Vino Business: nel libro il J'accuse della giornalista Isabelle Saporta: “Omertà, speculazione e veleni, il vino francese come non lo avete mai visto”

19 Mar 2014, 09:15 | a cura di
Speculazioni folli, utilizzo di pesticidi, cecità delle istituzioni: sembra strano ma a parlare in questo modo del mondo del vino in Francia è proprio una giornalista francese. E il problema non è nei controlli, ma in una legiferazione troppo blanda.

À Bordeaux et en Champagne, il existe une culture de l’omerta”, sono queste le parole molto dure della giornalista francese Isabelle Saporta, il suo j'accuse contro il sistema vino francese, messo nero su bianco nel libro appena uscito in Francia dal titolo Vino Business (casa editrice Albin Michel, euro 19). Un libro destinato a far discutere, e che ha già ricevuto delle querele, visto che punta il dito contro la classificazione di Saint-Emilion 2012, la folle speculazione, l'utilizzo sconsiderato di pesticidi e la cecità volontaria delle autorità francesi. Ne viene fuori uno spietato Dallas in salsa francese con rivalità e odi viscerali, intrighi e pugnalate alle spalle, il tutto nel nome del nuovo oro rosso, ridotto a semplice merce da vendere ai grandi investitori industriali e asiatici. “Io non capisco perché non esista un limite massimo di residui di antiparassitari nei nostri vini” denuncia la giornalista “così come, invece, esistono per frutta e verdura. Posso capire se succedesse una zona dove si lotta per sbarcare il lunario, ma non Pomerol. È un errore politico da parte dei coltivatori non rivendicare una legislazione più severa: i proprietari di grandi vini classificati dovrebbero essere in prima linea di un approccio organico alla vite per dare l'esempio. Ma la verità è che ci sono troppi interessi in gioco”. Gli stessi interessi economici che girano attorno alla classificazione di Saint-Emilion, rivista nel 2012: “Non c'è nessun altro posto al mondo dove è possibile sedersi al tavolo dove si decide della classificazione di Saint- Emilion pur essendo il proprietario di un castello valutato 200 milioni di euro”. La frecciatina, per niente velata, è rivolta a Hubert de Boüard, che lei stessa soprannomina “il Padrino di Bordeaux: Hubert Corleone”. Ovvero il proprietario di Château Angelus, past president del Conseil des Vins de Saint Emilion e membro del comitato nazionale dei vini dell'Inao (Institut National des Appellations Controllée). Secondo la giornalista, quindi, la classificazione, tanto decantata per l'imparzialità, è solo un business imposto da una “mafia”: “La composizione del comitato del riesame, tutte persone al di fuori di Bordeaux, doveva essere garanzia di imparzialità. Ma questo è falso: Hubert de Boüard sapeva tutto ed era presente a tutti gli incontri”. E come se non bastasse, a tutto ciò si aggiunge l'omertà dei produttori. Insomma Saporta non risparmia nessuno. Unico spiraglio di luce che fa intravedere è nei piccoli vignerons che non speculano sui prezzi dei loro vino, si battono per non usare pesticidi e piangono di fronte alla grandine che devasta i loro vigneti. Ancora convinti che il sistema francese sia quello da imitare?

a cura di Loredana Sottile

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