Ristoranti

Il paesino nascosto tra i boschi biellesi trasformato in country house (con cucina)

Alla scoperta della Bursch, in Valle Cervo, country house magnificamente restaurata con la sua tavola guidata dalla giovane chef Erika Gotta

  • 26 Agosto, 2025

Nel cuore della Valle Cervo, sopra Biella, si trova un luogo di una bellezza appartata e conturbante, circondato com’è da torrenti di montagna e boschi di faggi e la cui energia misteriosa si comunica tanto agli ospiti di passaggio che tra la gente che qui vi lavora: è la Bursch, un borgo del XVII secolo divenuto Country House dopo un sapiente restauro.

Qui il fascino sottile ed enigmatico che tutto pervade ha contagiato anche la giovane e assai talentuosa chef Erika Gotta che, pur nativa di Cherasco (CN), di una zona cioè del Piemonte ben più rinomata e che è la Langa, l’ha portata a dire: «Dobbiamo cercare di preservare in ogni modo la bellezza incontaminata del luogo, altrimenti roviniamo tutto».

Un menu in omaggio alla capitale del filato

Il menu più completo di cui si compone l’esperienza della Bursch è un omaggio affettuoso a Biella, città creativa UNESCO, legata a filo doppo – è proprio il caso di dire – alla lana ed è ben sintetizzato da quella “Cassetta del cucito“, un tempo presente in ciascuna casa, con cui qui viene servita la piccola pasticceria finale. Il nesso volutamente creato è tra una delle capitali del tessile e quell’umile ma insieme nobile arte della cucina dove «sono i piccoli gesti verso gli altri – come spiega l’introduzione del menu – a creare legami profondi, proprio come l’intreccio di più fili dà vita a un tessuto resistente e prezioso».

Tra esoterismo e massoneria

Facile, dunque, partendo da questi presupposti comprendere il titolo del menu degustazione (in 6 passaggi al costo di 110 euro) che è “Filantropia“, termine che altro non indica che un atto di amore concreto. A far riflettere, invece, è che tale esplicito omaggio avviene a pochissima distanza da Rosazza, da uno dei borghi più affascinanti e misteriosi d’Italia, pervaso com’è da una simbologia esoterica (con quell’enorme croce uncinata ottocentesca, per citarne solo uno di questi simboli arcani, sulla facciata della chiesa cattolica), ma anche della cultura massonica per la quale il valore della filantropia, appunto, è pilastro fondamentale.

La Bürsch un luogo che non esiste

La Bürsch (con l’umlaut, i puntini cioè sopra la u) è del resto un posto strano di suo: «È un luogo che non esiste» – spiega Barbara Varese che è l’imprenditrice milanese di origini genovesi perdutamente innamorata di questi luoghi in cui veniva in vacanza da bambina con i nonni e che una volta divenuta adulta, con atto d’amore coraggioso e infinito (anzitutto in fatto di energie e risorse investite) ha restaurato con gran gusto e calore: il suo borgo l’ha chiamato Bursch (senza i puntini), l’ha aperto agli ospiti, a un turismo cioè raffinato e di nicchia, rendendolo quella country house (con camere e ristorante) che si trova proprio all’interno – ed è questo il passaggio da tenere a mente – di quella zona ben più grande che è conosciuta dai biellesi come La Bürsch (questa sì con i puntini!).

«Ma la Bürsch non esiste, non è un comune, non si trova sulla mappa. È un concetto di appartenenza e di valore espresso dai Walser, che sono quelle antiche popolazioni di origine germanica provenienti dal Vallese che qui vi si stabilirono. E nella loro lingua Bürsch sta a indicare la casa» puntualizza Barbara.

I Walser e il loro concetto di casa

I Walser che abitano e abitavano questi paesi, che hanno i nomi di Andorno Micca, Campiglia Cervo, Rosazza – continua Barbara – «andavano nel mondo a lavorare, in Africa come in Cina, dove edificarono dighe, ponti, treni. Stavano lontani da casa otto o dieci anni, si arricchivano, almeno relativamente, tutti però tornavano in queste terre che sentivano come il proprio legame originario, la loro piccola patria.

I costruttori che rientravano edificavano ville che non erano abitazioni, ma veri e propri showroom; nel periodo della Belle époque da queste parti si arrivava con il trenino che da Biella giungeva fino a Balma. Quando ho cominciato a restaurare il borgo ho trovato pugnali Masai. Poco lontano sorge una villa tutta affrescata con i colori rosso e blu e piena di vasellame cinese».

Una carta dei vini ispirata ai Pianeti

I cocktail (ma anche le camere stesse e i loro arredamenti) che punteggiano l’esperienza del ristorante della Bursch omaggiano gli esploratori, dall’Africa all’Artico. Ma l’eccentrica singolarità la si trova soprattutto nella carta dei vini a partire dalla loro classificazione: non già in base al vitigno o alla regione provenienza, ma secondo l’influsso dei pianeti che, a giudizio del sommelier, caratterizzano e segnano i diversi vini.

Che sia, questa, una trovata più o meno ad effetto, ben si integra tuttavia con l’offerta – questa sì, senza dubbio, di qualità – espressa tanto dalla cantina che, soprattutto, dalla cucina e che è ben esemplificata da un altro menu, La necessità aguzza l’ingegno, vale a dire un percorso vegetariano (in 4 portate a 70 euro) che esalta i prodotti di stagione e del mercato e che così la trentaduenne chef Erika, con alle spalle una formazione con maestri del calibro di Maurilio Garola alla Ciau del Tornavento a Treiso (CN) e da Giancarlo Morelli al Pomiroeu di Seregno (MB) e a Milano, esprime: «Sin da bambina mi dicevano: “Nessuno ti regala niente in questa vita. Devi essere intelligente quando serve, lavorare sodo per i tuoi obiettivi, superare i momenti difficili ed essere felice ogni giorno”».

Una cucina di mercato esaltata dalle erbe

Qui troveremo veri e propri signature dish come gli eccellenti maccheroni cacio e pepe con abete rosso e limone fermentato, ma anche – ora nella stagione estiva – l’anguria leggermente piccante con salsa teriyaki, le cipolle in agrodolce, una spuma di latte e la maionese acidula. Le erbe nella cucina di Erika vi svolgono un ruolo importante e sono trattate in maniera sapiente: ne è riprova un primo piatto come le Conchiglie aglio, olio alla ruta e frutti rossi, ma anche un dessert con Riso e latte, sorbetto ai mirtilli e pimpinella (oltre all’irresistibile burro montato aromatizzato alla camomilla e servito in accompagnamento dell’ottimo pane).

C’è un’energia primigenia che serpeggia tra queste abitazioni in pietra immerse nel silenzio dei boschi e che per davvero è capace di ispirare ogni suo abitante: da quello effimero di passaggio, giunto per ritagliarsi qualche giorno di rigenerante relax, come chi vi sosta per anni o una vita intera. Tutti – e a ricordarlo ci pensa l’imponenza della natura – saranno semplicemente solo ospiti.

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