«Se non è passione questa…», disse Michele, guardando il fratello sotto il sole, la terra rovente e i rovi che graffiavano la pelle. “Passione… e tanta incoscienza», rispose Matteo. Da quell’incrocio di sguardi e fatica è nato il nome della loro azienda: Sopravvento. Una storia di due fratelli, uniti da sempre da un filo rosso – o meglio granato – che si chiama nebbiolo. Michele, il maggiore, oggi 45 anni, ha cominciato per primo a studiare da sommelier, trasmettendo a Matteo (classe 1985) una passione che si è trasformata in ossessione: «I am a nebbiolo-junky», come lui stesso diceva a Londra. Da lì il percorso si è fatto inevitabile.
Nel 2013 Matteo lascia Borgofranco di Ivrea per Londra, inizialmente per migliorare l’inglese. Dopo un anno si iscrive alla scuola AIS in Inghilterra e si diploma. È l’inizio di una nuova vita professionale. Le prime esperienze arrivano al Bentley’s Oyster Bar & Grill, dove parte come commis e impara l’arte del servizio, bicchiere dopo bicchiere. Poi il salto: Petrus di Gordon Ramsay, ristorante stellato dall’atmosfera ovattata e dalla cantina spettacolare. Seguono La Petit Maison, indirizzo di lusso nel cuore di Mayfair frequentato da celebrità, e infine Hide, uno dei templi mondiali per gli amanti del vino, con 9mila etichette in carta e la possibilità di attingere alle scorte infinite di Hedonism. «Lì ho assaggiato alcuni dei più grandi vini del mondo», racconta Matteo, “e ogni volta che Michele veniva a trovarmi condividevamo quelle esperienze. Ci ha calibrato il palato».
La scintilla di un progetto comune
Nel frattempo Michele, in Italia, lavora come sommelier, dopo un’esperienza al ristorante stellato Gardenia di Caluso. I due si sentono quasi ogni giorno, finché nel 2019 scatta la scintilla: «Perché non facciamo la nostra linea di vini, secondo il nostro palato e la nostra filosofia? Low intervention, senza additivi inutili». L’idea diventa realtà: trovano conferitori, vinificano il primo erbaluce macerato (Changes!) e cominciano a cercare la loro vigna.
La risposta è scontata: Carema. Appena dieci minuti da casa, un terroir storico di nebbiolo, una denominazione piccolissima – oggi meno di 20 ettari – frammentata in microparcelle che ricordano la Borgogna. Nel 2019 arriva l’occasione: un primo terrazzamento in vendita. È Natale quando Michele manda a Matteo le foto: una casa in pietra, filari abbandonati, rovi ovunque. «Compriamo subito», risponde Matteo da Londra.
Inizia così l’avventura. I primi mesi sono solo disboscamento e rovi da togliere. Poi arriva il momento di piantare, sotto un sole implacabile che riflette sulle pietre. «Se non è passione questa…», dirà Michele. La frase, completata dalla risposta del fratello, diventerà il motto riportato su ogni bottiglia. Nel frattempo la vita è dura: Michele per un periodo fa tre lavori – autista di autobus al mattino, vigna al pomeriggio, sommelier la sera – mentre Matteo continua a Londra, tornando per le vendemmie e le ferie. Il Covid li riunisce per qualche mese nel 2020, poi Matteo rientra stabilmente in Italia solo a novembre 2023, dedicandosi full time alla vigna.
Sopravvento è un’impresa familiare: oltre ai due fratelli, c’è anche papà Oreste, 67 anni, a dare una mano, in particolare per i muri a secco e la gestione delle terrazze. Borgofranco di Ivrea, il loro paese, custodisce un’altra particolarità: i balmetti, cantine scavate ai piedi della montagna dove spira costante l’ora, una corrente di aria fredda e umida. Luoghi antichi, usati per affinare salumi, formaggi e vini. Il balmetto dei fratelli Melfa risale all’Ottocento e qui, in via del Buonumore, riposano i loro bianchi, in bottiglia per mesi, fino a raggiungere la maturità desiderata.
Per produrre Carema, il disciplinare è chiaro: il vino va vinificato a Carema. E qui, tra pergole centenarie e muretti a secco, Michele e Matteo Melfa hanno anche una piccola cantina per vinificare il nebbiolo, che qui chiamano picotendro. L’erbaluce, invece, arriva da conferitori di fiducia, con vigne “splendide” tra Cavaglià, Borgomasino e altre zone del Canavese: qui lavorano “da négociant”, come amano dire.
