In collaborazione con Le Colture
«Negli ultimi anni, i vini low alcol e no alcol stanno riscuotendo un crescente interesse soprattutto all’estero e nelle principali città italiane, dove le tendenze legate al benessere e al lifestyle hanno grande risonanza. In territori più tradizionali e ad alta vocazione vinicola, il fenomeno è invece ancora marginale, e l’idea di un vino completamente privo di alcol trova poco spazio». A parlare è Veronica Ruggeri, titolare della cantina Le Colture con i fratelli Silvia e Alberto e custode del sapere costruito dal padre Cesare che ha avviato l’attività spumantistica della famiglia nel 1983, quando imbottigliare il proprio vino era una sfida.
L’azienda di Valdobbiadene in provincia di Treviso – 40 ettari complessivi, distribuiti tra Cartizze, Santo Stefano, Valdobbiadene, colli di Conegliano e il Montello – non si lascia trovare impreparata alla nuova sfida. «All’inizio dell’anno – racconta Veronica – abbiamo ricevuto diverse richieste dall’estero in merito alla produzione di referenze analcoliche, ma si è trattato di una domanda concentrata e passeggera. Credo che questa tendenza sia legata a una crescente attenzione verso uno stile di vita salutare, il fitness e la moderazione nei consumi, complice anche una normativa più severa in tema di guida in stato di ebbrezza».
Una sfida complessa che mette le aziende tradizionali di fronte a un nuovo pubblico di consumatori? «A mio avviso – continua Veronica – chi sceglie di bere vini dealcolati spesso non appartiene al mondo degli appassionati o conoscitori: sono universi che faticano a dialogare. Anche dal punto di vista normativo e tecnico, il vino analcolico non viene considerato a tutti gli effetti “vino”, ma è classificato come bevanda. Non rientra in alcuna denominazione o disciplinare e non è espressione diretta di un vitigno o di un territorio». E allora come si fa a definirli? «Dal mio punto di vista sarebbe forse più interessante introdurre, laddove i disciplinari lo consentano, una categoria di vini a gradazione leggermente inferiore, mantenendo però l’identità del prodotto. In questo modo si continuerebbe a bere vino e non un prodotto costruito, zuccherato e ad alto dispendio energetico senza rinunciare alla qualità o alla sostenibilità», dice Veronica. In definitiva, «si tratta di un mercato di nicchia, guidato dalle mode del momento. Il vino, però, è un’altra cosa», assicura.
In questo contesto, l’azienda ha lanciato già da qualche tempo “Incalmo”, un vino frizzante bianco. Ma – precisa Veronica – «la nostra referenza a gradazione contenuta non nasce come risposta a una tendenza, ma è espressione naturale del tipo di produzione». Parliamo di un vino rifermentato in bottiglia, il che comporta una fermentazione più lunga e un residuo zuccherino più basso: in questo caso, solo 2 grammi per litro. La gradazione si mantiene così più leggera.
«È un vino – spiega Veronica – che parla di semplicità e autenticità. Leggermente velato, dalla beva piena e spontanea, è molto apprezzato da chi cerca vini versatili, capaci di accompagnare con disinvoltura momenti diversi della giornata. Incalmo è un vino conviviale, gastronomico, quotidiano. La sua forza sta proprio nella sua immediatezza. La Glera, da cui nasce, è da sempre un’uva di grande freschezza e piacevolezza. È leggera per natura, e il ‘colfondo’ ne rappresenta una delle espressioni più autentiche e territoriali». È un vino che incarna il desiderio di andare oltre i confini delle denominazioni e valorizza il patrimonio culturale, tecnico e conoscitivo maturato nel tempo. «Il nome stesso – dice Veronica – richiama l’idea dell’innesto: unione generativa tra passato e presente, da cui nasce un frutto nuovo, autentico e coerente con la nostra evoluzione».
L’etichetta, firmata dall’artista valdobbiadenese Aldo Rebuli, rappresenta un abbraccio simbolico tra la vite e il gesto dell’uomo, sottolineando l’armonia tra natura e intervento umano. Un’immagine che riflette la visione produttiva della seconda generazione di questa famiglia: radicata nella tradizione del Prosecco Superiore, ma aperta all’innovazione e alla sperimentazione.
E la leggerezza di questi nuovi prodotti non è affatto sinonimo di qualità inferiore. «Personalmente, soprattutto d’estate, prediligo vini facili da bere, dissetanti, vivaci. Ma questo non significa che siano meno importanti. La semplicità, quando è vera, è un valore. Ed è anche – continua Veronica – un ottimo modo per avvicinare i giovani a un bere consapevole e di qualità, partendo da vini che parlano la lingua del territorio con leggerezza e sincerità». Una lingua che è chiamata ad esprimersi in diversi contesti.
«Incalmo è un vino versatile, che si adatta a tante occasioni di consumo, mantenendo un profilo autentico e conviviale. È perfetto per un aperitivo tra amici, magari in giardino o su una terrazza nelle sere d’estate, ma si presta anche a momenti più informali come un picnic, una gita in barca o una cena leggera», assicura Veronica. Dal punto di vista gastronomico, dà il meglio di sé con piatti semplici ma saporiti: formaggi freschi, salumi della tradizione, insalate di stagione, focacce, ma anche pizza e street food italiano. Ottimo anche con crudi di pesce o una frittura leggera: piatti che ne esaltano freschezza e mineralità.
La sfida finale, ovviamente, è quella del pubblico. Il vino frizzante de Le Colture è pensato per un target di riferimento ampio, ma con una forte presenza di giovani consumatori curiosi e consapevoli, in particolare Millennials e Gen Z, che ricercano vini autentici, accessibili e capaci di adattarsi a stili di vita dinamici. «Si tratta di persone che amano la convivialità, la semplicità ben fatta e che scelgono con attenzione cosa bere, anche in funzione di sostenibilità, leggerezza e versatilità», conclude Veronica.
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