Regolamentare la filiera dei tartufi. Al via al piano di lavoro

17 Gen 2016, 15:13 | a cura di

È di questi giorni la notizia del piano di sviluppo per il settore del tartufo. Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali si è riunito per affrontare i diversi temi relativi alla questione. Ecco cosa è emerso e cosa ne pensano gli addetti ai lavori.


Il Ministero

È il tartufo l'argomento di dibattito di questi giorni al Mipaaf, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Il Ministro Martina e il Viceministro Olivero hanno coordinato la riunione per regolamentare lo sviluppo della filiera di questo prodotto, avviando un piano di lavoro a lungo termine. Coltivazione, trasformazione, consumo, tracciabilità e molti altri i temi affrontati e da approfondire.

Occorre tutelare chi coltiva, chi commercia e chi consuma”, ha dichiarato Olivero, garantendo “la tracciabilità, requisito fondamentale per il consumatore, ma anche strumento di tutela del prodotto nazionale rispetto ai tartufi di provenienza estera”. Occorre, dunque, estendere e perfezionare il sistema di tassazione, così come le iniziative di promozione e valorizzazione del prodotto, anche e soprattutto all'estero.

Fita: Federazione Italiana Tartuficoltori Associati

Di questo settore non si parla mai, e c'è molta confusione. Innanzitutto, il tartufo non è considerato un prodotto agricolo”, afferma Paolo Topi, presidente della Federazione Italiana Tartuficoltori Associati. E questo comporta una tassazione elevata: “l'IVA è alle stelle e la maggior parte dei tartufai non effettuano fatture”. Sono questi i punti fondamentali su cui il Mipaaf si trova a combattere. Altra conseguenza dell'IVA così elevata, secondo il presidente, è l'impossibilità di dichiarare la quantità annuale raccolta: “Siamo i più grandi produttori di tartufi a livello europeo, ma la Francia rimane sempre in vetta perché noi non possiamo dimostrare i nostri numeri, non avendo le fatture”. Altro intervento necessario è la realizzazione di un calendario di raccolta unico, con le stesse date di apertura e chiusura della stagione per tutte le regioni, “così che i tartufai di tutta Italia possano raccogliere nello stesso periodo. Questo aiuterebbe a migliorare la tracciabilità e a creare coesione fra i diversi cavatori”.

Oltre alle azioni di carattere burocratico, occorre valorizzare il tartufo italiano, comunicando l'eccellenza del prodotto e informando il consumatore che “esistono tante diverse varietà di tartufo, ognuna con una sua dignità”. Inoltre, è utile conoscere la differenza tra due tipologie di tartufaie: le coltivate, “dove è l'uomo a impiantare il tartufo su terreni in cui non cresceva spontaneamente” e le controllate, “territori già produttivi in cui l'intervento dell'uomo serve solo a migliorare la qualità di un prodotto già esistente”. E proprio alle controllate bisogna prestare maggiore attenzione, “perché tutto dipende dalla mano dell'uomo”.

a cura di Michela Becchi

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