Parità di genere. Intervista a Maria Porro

14 Feb 2022, 13:28 | a cura di
Per la rubrica promossa dalla Fondazione Gambero Rosso e dedicata alle donne, intervistiamo Maria Porro , Presidente del Salone del Mobile.Milano.

La Fondazione Gambero Rosso, creata con lo scopo di dare attenzione e risalto ai temi di ordine sociale e della ricerca, porta avanti questa rubrica dedicata alle donne. Oggi intervistiamo Maria Porro, Presidente di Assarredo e del Salone del Mobile.Milano.

Maria Porro

Intervista a Maria Porro

Nella sua esperienza lavorativa quali sono stati – se ce ne sono stati – gli ostacoli che lei ha dovuto affrontare in quanto donna?

In realtà, nel mio percorso fino a oggi, non ho incontrato particolari ostacoli per il fatto di essere donna. So di essere fortunata: posso contare su una rete familiare e su un rapporto di coppia in cui regna una totale parità di genere. Certo, a volta capita che ci sia una certa difficoltà a prendermi come referente, soprattutto in riunioni con colleghi o professionisti uomini, ma noto come l’ostacolo sia più l’età anagrafica che non il genere. E, in questi casi, riesco a riportare l’attenzione sul mio ruolo e sulla mia professionalità. La mia certamente è una posizione privilegiata: dialogando con amiche e conoscenti so che non hanno o non hanno avuto lo stesso percorso privo di grandi ostacoli.

Nel suo attuale ruolo quali leve gestionali sta utilizzando per facilitare il mondo femminile?

Uno degli aspetti su cui stiamo lavorando in Federlegno Arredo è la parità di trattamento economico rispetto al genere. Vogliamo proporre di inserire nel decalogo operativo della sostenibilità, appena varato dall’Associazione, che tutte le aziende affiliate prendano l’impegno di adeguare, nei prossimi cinque anni, la propria politica retributiva e salariale rendendola indifferente a questioni di genere. Secondo aspetto molto importante su cui stiamo lavorando con i nostri associati è il favorire e valorizzare tutte quelle che sono le iniziative di welfare aziendale, facendo anche formazione su questi aspetti.

Quali proposte o modifiche proporrebbe alle autorità di governo per accelerare il raggiungimento della parità?

Chiederei che ci si impegnasse nella creazione e nello sviluppo di una rete strutturata di servizi alla famiglia che permettano a una donna di scegliere con serenità il percorso della carriera professionale accanto a quello familiare, di madre; un insieme di strutture e servizi che garantiscano un reale ed effettivo worklife balance. Nelle aziende, inoltre, è importante che venga garantita una flessibilità di orario proprio per andare incontro e rispettare le esigenze familiari. A latere, penso, poi, che sia imprescindibile che tutte le strutture pubbliche e ricettive siano strutturate per poter ricevere una madre e il suo bambino (un esempio banale può essere il fasciatoio nei bagni, o il seggiolone o la possibilità di un luogo “riservato” per allattare).

Quali modalità e quali formule suggerisce per sensibilizzare e rendere consapevole il mondo maschile di questo gap? Un gap che, peraltro, ha conseguenze anche sul Pil.

In primis, è necessario parlare liberamente e chiaramente del fatto che questo gap esiste, è reale. E rendere evidente a tutti come la disparità salariale, il divario di trattamento economico uomo-donna sia un fatto in tutte (o, perlomeno, nella maggior parte) delle aziende. È, poi, fondamentale favorire una cultura della famiglia che metta sullo stesso livello i due sessi (vedasi la disparità di congedo per maternità/paternità), responsabilizzando anche l’uomo nella cura della famiglia. Inoltre, sono convinta che la maternità, o meglio, la genitorialità, debba essere considerata in azienda come un credito, un’esperienza formativa e valorizzante con ricadute positive nel proprio luogo di lavoro e nella società, e non un “debito” come spesso oggi accade.

Ci racconti un aneddoto (positivo o negativo) di una delle sue esperienze sul tema.

Un aneddoto negativo che poi si è risolto: ero in un ristorante ed è arrivato il momento di allattare la mia bimba; ho quindi chiesto un luogo un po’ riservato e mi sono sentita rispondere che avrei potuto farlo in bagno. A ciò ho replicato che a nessuno piace mangiare in un bagno. Il proprietario si è scusato e mi ha poi fatto accomodare in una sala più riservata. Ribadisco che l’allattamento è nutrizione e come tale deve essere vissuto.

illustrazione di Ilenia Tiberti

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