Santi Sebastiano e Valentino a Roma. Forno “alla tedesca” con cucina. Con Franco Palermo e Valerio Coltellacci

22 Feb 2016, 14:24 | a cura di

C'è anche un mulino a pietra all'interno del nuovo locale di via Tirso frutto della collaborazione tra più soci (c’è anche Angelo Belli di Urbana47) che si ispira al modello dei forni tedeschi. Farine antiche, sperimentazione e tante tipologie di pane, anche di segale, con Martina Caponetti. E poi i dolci di Coltellacci e la cucina di Sharon Landersz. 


Il forno (con cucina) dei santi a Roma

È un viaggio nel tempo fino alla Roma sparita di arti e corporazioni quello che ci conduce tra le pieghe di una religiosità popolare di cui era intriso ogni aspetto della vita quotidiana. Fin nell'assegnare a ogni mestiere un santo protettore che vegliasse sugli artigiani di questa o quella categoria, come riportano numerosi testi d'epoca, spaziando tra falegnami e barbieri, stufaroli e venditori di fragole, friggitori e pecorai. A chi aveva dedicato la propria vita all'arte bianca, i fornai, erano toccati in sorte ben due patroni, i santi Sebastiano e Valentino. Gli stessi che da un paio di giorni vegliano sul locale di via Tirso 107, quartiere Trieste di Roma, intitolato ai Santi Sebastiano e Valentino, per l'appunto. Una panetteria nuova di zecca che è riduttivo definire tale, e infatti, come si legge sulla porta d'ingresso, d'ora in poi si arriverà fin qui in cerca di “pane e mangiare”. Dietro al banco le attività fervono dalle 7 (di mattina) di sabato scorso, quando il forno ha aperto per la prima volta al pubblico, ma il laboratorio è già operativo da un mese per testare farine e blend personalizzati, impasti e lievitazioni (e così, a poche ore dall'apertura il forno già rifornisce all'ingrosso La Capra Rampante, catena capitolina di supermercati d’alta fascia).

La squadra, l'idea

Dietro al progetto c'è un dream team d'eccezione di menti e braccia, che dopo mesi di gestazione – potendo disporre di uno spazio ampio e ricco di potenzialità, un ex magazzino – hanno perfezionato un format piuttosto innovativo per la Capitale (un parallelo entro i confini nazionali potremmo tracciarlo con i ragazzi di Pavè, a Milano, anche se qui l’evoluzione del vecchio panificio è perfino ulteriore), riponendo la stessa cura a panificazione e cucina. Certo è che in questo momento l'attenzione sulla panificazione di qualità sta crescendo in tutta Italia, come dimostrano le recenti aperture bolognesi - Brisa in testa – e le interessanti novità romane dell'ultimo anno (seppur molto diverse dal locale in questione), da Pane e Tempesta a Le Levain. Vedremo chi altro saprà raccogliere la sfida. In via Tirso, tra i soci spuntano i nomi di Angelo Belli e Angela Buono (che sono dietro a Urbana 47, 47barrato, Zoc e Magiordomus), Luca Tarantino e Rossella Giordano in arrivo dal mondo della pubblicità. Ex pubblicitaria è anche la vera ideatrice del progetto, Laura Palombi, che da quando si è innamorata del mondo della panificazione (“qui vogliamo restituire al pane una dignità tutta sua”, afferma convinta) ha cominciato a vivere una seconda volta. La folgorazione a Costanza, Germania meridionale, qualche anno fa: nella cittadina al confine con la Svizzera, affacciata sul lago omonimo, Laura ha scovato il suo nume tutelare, il signor Reginbert, patron di uno dei forni più apprezzati della Germania del Sud (dove la panificazione è affar serio e si muove su binari completamente propri), Regìnbrot, panificio bio che – come molti altri a queste latitudini – molisce le farine nei propri mulini, all'interno del laboratorio.

 

