Thanksgiving 2020. Come la pandemia cambia le abitudini a tavola

25 Nov 2020, 14:58 | a cura di
Il tacchino trionfa sulle tavole americane nel Giorno del Ringraziamento, solitamente opulento e abbondante, per soddisfare tutti i commensali. Quest’anno, però, i festeggiamenti saranno più contenuti, e tutti cercano tacchini più piccoli. Per la filiera degli allevatori è un problema.

Thanksgiving 2020. Come sarà

Il 26 novembre, l’America si confronterà con la prova del primo (e si spera ultimo) Thanksgiving ai tempi della pandemia. Una prova come quella che aspetta gli italiani al varco dei festeggiamenti per il Natale 2020, che da giorni ormai alimenta discussioni al limite dell’ossessione sulle regole del cenone perfetto per scongiurare un nuovo aggravarsi della situazione sanitaria. Il Giorno del Ringraziamento, celebrato l’ultimo giovedì del mese di novembre, negli Stati Uniti è la festa familiare più sentita. Quella delle reunion casalinghe intorno a un tavolo, quest’anno caldamente sconsigliate. Non stupisce, dunque, che il ricettario per le feste pubblicato dal New York Times faccia appello a una celebrazione “intima”, condividendo spunti studiati per rendere omaggio a uno “small Thanksgiving”, senza rinunciare al piacere di cucinare, anche solo per sé e per la persona con cui si vive. Ma quali ripercussioni avrà questo momentaneo e necessario cambio di rotta sul mercato dei consumi solitamente alimentato dal Giorno del Ringraziamento? Se la tavola del Ringraziamento è il trionfo del tacchino, che opulento giganteggia su un piatto da portata agghindato a festa, accolto dal plauso dei commensali, il 2020 impone di ripensare anche l’approccio al prodotto principe delle celebrazioni. Senza necessariamente rinunciarvi. Le grandi catene di supermercati statunitensi, infatti, non accusano cali nelle vendite, come rivela un sondaggio dell’ultim’ora raccolto da TMZ, col consueto stile scanzonato della testata. Eppure, qualcosa è cambiato. Ed è tutta questione di dimensioni.

Il tacchino del Ringraziamento sarà più piccolo

È il Dipartimento dell’Agricoltura statunitense a fotografare l’aumento della domanda di tacchini più piccoli rispetto al consueto: sono molti, insomma, gli americani che quest’anno preferiranno, al classico tacchino che può arrivare a sfiorare anche i 10 chili di peso, un prodotto più contenuto nelle dimensioni (parliamo nello specifico della femmina del tacchino, che può pesare tra i 4 e i 7 chili). Un dato che può essere letto come mera curiosità, capace però di generare un corto circuito per la filiera interessata. Negli ultimi anni, gli allevatori americani di tacchini hanno cercato di soddisfare le richieste del mercato proponendo esemplari sempre più opulenti e pasciuti, che quest’anno rischiano di restare invenduti. Al contempo, la domanda di tacchini più piccoli potrebbe restare disattesa, a fronte dell’impossibilità della filiera di adeguarsi alla necessità imprevista, perché i tacchini destinati a trionfare sulla tavola del Ringraziamento sono solitamente allevati e macellati (e surgelati) a partire dal mese di giugno, quando ancora si avanzavano prospettive più rosee (e illusorie?) sulla possibilità di celebrare un Thanksgiving nella norma.

La risposta della filiera

E la situazione non è diversa nei piccoli allevamenti che coltivano un rapporto diretto con il consumatore, e macellano gli animali solo qualche giorno prima della consegna (negli Stati Uniti si contano 2500 allevamenti di tacchini, tra grandi aziende e piccole realtà). Anche questo mercato di prossimità, infatti, sta risentendo del contesto, e la maggior parte degli ordini si concentrano su tacchini di piccola taglia, di cui spesso gli allevatori dispongono in quantità limitata, avendo pianificato persino con un anno d’anticipo come nutrire e allevare l’animale per ottenere tacchini extra-large, che sono anche i più richiesti dalla ristorazione per il giorno del Ringraziamento (altro canale di vendita che quest’anno verrà meno negli Stati americani dove la ristorazione è bloccata). Così qualcuno si ingegna proponendo ai clienti di acquistare mezzo tacchino, per evitare di sprecare lavoro e prodotto, e rientrare delle spese sostenute per l’allevamento; e c'è chi, come l’azienda Butterball – marchio noto del settore, che vende un terzo dei suoi tacchini nel periodo del Ringraziamento – ha pensato di implementare la produzione di arrosti di tacchino già disossati, in porzioni variabili secondo esigenza. Non è certo l’immaginario a cui tutti gli americani sono legati, ma pur di portare un tacchino in tavola, quest’anno, ci scenderà a compromessi.

a cura di Livia Montagnoli

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