Piadèra apre a Dubai. Matteo Bianchi prova ad esportare la piadina negli Emirati

27 Feb 2017, 08:39 | a cura di

Esportare la piadina romagnola a Dubai. È quello che sta facendo Matteo Bianchi, giovane ingegnere di Poggio Rusco, che il 2 marzo aprirà nella Capitale degli Emirati Arabi il primo dei ristoranti Piadèra. E per l’inaugurazione un ospite d’eccezione: Chef Rubio e il suo “pasto sospeso”.


Il progetto Piadèra a Dubai

Matteo Bianchi è un imprenditore mantovano che ha lavorato in molti settori - dal private equity al retail - con diverse esperienze all’estero. Insoddisfatto della sua condizione, quasi due anni fa decide di mettere in piedi il progetto di un ristorante romagnolo a Dubai, città in cui vive e lavora da qualche anno. In poco tempo il febbrile lavoro di Bianchi lo porta a riunire una serie di imprenditori italiani in una cordata che sostiene l'idea e, cosa non di poco conto, a fare un accordo con nonna Norina, marchio che gestisce sei chioschi tra Cervia e Milano Marittima, titolare della tradizionale ricetta della piadina romagnola. Così a breve (la data precisa è ancora da conferare), il primo dei ristoranti ribattezzati Piadèra (nome che si riferisce alla “razdora”, la signora romagnola che fa le piadine artigianali) aprirà a Dubai. E, molto probabilmente, sarà un “padrino” speciale a inaugurare il locale di Bianchi: dopo l’esperienza fatta a Roma in collaborazione con Casetta Rossa e Erri De Luca, chef Rubio, ha deciso di replicare il “pasto sospeso” anche negli Emirati, compatibilmente con gli impegni in Tv.

 

Chef Rubio e il pasto sospeso alla Piadèria

In progetto c'è una racconta fondi durante l’inaugurazione, con l’incasso che sarà raccolto e reinvestito per consegnare i pasti ai lavoratori dei Labour Camp, i campi di lavoro internazionali: persone che vengono, nella gran parte dei casi, dai Paesi asiatici e arrivano a Dubai con la speranza di trovare un impiego remunerativo. Non solo: nei giorni seguenti chiunque potrà passare dal ristorante 100% italiano e lasciare un’offerta, il famoso caffè sospeso napoletano, un contributo volontario per chi non può permetterselo. A fine giornata la raccolta delle donazioni e il cibo in eccedenza verrà recapitato nei Labour Camps direttamente dal personale di Piadèra.“Il made in Italy è uno stato mentale” ha spiegato chef Rubio,“sono particolarmente felice di poterlo esportare proponendo, assieme al gusto della tradizione gastronomica italiana, un modello di solidarietà capace di bilanciare l’onda intransigente che sta attraversando questo periodo storico”.

 

Il menu del locale

Non solo: Rubio, insieme allo chef resident di Piadèra Francesco Cavarretta mostrerà a pubblico e clienti le fasi della preparazione dei piatti in un cooking show. Il menu infatti è un mix trasversale fra piatti 100% italiani e dettami Halal, un insieme di regole che permette ai credenti musulmani di consumare pasti rispettando le norme prescritte dalla propria religione.

Bando alla carne di maiale, sostituita da fesa di tacchino, speck di manzo e bresaola negli antipasti, mentre la piadina sarà fatta con una variante a base di olio di oliva, eliminando dunque lo strutto. Il resto degli ingredienti sono selezionati fra materie prime di qualità provenienti dall’Italia e altri prodotti in loco dallo staff di Piadèra, come ad esempio la mozzarella. L’impostazione multiculturale del ristorante non riguarda solo i menu o il personale selezionato - fatto da italiani, egiziani, asiatici, africani - ma anche la cordata di investitori che vede top manager, personalità del mondo dello sport e professionisti del business internazionale sia di origine italiana che araba. “La prospettiva è multiculturale ma, allo stesso tempo l’italianità di Piadèra è pervasiva” ha spiegato l’imprenditore modenese, “anche arredi, packaging e sito web sono rigorosamente made In Italy. L’idea è semplice: il nostro flatbread non è altro che il tappeto volante per far volare il meglio del Sistema Italia, dall’imprenditorialità alla solidarietà, dai prodotti culinari a quelli del design, in giro per il mondo abbracciando diverse culture”.

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

 

 

 

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