Studenti da Miami a Roma. La scoperta della Carbonara alla Città del gusto di Roma

3 Giu 2017, 13:35 | a cura di

Una delegazione di aspiranti chef da Miami, alla scoperta della tradizione gastronomica italiana. Alla Gambero Rosso Academy, con chef Andrea Golino, si sono cimentati con la preparazione di piatti mai provati prima. Ecco cos'è venuto fuori da questo insolito omaggio.  

Il prof che li accompagna non riesce a contenere l’entusiasmo: “Per noi è stata un'esperienza unica, davvero. A Miami non sarebbe stato possibile fare una simile immersione nella cucina italiana”. Jose Casals, assistente al Miami Culinary Institute, esprime tutto l’entusiasmo del gruppo di studenti che ha accompagnato in Italia a fare uno stage di tre giorni presso le scuole della Gambero Rosso Academy di Roma, sotto la guida di Andrea Golino, talent chef di Gambero Rosso Channel e di Mario Piccioni, resident chef dell’Academy.

Davanti a una giuria composta da Tiina Eriksson (responsabile degli Eventi Esteri del Gambero), Camilla Carrega (direttrice dell’Academy), Indra Galbo (vice curatore della guida Oli d’Italia), Marco Castaldi (tutor presso l’Academy) e Stefano Polacchi (caporedattore del mensile Gambero Rosso e curatore di Oli d’Italia) – oltre agli chef coinvolti – i ragazzi hanno presentato i loro piatti: sette preparazioni dedicate e ispirate alla cucina italiana realizzate in coppia.

 

La carbonara di Miami

Al primo piatto, i due ragazzi americani hanno stupito tutti: una carbonara eseguita alla perfezione. Tanto che resisterà a tutti gli altri piatti presentati aggiudicandosi il primo posto. “Siamo andati noi stessi ad acquistare gli ingredienti al mercato”– sorridono i due ragazzi del Miami Culinary –“la cosa più difficile? trovare le giuste consistenze sia per la cottura della pasta che per l’uovo”. Risultato: una carbonara eseguita alla perfezione, con la giusta cremosità e una cottura al dente da manuale.

Per loro” – afferma Golino –“è stato come imparare a giocare a calcio a 30 anni! Si tratta di procedure e consistenze mai tentate prima, mai conosciute. Questi ragazzi, in cucina si sono dimostrati molto preparati e attenti. E anche molto attivi e dinamici: sanno muoversi molto bene e non stanno ad aspettare che qualcuno dica loro cosa fare”.

 

Bruschetta, risotto, mozzarella in carrozza

Poi, tocca alla Bruschetta, realizzata da Joseph e Jose: “È una interpretazione molto americana della cucina italiana”, mette le mani avanti Golino. Ma se l’impatto è strano, in realtà il piatto regge bene alle critiche e alla prova del gusto: in realtà è una interpretazione della pappa al pomodoro attraverso un must italiano, la bruschetta. Una fetta di pane scavata al centro in cui viene inserita una perfetta pappa al pomodoro e la parte del pane tagliata via utilizzata come bruschetta con una dadolata di pomodoro fresco, olio di oliva, mozzarella e un finferlo fresco. Una sorta di pappa al pomodoro destrutturata “dal vivo”. Un piatto, questo, che resisterà fino alla fine al secondo posto. Anche perché se la preparazione può sembrare straniante per un italiano, vista da Miami, in realtà, costituisce una chiave di lettura per un piatto che parla di Mediterraneo e di Italia a 360°.

È la volta del risotto con asparagi e chips di San Daniele, realizzato da Tania e Damelys. Le due ragazze hanno addirittura chiesto, acquistando il prosciutto al mercato di San Giovanni di Dio, che fosse loro consegnata anche la cotica: “Per utilizzarla nel brodo”sorridono le ragazze. E fanno bene. La difficoltà maggiore? “Seguire i cambiamenti di scaletta nel presentare i piatti” – spiegano le due studentesse – “abbiamo iniziato tre volte a preparare il risotto”. Fa loro eco Golino: “È una situazione che si presenta spesso nelle cucine di un ristorante: il panico è il peggior ingrediente! ma le due ragazze se la sono cavata benissimo: riso cotto al dente, perfetto. Forse mancava un po’ la spinta degli asparagi: hanno messo nel brodo le bucce e poi hanno mantecato il risotto con delle rondelle. meglio se avessero spinto di più l’ortaggio e utilizzato un Parmigiano vero invece di un formaggio ovino a pasta molle”.

 

Tortellini, ravioli, lasagne

Osmel e Cameron hanno deciso di fare invece una mozzarella in carrozza dopo averla vista qualche sera prima durante un tour gastro-cittadino insieme allo chef. Risultato: niente male. Così come i tortellini alla panna fatti da Keke e Daniela: volevano riempirli con i gamberi, ma poi Golino ha fatto cambiare loro idea. Allora, approfondendo la tradizione italiana, le due studentesse hanno deciso di realizzarli con un classico ripieno di carne e di condirli «alla bolognese» (sorride Golino), con panna, burro e Parmigiano. Forse qualche piccolo problema con il ripieno e con la pasta, ma il gusto c’è tutto ed è anche molto schietto e definito. Se invece di tortellini fossero stati ravioli, sarebbe andata molto meglio. Così è stato per i ravioli verdi di Fabian e Nick. I due volevano cimentarsi su una pasta ripiena e hanno cominciato a sbirciare su internet, ma trovavano nella gran parte dei casi lasagne e cannelloni. Quando si sono imbattuti nei sardi colurgiones, è stata una folgorazione. E continuando a studiare, sono arrivati a una decisione: realizzare una sfoglia verde con spinaci, riempirla di patate, formaggio e menta, e condirli con… Ecco, qui comincia il problema. I ragazzi pensavano alla salsa di pomodoro. Ma Golino li avverte: non sarà troppo banale? E poi si rischia di annullare il sapore dei ravioli. I ragazzi, continuando a ispirarsi su internet, pensano a una salsa di melanzane. Golino li asseconda, “però bruciate la buccia, in modo che la salsa abbia un aroma leggermente fumé e dia nerbo al piatto”.

È la volta dell’ultima ricetta: la presentano Yacaterina ed Ermenegildo. È una lasagna. E da dove viene? Lo spiega Yacaterina, venezuelana: “La mia famiglia è in parte spagnola, ma la ricetta è tradizionale del Venezuela dove l’immigrazione italiana è stata fortissima: così uno dei piatti caratteristici del Natale sono proprio queste lasagne”, spiega la ragazza. Una buona mediazione tra la tradizione emiliana e quella calabrese. Un piatto che noi italiani facciamo un po’ fatica a codificare, ma che alla fine strappa un meritato terzo posto.

 

 

 

 

 

 

 

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