Intrecci geometrici di polveri colorate, toran decorativi appesi alla porta (i tradizionali fregi di tessuto), candele tutte intorno e il profumo inebriante di spezie dolci, mandorla, sciroppi di zucchero che profumano la casa. ร la festa della luce, della divinitร Lakshmi, dea dellโabbondanza, del destino e della fertilitร , una celebrazione che cade ogni anno nel quindicesimo giorno del mese Kartika del calendario indรน, tra ottobre e novembre, considerato il periodo piรน propizio dellโanno.
Le luci nei templi e nelle case questโanno si accenderanno il 12 novembre per Diwali, ricorrenza che onora la vittoria del bene sul male, il trionfo della luce sulle tenebre. E si illumina tutto il Paese, ogni giardino, palazzo, negozio, senza dimenticare le pasticcerie, le attivitร piรน impegnate in questo periodo. La tradizione indiana prevede moltissimi dolcetti da ricorrenza, i celebri mithai, fatti di frutta secca, farina, zucchero, ma anche foglie dโoro, fiori eduli. Dolci bellissimi, invitanti, piccoli bocconi goduriosi profumati con spezie pregiate. Degni di una dea!
Sulla ricchezza dolciaria che contraddistingue la festa della luce sono state scritte pagine e pagine, libri di cucina e approfondimenti. Sono tante le specialitร preparate nei diversi territori, impossibile da citare tutte. Qui, abbiamo cercato di radunare i 10 assaggi imperdibili.
Da non confondere con lโhalva mediorientale, lโhalwa indiana รจ un budino morbido solitamente fatto di semolino o carote, preparato con un mix di ghee, acqua, zucchero, spezie e latte. Fondamentale nella cucina indiana, il ghee รจ un ingrediente che ricorre in molte preparazioni, per cui รจ bene spendere un paio di parole circa le sue origini: si tratta di un burro chiarificato โ fatto scaldare affinchรฉ lโacqua e le proteine del latte si separino โ nato per via delle alte temperature del Paese, che in passato non permettevano una conservazione ottimale del burro classico.
Quello chiarificato, invece, si manteneva piรน a lungo, cosรฌ รจ entrato di diritto in moltissime ricette. ร presente anche nella mitologia induista, secondo la quale Prajapati, signore delle creature, inventรฒ il ghee semplicemente strofinandosi le mani, per poi gettarlo nelle fiamme e dare vita alla sua prole. ร per questo motivo che, ancora oggi, gli induisti versano il ghee nel fuoco come segno di buon auspicio durante i matrimoni o altre occasioni speciali.รน
Tipico street food fritto e piccante, il kachori esiste anche in versione dolce, e in questo caso prende il nome di mawa kachori. Un fagottino croccante ripieno di frutta secca e mawa, immerso in uno sciroppo dolce. Ma cosโรจ la mawa? Detta anche koha e condivisa con Nepal, Bangladesh e Pakistan, la mawa รจ un prodotto caseario fatto a partire dal latte intero, cotto fino a che non si addensa. Un poโ come la ricotta, ma meno cremosa, prodotta con latte vaccino oppure di bufalo dโacqua, razza tipica del sud-est asiatico.
Non cโรจ Diwali in India senza kaju katli, prelibatezza a base di anacardi, zucchero, polvere di cardamomo e ghee, solitamente a forma di diamante. Un piccolo gioiello dolce nato al tempo della dinastia Moghul, quando lโimperatore Jahangir aveva catturato alcuni guru del sikhismo, religione monoteista nata in India nel Quattrocento.
Uno dei guru in particolare aiutรฒ gli altri durante la prigionia, cercando di renderli il piรน possibile autosufficienti: colpito da questo atteggiamento, lโimperatore decise di liberare il guru e chiunque fosse riuscito ad aggrapparsi alla sua tunica. In segreto, il guru fece cucire una tunica abbastanza lunga a cui tutti potessero tenersi. In segno di apprezzamento, lo chef di Jahangir preparรฒ per la prima volta il dolcetto con latte addensato e anacardi, una prima forma di kaju katli.
Kheer nel Nord dellโIndia, payasam a Sud: in qualsiasi caso, stiamo parlando di un budino di riso popolare in tutto il Paese. Il nome deriva da payas, latte, uno degli ingredienti principali insieme allo zucchero e il riso, mentre sullโorigine della ricetta si narra unโantica leggenda.
