Santa Pietanza. Racconti di gusto e ricette tra minne di Sant'Agata e San Giuseppe frittellaro. Il libro

15 Mag 2017, 11:15 | a cura di

A raccontare l'ultima uscita della collana Parole in Pentola, edita da Guido Tommasi, è Lydia Capasso, che con Giovanna Esposito (e le illustrazioni di Gianluca Biscalchin) firma il ricettario col gusto del racconto dedicato a miracoli, superstizioni e aneddoti che affollano il calendario religioso d'Italia e del mondo. E influenzano la nostra cucina da secoli. 


Di santi, leggende... E banchetti

Che Sant'Antonio Abate sia tradizionalmente associato al maiale, nell'iconografia religiosa come nel folclore popolare, è proprio uno scherzo del destino. In onore del santo, dedito all'ascetismo e particolarmente morigerato in quanto ad abitudini alimentari ma presto ribattezzato “del purcel”, il 17 gennaio si sprecano sanguinacci e sontuose preparazioni a base di maiale. Due le motivazioni storiche e leggendarie, entrambe ereditate dal Medioevo: all'epoca il grasso dell'animale era l'antidoto più utilizzato per lenire l'herpes zoster, più noto come fuoco di Sant'Antonio; e proprio i monaci antoniani furono tra i primi a ripristinare l'allevamento di maiali, in barba al tabù che l'animale lo voleva simbolo del demonio. Fatto sta che oggi il santo è considerato patrono di salumieri e macellai. Ma Sant'Antonio, nel bresciano, è pure “mercante di neve”, in memoria di una nevicata copiosa che arrivò il giorno del santo di molti secoli fa a minacciare i paesi del Basso Garda. E superstizione vuole che per evitare il crollo dei tetti sotto il peso della neve tutte le massaie, il 17 gennaio, debbano sfornare un chisol, ciambella dolce a base di farina, uova e zucchero: “per sant'Antóne chisöler, chi no fa la turta ghè burla zó 'l solér”, recita la filastrocca popolare. Di pietanze e ricette legate al culto dei santi, a ben indagare tra i diari delle nonne e le vulgata popolare di tanti piccoli borghi d'Italia, la tradizione gastronomica della Penisola abbonda.

 

Le sante pietanze

Spesso legate a vicende mitiche ed eventi favolosi, quando non a episodi testamentari (perché San Giuseppe è detto frittellaro? Sembra che durante la fuga in Egitto si fosse improvvisato friggitore per sfamare la “sacra” famiglia. E allora, seppur in tempo di Quaresima, il 19 marzo largo a zeppole, frittelle e calderoni d'olio bollente), le “sante pietanze” costituiscono un capitolo assai ricco del ricettario italiano. E Santa Pietanza, edito da Guido Tommasi per la collana Parole in Pentola, si propone di raccoglierle in un libro che non vuole prendersi troppo sul serio, ma “sfruttare le ricette per narrare una storia, tante storie, privilegiando il gusto del racconto per mettere insieme pagine piacevoli da leggere”, sottolinea Lydia Capasso, che con Giovanna Esposito è autrice del libro. Il tono generale, dunque, è quello leggero di un libro laico che si addentra tra sacro e profano, tra miracoli e aneddoti della devozione popolare, patroni e consuetudini caritatevoli, feste di piazza e usanze antiche talvolta sepolte dal tempo, o soppiantate da varianti più diffuse: “Io e Giovanna siamo entrambe napoletane, puoi immaginare la sorpresa quando abbiamo scoperto la ricetta di un dolce, una sorta di biscotto al limone morbido legato a San Gennaro, di cui proprio ignoravamo l'esistenza. Il 19 settembre erano le suore ospedaliere dell'Ospedale del santo a prepararlo per gli ammalati e gli sdentati. Non siamo proprio riuscite a ritrovare la ricetta, l'abbiamo ricostruita con una pasticceria di Sanità secondi le descrizioni dell'epoca”.