Dal forno tedesco a Franco Palermo

Nel 2014 Laura si mette in movimento per cercare di realizzare il suo sogno, replicare un panificio “estremo” sul modello di quello tanto amato a Costanza: solo farine antiche, segale, lievito madre e fermentazioni alla tedesca, pani in stile (ma non solo, siamo pur sempre in Italia). In quel momento la sua strada incrocia quella di Franco Palermo - storico panificatore romano e primo maestro di Gabriele Bonci, giusto per dirne una - che si innamora del progetto a sua volta. Laura ha bisogno di un abile panificatrice che possa assecondarla e sostenerla in questa pazzia, e la scelta, su suggerimento di Franco, ricade sulla giovanissima Martina Caponetti (“lei vive per il pane e la sua determinazione è incredibile”, conferma Laura), che all'epoca nel curriculum vanta diverse esperienze romane (il primo Tricolore, poi Eataly e Grandma) e un periodo intenso da Balthazar a Londra. Il progetto entusiasma anche lei, che lascia un posto ben remunerato in una maison celebre per rientrare a Roma e seguire le ultime fasi di gestazione dei Santi. Ma prima Laura la “spedisce” tre mesi a Costanza, per apprendere come panificare alla tedesca proprio dal maestro Reginbert. Il resto è storia ormai sotto gli occhi di tutti nel locale di via Tirso, dove la panificazione è seguita da Martina e dall'altrettanto giovane Manuel Perego.

 

Il laboratorio dei Santi

Il laboratorio è a vista (su strada e dall'interno) e può disporre di strumentazioni piuttosto insolite (se non uniche) per il panorama capitolino: oltre a tre macchinari tedeschi - un monobraccio che può lavorare segale e farine antiche senza stressarle, una fioccatrice che è “il nostro asso nella manica” e una bread crumb – dietro la vetrina dei SSV fa capolino un piccolo mulino (!), questo però italiano della Partisani di Forlì. “Non voglio rubare il lavoro ai mugnai, ma non volevo rinunciare ad avere un mulino mio per lavorare in prima persona con i grani antichi. Partiamo dai grani Forno Vecchino e facciamo farine tipo 1, 2 e integrale”. Poi ci sono le farine antiche che arrivano già macinate da ben sei mulini italiani (e si ammirano in bella vista nella “farinaia” all'interno del locale): Silvestri, Sobrino, Podere Pereto, Terre frumentarie, Fornovecchino, Molini del Ponte. Assolutamente bandita la farina 00, in laboratorio si creano blend personalizzati e si sperimentano tecniche e impasti.

Il risultato, per ora, sono sedici tipologie di pane (se-di-ci!), della tradizione italiana (come le ciriole, ma con lievito madre), tedesca (4 tipi con segale, dal bauletto alla segale con mela, ai semi di girasole), inglese (come i panini nocciole, cramberries, fiocchi d'avena ispirati a Balthazar). E poi panini uvetta e cannella (da Reginbrot), pane integrale con noci, baguette di campagna, grano tenero evolutivo e molto altro. A prezzi relativamente abbordabili per la qualità delle materie prime in gioco. La pizza invece non avrà un ruolo centrale, per ora si sfornano teglie di pizza bianca e focaccia al farro. Ma non è finita qui: il capitolo cibo (e pasticceria!) è altrettanto meritevole.

 

La pasticceria di Valerio Coltellacci e la cucina di Sharon Landersz

Ai dolci c'è una vecchia conoscenza della panificazione&pasticceria romana come Valerio Coltellacci – già Cristalli di Zucchero, Farro Zero, Panificio Bonci – che realizza per i Santi la classica linea di pasticceria da forno, cornetti e lievitati per la colazione, biscotti, sfoglie e ventagli, crostate.

In cucina (a vista) Sharon Landersz – ex Ginger ed Enoteca Ferrara - che lavorerà in stretta sinergia con il reparto panificazione. La carta della parte ristorante infatti ribadirà il suo rapporto con il forno su tutta la linea, seguendo una proposta di ristorazione internazionale: niente pasta, ma tanti piatti in cui il pane gioca il ruolo del protagonista o comprimario, come nella lasagna realizzata con crespelle di farro. E poi zuppa del giorno, burger (ma tra due fette di pane, niente bun all’americana), riso. Per ora il servizio si articola tra colazione (lieviti notevoli, ma anche con pane, burro e marmellata oltre che con la continentale e la nordica), pranzo e aperitivo (ma si può ordinare in qualunque momento della giornata). Dal prossimo mese si apre anche a cena (con una bella ricerca su rum e whisky oltre tutto). L'ambiente è minimal, suggestivo nella sua semplicità di luogo di lavoro che vuole suggerire un'atmosfera casalinga senza essere lezioso. Due vetrine su strada, si accede dal lato laboratorio accolti dal banco del pane e dalla caffetteria, poi, superato l'arco si avvista la cucina e in sala due lunghi tavoli col piano in marmo al centro della stanza. Intorno qualche tavolo in più, per un totale di 45-50 posti a sedere con vista sulla farineria (una parete di sacchi!), ma in primavera dovrebbero arrivare i coperti all'esterno. Ne sentiremo parlare, molto.

 

a cura di Livia Montagnoli

 

Santi Sebastiano e Valentino | Roma | via Tirso 107/109 | tel. 333 9694528

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