Un giorno, un vecchio saggio sotto forma di Krishna โ lโincarnazione terrena del dio Visnรน, protettore del mondo โ sfidรฒ a scacchi il re della cittร di Ambalapuzha, appassionato del gioco che promise al saggio qualsiasi cosa volesse in caso di vittoria. Questo chiese del semplice riso, ma a una condizione: il re avrebbe dovuto mettere un chicco di riso su ogni casella della scacchiera, raddoppiando il numero dei chicchi a quella successiva. Il saggio vinse la partita e cosรฌ il re cominciรฒ a posizionare il riso, in un numero sempre crescente; alla fine, Krishna rivelรฒ la sua identitร e chiese al re di offrire un budino di riso a tutti i pellegrini in visita al tempio a lui dedicato in cittร .
Famoso soprattutto nello stato dellโIndia occidentale chiamato Maharashtra, il chirote รจ un dolcetto immancabile durante le celebrazioni. Si tratta di una conchiglia di sfoglia leggera, una serie di cerchi concentrici di pasta delicata, ricoperta di sciroppo al cardamomo oppure zucchero a velo aromatizzato. Si prepara con della semplice farina, oppure un mix di farina e semolino, e viene fritto nel ghee.
Krishnaraja Wodeyar era il maharaja della cittร di Mysore negli anni โ30, un sovrano goloso e dalle aspettative alte: amava organizzare banchetti originali e stravaganti per la famiglia reale. Un giorno, il suo chef Kaksura Madappa era a corto di idee per il dessert e, dovendo preparare qualcosa di buono in poco tempo, unรฌ gli ingredienti piรน semplici che aveva a disposizione: ghee, farina di ceci e zucchero, addensati fino a diventare uno sciroppo dolce, che servรฌ sul piatto.
A fine pasto, perรฒ, il dolce si era addensato e quando il re lo mangiรฒ si sciolse in bocca. Estasiato, chiese al cuoco il nome della ricetta, che venne ribattezzata Mysore Paka (โintruglio dolce di Mysoreโ), poi abbreviato in pak. Questo รจ il racconto popolare tramandato fino a oggi circa la nascita del Mysore pak, dolcetto servito in tutte le occasioni speciali, spesso aromatizzato al cardamomo, alla rosa o altre essenze.
Tra i pilastri della pasticceria indiana ci sono i peda, dolcetti soffici e delicati originari dellโUttar Pradesh, a Nord dellโIndia, ma diffusi un poโ ovunque. Si preparano con koha (o mawa, il prodotto caseario fatto con latte addensato), zucchero, frutta secca e cardamomo, ma ne esistono moltissime varianti: il kesari peda, per esempio, profumato allo zafferano, oppure il dharwad peda, dal colore piรน scuro e cosparso di zucchero. In qualsiasi caso, sono sempre di forma tonda, morbidi e leggermente schiacciati al centro.
Una volta scoperto il significato del nome, รจ facile intuire il sapore del dolce: gulab significa rosa, mentre jamun indica un frutto dalla forma ovale, di colore scuro simile a un acino dโuva. Alla base della ricetta, mawa e farina, due semplici ingredienti che vengono impastati insieme e poi modellati a forma di piccole sfere, da friggere nel burro chiarificato o nellโolio. Infine, queste palline dolci vengono immerse in uno sciroppo di zucchero aromatizzato al cardamomo, alla rosa oppure allo zafferano, che colora le delizie di un bel giallo brillante.
Punjab e Rajasthan si contendono la paternitร di questa tortina di latte, un cubotto dalla consistenza scioglievole e umida, a metร tra una torta soffice e un fudge. Il procedimento per prepararla รจ semplice, occorre solo un poโ di pazienza: occorre, infatti, ridurre il latte aromatizzato al cardamomo insieme allo zucchero per ore, fino a che non si solidifica. Una volta pronto, si puรฒ ricoprire con granella di pistacchi o altra frutta secca.
Non puรฒ mancare, infine, un assaggio di jalebi, uno dei dolcetti piรน apprezzati in India, fatto con farina maida (tipica varietร a grana fine) e zafferano: delle spirali di pasta fritte ricoperte di sciroppo dolce, croccanti fuori e soffici allโinterno, spesso servite insieme al rabri, una crema densa a base di latte, zucchero, cardamomo e frutta secca. Secondo molti la jalebi sarebbe unโevoluzione della zalabiyeh, frittella tipica dei Paesi del Medio-Oriente, generalmente di forma tonda, introdotta in India in epoca medioevale e divenuta da subito un prodotto tipico delle feste di paese.
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