Le illustrazioni di Gianluca Biscalchin

 

Il ricettario “santo”. Tra sacro e profano

Sì, perché prima di dare alle stampe Santa Pietanza, Lydia e Giovanna hanno provato ogni ricetta (126 quelle che troverete nel libro, facilmente replicabili), per fortuna loro spesso confortate dall'esistenza di un testo di riferimento, “scovato in archivio, richiesto agli enti locali, ricercato sul web e tramite passaparola, fin nei centri abitati più piccoli d'Italia: i ravioli sardi, una delle molteplici varianti, ce li hanno raccontati in un paese di appena 85 anime”. L'approccio al tema, tra pagine in cui cucina e narrazione si intrecciano per diventare l'una nutrimento dell'altra, è quello già apprezzato ai tempi de Gli Aristopiatti (2015), che due anni fa indagava tra le cucine di corti e palazzi italiani: “L'idea allora era nata con Gianluca, per riscoprire l'origine di tanti piatti che ancora oggi portiamo in tavola, spesso senza farci troppe domande sulla loro storia”. Gianluca Biscalchin, prolifico illustratore gastronomico, allora come oggi ha realizzato tutte le illustrazioni che accompagnano i testi, impegnato stavolta a produrre un'inedita iconografia religiosa, che dalle rappresentazioni tradizionali prende spunto per arrivare a una sintesi ironica, dal tratto immediatamente riconoscibile. E se Gli Aristopiatti erano stati un fortunato caso editoriale, l'auspicio è quello di bissarne il successo: “Tutto è cominciato dalla ricetta di un dolce di San Michele diffuso in Bassa Romagna. Poi si è aperto un mondo, e la ricerca si è estesa anche oltre i confini nazionali, con racconti e tradizioni gastronomiche dalla Polonia alla Grecia, alla Germania”. Con plauso convinto per le fonti interpellate all'estero: “L'unico rammarico è la difficoltà di comunicare con gli enti locali e gli uffici turistici italiani, spesso latitanti e poco disponibili. All'estero sono stati tutti molto felici di aiutarci nella ricerca, ben contenti di raccontarci la propria storia gastronomica”.

Minne, pane, gnocchi e polpette

Alla fine dei conti, scremando molto e cercando di districarsi tra le molteplici varianti regionali - “anche questo un bel rischio, quando si parla di ricette della tradizione le campane si moltiplicano all'infinito!” - Santa Pietanza si articola in 16 capitoli, tra quelli dedicati ai santi più venerati (pure in cucina, da Francesco ad Antonio, a Giuseppe e Martino) e le raccolte tematiche, per esempio sulle ricette legate alle parti del corpo: le minne di Sant'Agata, gli occhi di Santa Lucia, i pani di San Calogero nell'agrigentino per la processione del santo che durante la peste chiedeva ai ricchi per dare ai poveri, ricevendo in cambio forme di pane lanciate dalle finestre. E poi un capitolo su moda e accessori, o l'ultimo pensato come calendario della sante pietanze: per ogni mese una ricetta legata a una festa religiosa. Tanti, come prevedibile, i dolci, ma a sorpresa anche gnocchi e polpette, cui è dedicato un capitolo: “Di polpette al Sud e gnocchi al Nord ne abbiamo trovati moltissimi, probabilmente perché si tratta di cibo di recupero, molto diffuso sulle tavole popolari”. Il resto scopritelo nel libro.

O, in compagnia delle autrici, al Salone del Libro di Torino alle porte (dal 18 al 22 maggio) per Gastronomica: appuntamento il 21 maggio alle 18 con A Tavola tra sacro e profano, con la partecipazione di Luca Iaccarino Petunia Ollister.

 

Santa Pietanza | di Lydia Capasso e Giovanna Esposito, illustrazioni Gianluca Biscalchin | Guido Tommasi Editore | 2017 | pp. 208 | 16 euro

 

a cura di Livia Montagnoli

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