Ricordi

Quella volta che un ristorante stellato preparò una super cena con gli avanzi della Festa dell’Unità

Il racconto di Igles Corelli, chef di Il Trigabolo di Argenta, il ristorante ferrarese che dal 1983 al 1993 fu il faro della cucina italiana di ricerca. "Un episodio unico e irripetibile che abbiamo battezzato 'l’attimo fuggente'"

  • 10 Luglio, 2025

Chi non è andato almeno una volta alla Festa dell’Unità? Per scelta politica, per seguire un dibattito o la presentazione di un libro, ma anche trascorrere alcune ore all’aperto con amici e parenti, godersi un concerto, girare tra gli stand, ballare, mangiare. C’è chi dice che non si mangia più come una volta, quando nelle cucine, al servizio ai tavoli e a fare le pulizie c’erano i volontari, spesso donne che erano una cannonata ai fornelli. Oggi spesso i piatti vengono preparati da catering e si è perso un po’ quel profumo casalingo.

La dispensa della Festa dell’Unità

Siamo sicuri che tanti chef di tavole d’autore, famosi e premiati, sono andati almeno una volta a una Festa dell’Unità, anche solo per curiosità, per respirare quell’atmosfera pop, per scendere dal proprio iperuranio, “sporcarsi” (metaforicamente) il palato e mangiare come un qualsiasi consumatore medio. Ma siamo altrettanto (quasi) sicuri che nessun ristorante stellato e “forchettato” si sia mai rifornito di materie prime dalla dispensa di una Festa dell’Unità. Tranne uno. Ed è successo solo una volta, un episodio unico e irripetibile, diventato ormai epico, ricordato come un racconto di “caccia e pesca” da bar dello sport, davanti ad affezionati avventori, da uno chef tuttora protagonista della scena ristorativa, Igles Corelli.

Il locale è Il Trigabolo di Argenta, il ristorante ferrarese che per un decennio – tra il 1983 al 1993 – fu il faro della cucina italiana di rottura e ricerca, un locale con 8 tavoli, per un totale di 32 coperti, frequentato dal jet set internazionale e dove sono nati artisti dei fornelli che hanno conquistato fama mondiale. I piatti, un formidabile mix di creatività, follia, talento e grandi materie prime, erano realizzati espressi da un gruppo di giovani e adrenalinici chef. Di questa “banda rock” – come la definì Stefano Bonilli – Igles Corelli fu il leader.

“L’attimo fuggente”

L’episodio è avvenuto in quel mitico decennio in cui visse Il Trigabolo. Non si sa con precisione l’anno, ma il giorno sì, fondamentale, e i dettagli del fatto, che Igles racconta come se lo stesse vivendo sul momento. «L’abbiamo chiamato l’“attimo fuggente”, era il 10 agosto, già avevamo una stella Michelin – sorride Igles – . Era l’ultimo giorno di apertura prima di andare in ferie. A mezzogiorno ristorante vuoto, nessuna prenotazione, materie prime in casa zero: c’era una zavola, un fischione, un germano reale (circondato dalle valli ferraresi, il Trigabolo ha sempre proposto una cucina di cacciagione, ndr), una coda di rospo, due verdure. Nient’altro. Tanto il ristorante era vuoto e dopo poche ore sarebbe stato chiuso per giorni», racconta.

Brigata del ristorante Il Trigabolo di Argenta

«La sera un grande temporale, un diluvio. Alla Festa dell’Unità di Argenta capannoni che volavano via, la gente che scappava. Il ristorante si è riempito di botto. Marcello Leoni, commis del Trigabolo, già con ciabatte infradito per andare al mare (ride), va alla Festa dell’Unità, che era organizzata dal padre, e compra tutto quello che c’era in cucina. Ve lo immaginate Marcello Leoni che va alla Festa dell’Unità sotto un temporale bestiale e torna al ristorante completamente bagnato e con tutto quel ben di Dio? E noi a cucinare al momento: tanto eravamo abituati, facevamo solo piatti espressi. Abbiamo fatto un menu fisso a prezzo pieno, e già al Trigabolo si spendevano più di 100mila lire per mangiare».

«Va detto che alla Festa dell’Unità di Argenta, avendo nel paese il nostro esempio, all’epoca utilizzavano materie prime buone: avevano le capesante, le rane, le anguille… Quella serata al Trigabolo è stato un successo. Ci sono stati clienti che avrebbero voluto riprovare un’esperienza del genere. Cosa impossibile, fu una cena irripetibile legata al caso».

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