Réva a Monforte d’Alba. L’azienda vitivinicola dell’imprenditore ceco festeggia i 10 anni

13 Giu 2022, 15:28 | a cura di
Réva in ceco significa “grappolo d’uva” ed è anche l'azienda vitivinicola a Monforte D'alba dell’imprenditore ceco Miroslav Lekes. Oggi l'azienda, che è anche wine resort con ristorante supervisionato da Yannick Alléno, compie dieci anni.

Forse era scritto nel destino il legame dell’imprenditore ceco (moravo, per essere precisi), Miroslav Lekes con il Piemonte. Lui è di Brno, che è la città dello Spielberg dove il saluzzese - torinese Silvio Pellico passò gli anni di detenzione che gli ispirarono “Le mie prigioni”. E forse era anche scontato il suo amore per la grandeur francese, oggi rappresentata dall’alta cucina, perché a pochi chilometri da Brno c’è Austerlitz, campo di battaglia della più grande vittoria napoleonica.

Miro proprietario di Réva a Monforte d’Alba

Miroslav Lekes

Réva compie dieci anni

Fatto sta che nel 2012, giusto dieci anni fa, con l’acquisto dei primi vigneti nel territorio di Monforte d’Alba, Miroslav lancia il progetto Réva, che in ceco significa “grappolo d’uva” e pochi anni dopo apre all’interno del suo resort il ristorante Fre, oggi supervisionato da Yannick Alléno, una delle grandi star della cucina francese. È Lekes stesso, oggi cinquantunenne, a raccontare come sono andate le cose. “La mia famiglia non ha niente a che fare con il vino: mio padre era in agricoltura ma si occupava di patate, mia madre lavorava in un’azienda tecnica. In epoca comunista da noi si beveva solo birra”, racconta. Poi la caduta dei muri e il mondo si apre anche per il giovane Miro (lo chiamano tutti così in azienda). “Una delle prime volte che ho davvero incontrato il buon vino e la grande cucina è stato nel 2011. Ero in vacanza con amici e ho degustato Barbaresco accompagnato da piatti superlativi e mi sono detto che questo mondo doveva essere il mio futuro.” L’entusiasmo dell’appassionato di vini ha preso il sopravvento sui calcoli dell’imprenditore: “Mi sono innamorato di questi territori e dei suoi prodotti, ho ragionato con il cuore e non con il cervello”. Il giorno dopo parte la telefonata per un’agenzia immobiliare e due mesi dopo arriva la firma del contratto.

Réva. La cantina

I continui investimenti

Dieci anni di crescita, perché a partire da quel pugno di filari attorno alla proprietà di Monforte, attraverso continui investimenti a Serralunga d’Alba, Novello, Grinzane Cavour e a Roddino oggi gli ettari sono diventati 35, di cui 23 vitati, a conduzione biologica. Particolarmente significativo l’ultimo acquisto a Roddino, 15 ettari di vigneti (nebbiolo, barbera, sauvignon blanc, pinot nero, dolcetto), più altri a bosco e noccioleti in Alta Langa. Terreni che consentiranno di uscire, il prossimo anno, con un vino effervescente da sole uve Pinot Nero. “Ci prendiamo cura del territorio - spiega Lekes - e il progetto di Roddino è l’esempio di un ambiente rurale polifunzionale che sia culla della biodiversità al servizio della qualità enologica. In Francia, già da diversi anni ci sono sperimentazioni interessanti in questa direzione, perché non farlo anche qui da noi? Il vino deve trasmettere emozioni, ma dobbiamo restituire qualcosa alla terra, ci deve essere un equilibrio, non possiamo solo prendere”.

La filosofia olistica e i vini

È questa filosofia olistica che vede Réva come un organismo agricolo, un “essere vivente”, costituito da organi indipendenti, con il cuore costituito dalle persone che lavorano in team e il focus sulla sostenibilità che Lekes cerca di trasmettere alla sua squadra. Oggi, con il coordinamento del direttore generale Daniele Scaglia, lavorano il direttore commerciale Daniele Gaia e, in cantina, l’enologo Gabriele Adriano. “In soli dieci anni siamo riusciti a fare il lavoro che in genere si riesce a fare nel corso di diverse generazioni” è il commento soddisfatto di Lekes. L’azienda che dal 2020 ha spostato la cantina in Località Gallinotto a La Morra ha saputo conquistarsi una sua identità espressiva in un territorio di grandi tradizioni e grandi nomi, dove non è facile emergere per un nuovo player.

Un esempio sono le annate di Barolo Ravera (2012, 2013, 2015, 2016, 2017, 2018, quest’ultima in uscita il prossimo anno) degustate in occasione delle celebrazioni del decennale. “Il Ravera è stato il primo cru che abbiamo acquistato e ha sempre rappresentato la nostra asticella di riferimento, la nostra sfida al territorio”, racconta Daniele Gaia. E, a distanza di dieci anni, si possono tirare le somme sottolineando che Réva, assieme ad altre aziende, ha creduto in questo cru di cui si parlava meno rispetto ad altre menzioni e ha contribuito a farlo crescere e ad apprezzare dal pubblico. Nel panorama produttivo dell’azienda oltre al Barolo Cannubi e al Barolo Lazzarito (novità 2022), colpisce per originalità il Langhe Bianco Doc Grey, bella espressione delle uve sauvignon gris e sauvignon blanc coltivate nei territori di Monforte e Novello.

Le cifre di Réva

La produzione si attesta sulle 90 mila bottiglie annue, con l’obiettivo di arrivare a 130 mila nel giro dei prossimi 5 anni.

I vigneti

  • Monforte d’Alba: 3 ettari a nebbiolo, barbera, sauvignon grigio e bianco, pinot nero e dolcetto.
  • Novello: MGA Ravera, 3,5 ettari a Nebbiolo (Michet), barbera e sauvignon.
  • Serralunga d’Alba: MGA Lazzarito, 1 ettaro a nebbiolo.
  • Barolo: MGA Cannubi, 0,5 ettari a nebbiolo
  • Grinzane Cavour: 0,35 ettari a nebbiolo
  • Roddino: 15 ettari a nebbiolo, barbera, sauvignon blanc, pinot nero e dolcetto.

Foto di Valeria Necchi

Il ristorante Fre

Il ristorante Fre, nato negli spazi che un tempo erano occupati dall’officina di un fabbro (fre, in piemontese) è parte importante della wine experience che Réva vuole offrire ai suoi ospiti: 12 camere, piscina, campo da golf di nove buche, centro benessere, bistrot e ristorante gastronomico. Francesco Marchese è il resident chef, supportato dalle frequenti visite di Yannick Alléno o del suo braccio destro, Martino Ruggieri, che è stato il concorrente italiano al Bocuse d’Or 2019. “Una cucina che prova a unire il meglio dei prodotti langaroli e piemontesi alle tecniche della cucina francese” nelle parole di Ruggeri e che si concretizza in piatti esemplari come la tartare di fassona, dove l’eccellenza della carne piemontese si sposa con una maionese di foie gras e un’estrazione di champignon, o i tajarin con terrina di fegatini di pollo e gelée di aceto di Barolo.

a cura di Dario Bragaglia

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