Panettiere milanese non trova dipendenti. Perché tante offerte di lavoro senza risposta?

1 Nov 2017, 10:00 | a cura di

Ennesimo caso di annunci di lavoro senza risposta. Accade a Milano, dove un panettiere ha scatenato un polverone sulla stampa e della rete raccontando la propria esperienza. La nostra analisi dell'accaduto.


L'annuncio

Cercasi baristi, panettieri, pasticceri, commesse, cassiere e addetti alle pulizie. Questo l'annuncio che sta facendo discutere il web negli ultimi giorni. La richiesta affissa alla panetteria Pattini di Corso Garibaldi a Milano, la domanda d'aiuto di Angelo Pattini, titolare in cerca di collaboratori per gestire al meglio le 5 insegne sparse per il capoluogo. Una preghiera inascoltata, che non ha trovato risposta, una ricerca vana che sembra destinata a non concludersi mai. “Ho messo i cartelli subito dopo Ferragosto”, spiega il proprietario, “sono riuscito a prendere solo quattro persone, due delle quali sono andate via”. Il commento rilasciato da Angelo alla stampa è quello di un uomo risoluto, un professionista ormai consapevolmente rassegnato alla fatica di dover coordinare un'attività in solitaria. “Ci serve personale da assumere a tempo pieno, con contratto regolare, ma spesso è proprio questo il problema”, aggiunge. 1400 euro al mese, la cifra offerta e non accettata. “Di curriculum ne sono arrivati tanti, abbiamo fatto colloqui e attivato diversi periodi di prova, ma non siamo riusciti a prendere quasi nessuno”.

Le polemiche

1400 euro netti. Troppo pochi per lavorare 8 ore al giorno? Non sufficienti per il sacrificio che un mestiere manuale come quello del panettiere, con orari impossibili, sveglie all'alba e infornate notturne, richiede? Contratto regolare. A norma di legge, con coperture assicurative, indennità di maternità e tutte le prerogative che interessano un dipendente inquadrato in maniera conforme all'interno di un'attività. Un vantaggio per tutte le persone in cerca di un lavoro. O no? “Il problema vero è proprio che noi proponiamo un contratto regolare. Molte persone preferiscono essere pagate in nero oppure fuggono perché stanno meglio con i sussidi”, ha dichiarato Angelo. Asserzioni forti, significative, rese pubbliche anche tramite i social media, che non hanno lasciato indifferente il popolo del web. Si accendono gli animi in rete, fra operatori del settore indignati dalla mancanza di voglia di lavorare, e chi invece grida allo scandalo per le affermazioni di Pattini, ritenute eccessive. C'è poi chi biasima il panettiere di essere estremamente esigente, di non sapersi accontentare dei curricula che gli sono stati inviati.

La disoccupazione è una scelta (?)

Il punto, però, è un altro, e riguarda la continua lamentela da parte di una grande fetta di italiani, perlopiù giovani (ma non solo) circa la penuria di lavoro nel paese. E se quella della disoccupazione fosse, talvolta, una scelta presa consapevolmente? Se è vero che il titolare di un'attività deve avere l'elasticità mentale necessaria per assumere persone con meno esperienza, ancora da formare, è altrettanto vero che chi è disperatamente alla ricerca di un posto di lavoro, deve essere in grado, alle volte, di modificare i propri obiettivi, e cominciare il percorso professionale anche con un mestiere più faticoso o semplicemente diverso da quello che si era immaginato. Perché le richieste di lavoro in campo alimentare continuano ad aumentare (spesso solo stagionalmente): Balocco, per esempio, ha già annunciato che la campagna natalizia avrà un picco di organico che passerà dai 400 lavoratori e stagionali ai 470 dipendenti inclusi interinali e cooperative. E così anche la Bodrato Cioccolato, che nel periodo di punta inserisce una quindicina di figure stagionali. Che ne è dei più giovani? “Stanno con noi qualche mese, poi chiedono lettere di referenze e vanno a lavorare all’estero. L’anno scorso è successo quattro volte”, spiega Pattini. Fanno esperienze, chiedono una buona parola, e poi partono per paesi stranieri, dove l'arte bianca e le attività artigianali in genere hanno maggiore probabilità di successo: “Lo vediamo dai turisti che vengono qui in negozio, apprezzano i prodotti tradizionali”. E poi, anche se Pattini non lo dice, c’è tutto il popolo dei ‘licenziati per scelta’. Insomma quelli che fanno il ragionamento al contrario: “accetto un posto di lavoro, svolto l’incarico il numero di mesi minimi, chiedo al titolare di licenziarmi e così ho l’indennità di disoccupazione che mi viene versata pur standomene a casa o lavorando al nero altrove”. È ormai prassi anche questa e chi scrive le norme dovrebbe tenerne conto e trovare contromisure.

La ricerca del personale

Un ragionamento parzialmente esatto, quello di Pattini, che presenta però delle lacune rilevanti. Perché di casi simili ne sono pieni il web e il mondo dei media, ed è vero, l'Italia continua (troppo) spesso a dimostrarsi il Paese delle contraddizioni. Una nazione in cui si registra un livello di disoccupazione giovanile elevato, nonostante gli ultimi dati Istat segnalino una ripresina economica non più estemporanea, ma anzi destinata a crescere, dove però c'è chi rifiuta o ignora sistematicamente le proposte di lavoro. Un comportamento criticato a gran voce da Angelo e, come lui, tanti altri datori alla ricerca di personale qualificato specialmente nel settore del food. Ma per capire più a fondo i motivi di questi episodi sempre più frequenti, occorre esaminare con cura le richieste di entrambe le parti.

Innanzitutto, dopo l'assalto dei giornalisti locali e nazionali, il cartello affisso sull'insegna è stato tolto. Nel frattempo, le candidature da parte del pubblico sulla pagina Facebook del forno sono aumentate, così come le richieste di maggiori informazioni o, più semplicemente, di un indirizzo mail a cui fare riferimento. Domande che, proprio come l'annuncio, non hanno ricevuto risposta. Nascono le polemiche e i dubbi circa la veridicità dell'avviso, ma pur continuando a credere alla buona fede del titolare, sorgono altre criticità. La disponibilità del proprietario di un'azienda a formare i propri collaboratori, per esempio. La voglia di costruire un percorso insieme, assumendo del personale meno qualificato, con un bagaglio di esperienze più umile, ma voglioso di cominciare, apprendere, crescere. Per assottigliare le differenze fra titolari e dipendenti, all'insegna del confronto aperto e diretto, di uno scambio continuo e positivo, che possa apportare miglioramenti concreti a tutta l'attività.

a cura di Michela Becchi

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