«Siamo fuori dal disciplinare dell’Erbaluce di Caluso, ma l’area è quella. Il macerato (Changes!) da disciplinare non è nemmeno contemplato», racconta Michele. “Il Rebel Rebel invece, spiega Matteo, è un fermentato in legno: una scelta che nasce dalla mia passione per i grandi bianchi fermentati in legno e affinati sulle fecce fini. Amo quella vena acida e quella complessità, quasi biscottata, che l’affinamento lungo regala. È il mio stile di bianco: elegante, verticale, ma con profondità. L’erbaluce, pur non essendo aromatico, regala freschezza e note agrumate sorprendenti» (Changes!).
Le loro sono microvinificazioni: vasche da 600 litri, grappoli schiacciati a mano, il contatto diretto con il mosto per sentire temperatura e consistenza. “Non usiamo chimica, lavoro d’istinto. Il vino lo facciamo con le mani e il naso», dice Matteo.
La prima annata di Heroes! – il Carema firmato Sopravvento – è stata la 2022: appena 500 bottiglie, sold out in un lampo. «Quando abbiamo aperto il sito e l’account Instagram c’era già gente che ci chiedeva Carema. Gli appassionati di Nebbiolo, dopo Barolo e Barbaresco, vengono in Alto Piemonte e qui trovano chicche rare. Carema è piccola, produrre vino è un lavoro lento, e le quantità sono ridicole».
Oggi le bottiglie sono circa 1.600, ma con l’impianto in espansione – altri 1.000 metri quadri acquisiti da poco – cresceranno. «Abbiamo un ettaro e mezzo tutto attaccato, ed è un valore inestimabile qui, dove i vigneti sono spesso frammentati. Non dover correre da una parcella all’altra, ma avere tutto in un unico corpo, è un vantaggio enorme».
Da David Bowie a Coppi e Bartali: etichette che raccontano storie
Tutte le etichette hanno riferimenti musicali o sportivi: da David Bowie (Rebel Rebel) alla viticoltura eroica (Heroes). Tra le loro etichette c’è anche un piccolo mito: Help! «La sua storia è semplicissima e tristissima – sorride Michele – Terzo anno di produzione, pronti a imbottigliare, ma la camera d’aria della vasca perde tenuta: il vino si ossida, odore di aceto. Mille litri persi. Per fortuna avevamo 200 litri da un’altra partita, raccolti un po’ prima per avere più acidità. Li abbiamo imbottigliati e chiamati Help!, come la canzone dei Beatles. Solo 200 bottiglie, fresche, essenziali: per me l’erbaluce nella sua forma più pura». Un vino venuto in aiuto, un sostegno, come il celebre passaggio della borraccia tra Coppi e Bartali (durante l’ascesa al Col du Galibier nel Tour del 1952) immortalata nell’etichetta, ma oggi c’è chi ne chiede ancora.
A novembre uscirà Time, omaggio ai Pink Floyd, con un’etichetta che unisce orologi e il celebre arcobaleno di The Dark Side of the Moon, inserito nella scritta
Sopravvento: «È un simbolo di pace, cosa di cui c’è bisogno oggi più che mai» ed un omaggio al tempo, la vera ricchezza. Matteo ama i vini sul frutto, vibranti e per questo ci fa lo spoiler su cosa ci aspetta con questa nuova etichetta di nebbiolo: «Odio i vini troppo vecchi. Lavoro per avere un’uva eccezionale e voglio che quando apri la bottiglia si senta ancora l’uva. Time avrà note di fragola e lampone, un po’ di carbonica in stile Beaujolais, e un anno di affinamento».
Accanto alle vigne, Matteo sogna un giardino-orto botanico, con piante aromatiche e alberi da frutto, per difendere la biodiversità. «Sono contrario alla monocultura che spoglia il paesaggio. Qui crescono lavanda, rosmarino, prugne, limoni. Questa simbiosi, secondo me, rende il vino unico: porta un’energia che il visitatore deve sentire appena arriva. Voglio che chi viene qui si innamori della natura, degli animali, del canto degli uccelli. L’uva fa da protagonista, ma è l’intera sinfonia di biodiversità a comporre il brano della nostra azienda».
Oggi Sopravvento produce circa 7mila bottiglie tra Changes!, Rebel Rebel, Heroes! e Time. Piccoli numeri, idee grandi, e un’identità che unisce musica, territorio e un amore dichiarato per il vino vero. Dal 2019 a oggi il cammino è stato tutt’altro che semplice, ma il filo che lega tutto è rimasto lo stesso: fare vini con la stessa passione – e incoscienza – del primo giorno.
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