Ripensare le mense scolastiche e l’educazione alimentare. Partecipa anche Niko Romito

27 Mag 2021, 11:59 | a cura di
La proposta per ripensare le mense scolastiche italiane è stata presentata alla Camera dei Deputati come frutto del lavoro congiunto di una serie di organizzazioni di settore. Tra loro anche lo chef di Castel di Sangro. Ecco le priorità emerse.

La mensa scolastica come servizio essenziale

La mensa scolastica dev’essere un servizio pubblico essenziale. È l’imperativo morale che si ripete più volte, in poco più di un’ora di dibattito, presso la sala stampa della Camera dei Deputati, su convocazione di FacciamoEco. A condurre la conferenza è il deputato Alessandro Fusacchia, che chiama a raccolta le numerose realtà intervenute nell’ultimo anno per stilare una proposta concreta di riorganizzazione delle mense scolastiche. Un confronto intenso, tra tante organizzazioni del settore, centrato sul ruolo dell’educazione alimentare nelle scuole e sull’importanza di garantire agli studenti cibo di qualità, per aiutarli a essere cittadini più consapevoli e in salute, tutti, senza discriminazioni di sorta né diseguaglianze, che purtroppo oggi ancora caratterizzano la fruizione del servizio in Italia. Ai lavori hanno partecipato Cittadinanza Attiva, EducAzioni, Legambiente, Future Food Institute, Slow Food Italia, Teach For Italy, Angem (che rappresenta gli imprenditori che erogano servizi di ristorazione collettiva) e Niko Romito. L’obiettivo è quello di sottoporre al Governo l’urgenza di cambiamento acuita peraltro dalla pandemia, che ha mostrato macroscopicamente le falle – e l’arretratezza – di un sistema da riformare, a partire, per l’appunto, dalla necessità di considerare la mensa scolastica un servizio pubblico essenziale. Del resto, il PNRR destina circa un miliardo di euro alla costruzione di mille nuove mense sul territorio nazionale entro il 2026. Ma come fare in modo che questo stanziamento si trasformi in reale opportunità di cambiamento? Una cosa è certa per tutti gli attori della proposta: la mensa scolastica deve cambiare, diventare un diritto per tutti, puntare sulla qualità e sulla sostenibilità del servizio.

Il contrasto alla povertà alimentare

Questo innanzitutto, come evidenzia Save the Children, per garantire l’accesso al cibo anche a chi non può permetterselo: nel 2020 l’Istat ha contato 200mila bambini in più in povertà assoluta, una percentuale che supera il 13% del totale, ed è il numero più alto mai raggiunto da quando si è iniziato a monitorare la povertà tra i minorenni, nel 2005. Già prima della pandemia, il 6% dei minori di 15 anni non potevano permettersi un pasto proteico completo al giorno, “e a subire gli effetti peggiori sono i ragazzi che vengono da situazioni di maggior svantaggio, che non i tutti i Comuni, specialmente al Sud, possono contare sul servizio di una mensa scolastica”, spiega ancora Save the Children. C’è poi il discorso essenziale sul ruolo dell’educazione alimentare: oggi, in Italia, l’8,7% dei bambini salta la colazione; quasi il 25% di loro non consuma frutta e verdura e su 50mila bambini della scuola primaria, oltre il 20% è in sovrappeso, patologia che rappresenta il 9% della spesa sanitaria nazionale. In questo contesto la mensa – e chi ci lavora – deve diventare soggetto attivo di cambiamento, anche se oggi solo una scuola su quattro, in Italia, garantisce il servizio, con un divario altissimo tra regioni (siamo al 60% in Piemonte, solo all’8,2 in Sicilia).

