soluzione: sostituire il termine originario della varietà con un suo sinonimo (“giuggiolina”) nel Registro delle Varietà e nello Schedario olivicolo. Solo a questo punto si potrebbe legare il nome taggiasca alla Dop. Un po’ come avvenne per il Prosecco e le uve glera qualche anno fa.

Una volta ottenuta la Dop, comunque, nessuno potrà utilizzare il termine taggiasca al di fuori del territorio di Imperia. E in ogni caso, per poter utilizzare il termine anche i produttori locali dovranno essere iscritti alla Dop, sia per la produzione di olive in salamoia che per quella dell’olio extravergine.

Le origini del nome

L’oliva taggiasca prende il nome da Taggia, comune della provincia di Imperia, dove fu portata dai monaci di San Colombano provenienti dall’Abbazia di Lerino, nel sud della Francia (Provenza). Dopo una serie di innesti avvenuti un po’ su tutto il territorio nazionale, l’oliva taggiasca della provincia di Imperia risultò essere la migliore dal punto di vista qualitativo: fra le più interessanti olive da tavola, grazie al suo sapore intenso ma delicato allo stesso tempo, è rinomata per la produzione di olio extravergine.

olive taggiasche e olio

Le ragioni del sì e quelle del no

Attualmente i produttori sono divisi sul problema del nome. Chi propende per il sì lo fa per una questione di tutela del made in Italy: l’interesse che l’oliva taggiasca sta suscitando Oltralpe è troppo pericoloso per non correre subito ai ripari, a costo di dover cambiare il nome della varietà. Altrettanto valide le ragioni del no: oltre ai danni in termini di immagine che potrebbero essere facilmente compensabili, la preoccupazione maggiore è che l’iter diventi lungo e farraginoso, lasciando fuori una fetta di produzione non da poco.

Il problema dei tempi di concessione della denominazione è una delle principali preoccupazioni dei produttori, che siano favorevoli o contrari alla proposta di Bruxelles: sono diversi i vivaisti - Pistoia e Pescia per citarne due - che stanno vendendo olivi in tutto il mondo, danneggiando di fatto la produzione made in Italy. Alla fine del processo sarebbero naturalmente esclusi dalla Dop, ma nel frattempo il danno economico potrebbe essere rilevante.

a cura di Francesca Fiore

 
 
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