Un Valpolicella Doc dal cuore profondo. Nasce nella provincia di Verona “Il Mangiabottoni”, un rosso frutto della collaborazione tra Marinella Camerani, vignaiola dell’anno nella guida Vini d’Italia 2024, e la Cooperativa Sociale L’Officina dell’Aias (Associazione Italiana Assistenza Spastici), che promuove l’inserimento lavorativo di persone con disabilità.
Il fulcro di questa iniziativa è Podere Castagnè, una proprietà di 14 ettari a 500 metri sul livello del mare, caratterizzati da suoli calcarei, forti pendenze e una biodiversità rigogliosa, tra boschi, animali selvatici e panorami mozzafiato. In questo scenario i ragazzi de L’Officina hanno affiancato la squadra della vignaiola in tutte le fasi della produzione del vino: dalla gestione del verde alla vendemmia manuale, dalla vinificazione all’imbottigliamento e confezionamento.
«Il primo giorno tutta la squadra di Corte Sant’Alda (l’azienda vitivinicola di Camerani) era in cortile con il cartello di benvenuto, come se stessimo aspettando qualcuno per fare una festa. Poi, ognuno di noi si è affiancato a uno dei ragazzi, a seconda dell’affinità che si costruiva e in base alle loro preferenze. Una ragazza ha preferito rimanere in azienda a leggere, un altro era tifoso dell’Inter, come noi, un altro era più riflessivo e introverso e mio marito ha cominciato a parlargli e sono diventati una “coppia fissa”».
Prodotto in 3.300 bottiglie, Il Mangiabottoni è un rosso fermentato in cemento non vetrificato con lieviti indigeni, ottenuto da uve corvinone e rondinella che derivano da impianti del 2011 e 2016. «Il clima particolare e l’altezza del vigneto da vita a un vino che definirei d’avanguardia: acido, fresco, lungo, sull’idea di un pinot nero. Questa collaborazione rappresenta un reset per me» racconta Marinella Camerani.
Il nome del vino è un omaggio a Fabio, un ragazzo seguito dalla cooperativa, che era solito staccare i bottoni dai vestiti per mangiarseli, e che oggi dà il nome a un vino che si fa portavoce di inclusione.
Nel bicchiere, troviamo un Valpolicella che si apre con profumi intensi di more, amarena e prugna violetta, arricchiti da una delicata sfumatura di spezie dolci e leggere note fumé. Al palato, il vino rispecchia fedelmente quanto percepito al naso, in un dialogo armonioso tra aromi e sapori. Il sorso è fresco e dinamico, e si chiude con un finale che dalle sensazioni fruttate evolve verso un registro più sapido e minerale, dove riemergono accenti tostati, per una beva piacevole e spensierata.
«É un progetto nato in un momento in cui stavo vivendo una piccola crisi con il mondo del vino. Ho cominciato a fare vino nel 1986 perché volevo allontanarmi da posti dove comandavano gli uomini e avvicinarmi a me stessa. Dopo 40 anni, mi sono ritrovata a gestire un’azienda, occuparmi dei dipendenti, delle banche… pian piano la passione scema ed entra il lavoro vero e proprio».
L’iniziativa ha portato nuova linfa vitale e un nuovo entusiasmo per il mondo vino per la viticoltrice, ma è anche un modo per «fare qualcosa di giusto nel proprio piccolo». «Non volevo fare una semplice donazione in denaro – continua Camerani – che mi sembrava come un modo di contribuire, ma di “tenermi fuori” dai loro problemi. Volevo creare un rapporto con questi ragazzi, che purtroppo, spesso, sono emarginati per la loro condizione».
Con il sostegno economico dell’Azienda Agricola Camerani, l’obiettivo è trasformare Podere Castagnè in un laboratorio occupazionale permanente, dove formare figure professionali nel settore vitivinicolo, con particolare attenzione alle nuove fragilità. «Siamo partiti con il vino, poi a maggio, faremo l’orto, d’inverno ci saranno attività collaterali magari all’interno dell’agriturismo a Podere Castagnè. Quando ognuno di loro ha ricevuto la sua bottiglia erano entusiasti e noi lo siamo altrettanto perché sono abbiamo creato rapporti sinceri».
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