La proposta di rinnovamento. Appalti e sostenibilità

Ecco, allora, le proposte presentate al Governo: in primis, sarà fondamentale ripensare il sistema degli appalti (ma in questa sede si preferisce parlare di affidamenti), oggi fondati sull’offerta economicamente più vantaggiosa, che squalifica la qualità dell’offerta. Lo sottolinea Carlo Scarsciotti, presidente di Angem, che evidenzia le storture del sistema: “Il vigente codice degli appalti non è adeguato per affidamenti in cui è importante la qualità. Sulla carta 70 punti sarebbero dedicati alla qualità e 30 al prezzo, ma negli ultimi anni gli affidamenti sono avvenuti tutti sul prezzo più vantaggioso. Questo non va bene, la refezione deve promuovere una corretta alimentazione e contrastare gli sprechi”. Per qualità si intende l’utilizzo di prodotti sostenibili e certificati (anche avvalendosi della blockchain), meglio se forniti da realtà territoriali, così da stimolare un’economia del territorio e un senso di comunità che possano fare capo proprio alla scuola, come nuovo centro culturale e sociale. Ma qualità è anche lotta allo spreco: mense plastic free, valorizzazione dei Cam per gli acquisti verdi, acqua di rubinetto garantita, recupero delle eccedenze e degli avanzi attraverso organizzazioni assistenziali. E questo anche per insegnare ai ragazzi il valore dell’economia circolare, partendo dalla tavola: “La transizione ecologica dev’essere prima di tutto culturale” spiega Sara Roversi di Future Food Institute “Anche le scelte dei ragazzi possono generare un impatto, alimentarci bene vuol dire anche prenderci cura del pianeta. Ma dobbiamo restituire valore alle relazioni e all’esperienza, partendo dalla scuola. La mensa non può più essere vissuta come un incubo”.

La responsabilità sociale del cuoco secondo Niko Romito

Così, nella nuova mensa, sarà importante ripensare gli spazi, per offrire un ambiente che trasmetta serenità; e strutturare cucine moderne con personale qualificato. Su questo punto, interviene Niko Romito, coinvolto nel progetto per l’impegno che ormai da anni profonde nell’innovare i servizi di ristorazione collettiva (ricorderete Intelligenza Nutrizionale, con l’ospedale Cristo Re di Roma): “Io faccio una ristorazione per antonomasia esclusiva, ma il tema dell’inclusività, la necessità di riqualificare la figura del cuoco in base al ruolo di responsabilità sociale che può ricoprire, mi appassionano da tempo. E i due percorsi non sono in antitesi: il mio lavoro di ricerca è stato fondamentale per riscrivere il modello di preparazione del cibo all’interno di una mensa. Perché il nuovo paradigma, per essere efficace, deve concentrarsi anche sulla corretta trasformazione del cibo: anche una grande materia prima, nelle mani di un operatore non qualificato, può essere distrutta. Il cuoco che trasforma cibo pubblico dev’essere una professione fondamentale per il futuro di un Paese, in Italia e nel mondo. Nel campus che sorgerà a Castel di Sangro daremo ai giovani cuochi le competenze e la capacità per restituire dignità al mestiere del cuoco, ovunque si trovi a lavorare. Migliorare il lavoro nelle mense, significa migliorare la condizione sociale ed economica del Paese”.

Dall’altro lato, saranno i docenti e le famiglie – oltre ai ragazzi direttamente coinvolti nel processo – a doversi impegnare per portare avanti il cambiamento: i primi facendosi trovare preparati, accompagnando gli studenti in percorsi di educazione alimentare in aula e fuori; i secondi spingendo per l’attivazione di commissioni mensa con potere decisionale in fase di affidamento del servizio e ruolo di monitoraggio costante. Tutti possono diventare attori del cambiamento all’interno della scuola. Il Ministero dell’Istruzione, al momento, si impegna attraverso le parole del sottosegretario Barbara Floridia: “Il 4 giugno presenteremo un piano per la transizione ecologica nelle scuole, che prevede di ripensare l’educazione alimentare in modo sistemico. E questi spunti saranno accolti positivamente”. Dunque, il documento non resterà inascoltato. Speriamo.

a cura di Livia Montagnoli

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