Richemont Club Italia compie 25 anni: intervista al presidente Roberto Perotti

8 Ott 2021, 16:58 | a cura di
Nato nel 1996, il Richemont Club Italia è un'organizzazione che riunisce i panificatori con l'obiettivo di far crescere il settore. Quest'anno compie 25 anni e conquista la Presidenza Internazionale. Abbiamo intervistato il presidente Roberto Perotti.

Tempo fa avevamo intervistato il fondatore, nel 1996, del Richemont Club Italiano, Piergiorgio Giorilli, che ci aveva spiegato come e perché era nata questa organizzazione. Ora, per il Club, è tempo di novità. Parola del presidente Roberto Perotti, proclamato anche nuovo presidente di Richemont International.

Il Richemont Club

Il primo Club Internazionale nasce nel 1948, quando un gruppo di panificatori e pasticceri inglesi, dopo un corso di aggiornamento presso la Scuola Richemont di Lucerna, decide di creare un club dedicato al pane e alla panificazione, chiamandolo Club Richemont. L’anno seguente è il turno dei panificatori svizzeri e nel 1952 di quelli australiani. Poi tocca al Belgio, alla Germania, al Lussemburgo, e ancora Giappone, Spagna, Danimarca, Francia. Nel 1996 è finalmente la volta dell’Italia grazie a Herr Stoger, segretario del Richemont Club austriaco, che ha preso a cuore la proposta del maestro Giorilli: per entrare a far parte dei Richemont Club Internazionali è necessario che una delle nazioni appartenente al gruppo faccia da madrina. E per l'Italia è stata appunto l’Austria. Così nell’aprile del ’96, con l’aiuto di un gruppo di panificatori, nasce a Legnano il Richemont Club Italia con Piergiorgio Giorilli come Presidente. Oggi il Richemont Club Italia conta di due sedi, una rimasta a Brescia e l'altra ad Alberobello, e oltre 250 soci che si incontrano minimo una volta l'anno per aggiornarsi e approfondire tematiche di vario tipo.

Come si diventa membri del Richemont Club

Per partecipare ed essere soci attivi è necessario, prima di tutto, avere alle spalle una lunga esperienza nell’ambito della panificazione e della pasticceria, poi è obbligatorio sottoporsi a un esame, che si tiene ogni anno a settembre, il quale certifica il livello di preparazione professionale degli aspiranti membri. I panificatori devono infatti portare due prodotti (o due pani oppure un pane e un lievitato dolce) che verranno giudicati dalla commissione. E una volta superato l’esame i soci sono tenuti a partecipare ai corsi d’aggiornamento. Ma quali sono gli obiettivi di questo Club? Lo abbiamo chiesto al presidente Roberto Perotti.

ROBERTO PEROTTI. Presidente di Richemont Club

Quali sono gli obiettivi di questo club?

Dare valore al pane e andare oltre la demonizzazione di cui è stato vittima per anni. Per questo amo parlare di “pane della salute”, ovvero un prodotto fatto con lievito madre e con lunghe fermentazioni. In linea generale cerchiamo di far crescere nei soci la consapevolezza di quale incredibile bagaglio di cultura, storia, tradizione, oltreché capacità produttiva, sia il settore della panificazione artigianale italiana, composto da circa 25.000 aziende, con 200.000 occupati diretti e un indotto di oltre 500.000 posti di lavoro.

Sono numeri impressionanti.

Sì, diciamo che con le liberalizzazioni di Bersani (il “Pacchetto Bersani’” sulle liberalizzazioni approvato con il decreto legge n. 223 del 4 luglio 2006, ndr) per aprire una panetteria è sufficiente presentare un certificato di segnalazione di inizio attività, con conseguente obbligo di dotarsi di manuale H.A.C.C.P. alle autorità competenti. Da un lato ha fatto sì che non ci fosse obbligo di licenza, dall'altro tutti possono aprire un panificio. Diciamo che la professionalità non viene premiata...

Dove sta andando il settore della panificazione?

Sicuramente si sta andando verso locali camaleontici che cambiano a seconda del momento della giornata. C'è chi affianca al panificio una caffetteria, una salumeria o una gastronomia; si sta andando tutti verso questa direzione sia per questioni di sostenibilità economica ma anche per completare quello che è il pane. È un modo per dare ai clienti un servizio più completo.

Chi sono i soci del Club?

Ci sono panificatori e pasticceri, molti dei quali sono giovanissimi. E devo dire che i giovani sono fonte di novità e idee nuove: oltre alla formazione quel che ci caratterizza maggiormente è l'interscambio tra soci. Non siamo concorrenti ma colleghi.

Conosce la nostra guida Pane & Panettieri d'Italia? Che ne pensa?

È un bel prodotto e ben vengano idee così, chiaramente non sono sempre d'accordo con i vostri giudizi!

Conosce i PAU (Panificatori Agricoli Urbani)? Che ne pensa del loro manifesto?

Anche in questo caso si parte da un'ottima idea. Ora tra i nostri soci ci sono anche dei PAU, spero dunque di avere dei momenti di condivisione anche con loro.

Prima ci ha parlato di “pane della salute” senza però affrontare il tema della farina.

La farina è la materia principale del pane, su questo non ci piove. Se volete sapere la mia sulle farine raffinate – che poi le farine non si raffinano (si raffina il petrolio!) ma si burattano - sappiate che non demonizzo la farina 00, così come non demonizzo il lievito di birra. Ad ogni modo per noi il tema delle farine è importantissimo, da anni noi facciamo formazione anche su queste tematiche, ad esempio ogni anno andiamo a visitare un mulino o chi ha dei campi di grano. Anche alcuni dei nostri soci hanno campi di grano e un mulino proprio.

Che ne pensa di una sentenza del Tar Lazio che ha accolto una istanza della Fippa (Federazione Italiana Pasticceri, Panificatori e Affini) escludendo il pane dall’elenco dei “prodotti connessi all’attività agricola”?

È sempre una questione di licenze e di obblighi da rispettare. Secondo me un panificatore, se vuole panificare, deve rispettare tutti gli obblighi di legge.

Ultime due domande: come riconoscere un panificio che fa qualità? E come riconoscere un pane di qualità?

Già se si va a comprare il pane in panificio è un salto di qualità non indifferente. Per quanto riguarda il pane deve avere una crosta importante, deve essere lievitato bene, quindi non deve presentare strappi nella mollica, e la mollica deve avere degli alveoli evidenti (non troppo chiusi, né troppo aperti). Poi il miglior metro di giudizio rimane sempre la digeribilità.

Ok ultimissima domanda: acidità sì, acidità no?

Acidità dipende. Acidità non è sinonimo di lavorazione con lievito madre e basta, e non è sempre detto sia un pregio, dipende dai gusti personali, ad esempio al Sud sono più abituati a pani acidi, al Nord no. Basta che sappiate che si può fare un buon pane con lievito madre non acido, basta fare il cosiddetto bagnetto al lievito madre!

www.richemontitaly.it

a cura di Annalisa Zordan

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