Riapre l'Union Square Cafe di Danny Meyer. La nuova vita di un'istituzione della ristorazione a New York

5 Dic 2016, 17:00 | a cura di

Nel 1985 Danny Meyer si affacciava sulla scena della ristorazione newyorkese con la sua prima insegna, che avrebbe segnato l'inizio di un impero multimilionario. Ma nel 2015, dopo 30 anni di successi, l'Union Square Cafe ha chiuso i battenti. E tra pochi giorni riapre in uno nuovo spazio, più grande e con tante novità. Ecco perché l'insegna è un'istituzione in città. 


Un'insegna storica a New York

In un panorama ristorativo schizofrenico come quello di New York, la rinascita dell'Union Square Cafe non è un evento come tutti gli altri. Soprattutto perché di istituzioni gastronomiche come l'insegna fondata nel 1985 dall'imprenditore illuminato Danny Meyer in città non se ne contano poi molte. Dopo aver attraversato trent'anni di storia da protagonista, un anno fa la celebre insegna da cui alla fine degli Ottanta prendeva le mosse l'impero costruito da Meyer nei decenni a seguire (da Shake Shack alla Gramercy Tavern, da The Modern alla pizzeria Marta, tutti riuniti sotto al brand multimilionario Union Square Ospitality Group) chiudeva i battenti, annunciando un ambizioso restyling, per la necessità di traslocare imposta dai prezzi esorbitanti del mercato immobiliare della Grande Mela. Costi troppo alti da sostenere persino per il magnate della ristorazione, che però non si è dato per vinto e trascorsi neanche dodici mesi dalla chiusura, è pronto per riaprire in grande stile, appena due isolati più in là dell'insegna storica. Per giunta in uno spazio che si preannuncia tre volte più grande del precedente. Ma prima di scoprire quali buone nuove porterà l'inaugurazione del nuovo Union Square Cafe (prevista per questa settimana), è bene ricapitolare i motivi di tanto affetto da parte della città, che al ristorante ha dimostrato apprezzamento costante riconoscendogli il ruolo di pioniere del genere, per diversi meriti. A cominciare dalla preferenza accordata agli ingredienti stagionali e del territorio, secondo un'etica della tavola buona e salutare che sarebbe diventata un must degli anni Novanta e Duemila; ma la prima tavola di Meyer si distingueva pure per un servizio di sala gentile, preparato, informale, e innovativo rispetto all'offerta del panorama fine dining dell'epoca. Un basso profilo impostato sulla competenza senza clamori.

Union Square Cafe. La rinascita

Di clamore, invece, ne farà molto l'attesissima inaugurazione al 101 di East 19th St. all'angolo con Park Avenue: non una copia del precedente locale, ma un ristorante che pure in continuità con il storia percorsa sin qui si presenterà sulla scena con una personalità tutta sua e ben definita. La direzione dei lavori, ancora una volta, è stata affidata a Sam Lipp, che si è mosso sulla scorta di un imperativo essenziale: “Come possiamo fare ancora meglio quello che abbiamo fatto finora?”. Per questo alla squadra si è unito il designer David Rockwell che l'atmosfera l'ha ripensata senza intaccare l'idea di calore e familiarità evocata dal primo locale, ma scommettendo sulla modernità delle finiture e su ambienti di più ampio respiro. Tra le novità un nuovo bar (e non più solo uno) adibito a cocktail lounge fino a tarda notte; e in aggiunta, al civico accanto, il caffè Daily Provisions con bakery annessa provvederà a evadere gli ordini take away e fornirà il pane per il ristorante. Dalla cucina invece usciranno i piatti di Carmen Quagliata, sempre improntati alla stagionalità e alla semplicità, tra classici della casa - tartare, gnocchi, insalate rinforzate e il celebre hamburger di tonno - e novità, come l'annunciato stinco d'agnello in salsa verde o il pollo speziato con patate dolci giapponesi. Ma in tavola arriveranno pure primi piatti che strizzano l'occhio alla tradizione italiana dagli strozzapreti con broccoli, mozzarella affumicata e limone ai tortellini in brodo, agli gnocchi di ricotta con salsa di pomodoro e basilico.

 

Union Square Cafe | New York | 101 East 19thstreet/Park Avenue | www.unionsquarecafe.com

 

a cura di Livia Montagnoli

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