Cozze gratinate, a trovare qualcosa di più tradizionale di così si fa quasi fatica. Almeno nelle località di mare del sud Italia, dove non c’è famiglia che non abbia la propria ricetta, dei segreti con cui crede di gratinare al meglio questi mitili, molto apprezzati anche per il fatto di essere economici. Di casa in casa ciò che cambia è soprattutto l’insieme di ingredienti con cui si arricchisce il pangrattato, quell’aromatizzazione che può determinare il successo del piatto fra i commensali. C’è chi ci mette il prezzemolo, chi il pomodoro, chi il peperoncino fresco e chi ancora i capperi. Qualcun altro invece la pagnotta rinsecchita, avanzata dai giorni precedenti, convinto che la riuscita della preparazione risieda oltre che nella qualità della cozza in quella del pane da grattugiare.
La verità è che la pietanza risulta ormai fra le più popolari della nostra cultura marinara: piace a tutti, indipendentemente dalle declinazioni territoriali e dalla formula speciale di ogni famiglia. Oggi poi vanno forte anche le versioni meno “ortodosse”. Si pensi a quella proposta dal ristorante L’altro Baffo di Otranto, diventata negli anni vero e proprio signature dish della chef Cristina Conte, che rispolvera i classici della cucina di mare per offrirne un’interpretazione un pochino più raffinata, ma altrettanto godereccia.
Cozze al gratìn di pane e pecorino leccese, pomodori secchi del ristorante L’altro Baffo
Nel fine fish restaurant a pochi metri dal Castello Aragonese lo si può considerare uno dei piatti più richiesti. In effetti, questo antipasto raccoglie il consenso di molti clienti, vecchi e nuovi. Nonostante la mano della cuoca salentina e la rielaborazione più moderna, resta una preparazione dal gusto estremamente semplice, un boccone che non tradisce l’essenza delle cozze gratinate più tradizionali.
E forse anche per questo viene definita dalla stessa Conte una ricetta «tradizionalissima», a sottolineare il fatto che — al di là delle tecniche e dell’estetica — continua a essere una portata confortante, capace di trasmettere quel senso di familiarità che appartiene solo alla cucina di casa. Quella che la chef portava in tavola quando era più piccola, nel ristorante dei genitori, in mezzo ad altri fumanti capisaldi della cucina di pesce locale.
Non può sorprendere se nella panatura croccante e nell’umidità preservata dal mollusco ci sia il passato di Cristina, e non solo perché la madre Pina non ha smesso di cucinarle a fianco, a dispetto dei 75 anni di età: «La cozza è uno dei piatti cui sono legata di più. Mi piaceva tantissimo per come la preparavamo nel vecchio ristorante di mamma e papà Michele (Dal Baffo, sempre a Otranto). Volevo quindi renderle omaggio, seppur all’interno di un locale di tutt’altro genere, con una cifra culinaria completamente differente, il mio».
Cristina Conte, chef del ristorante @laltrobaffo
Le cozze gratinate de L’altro Baffo vengono perciò da lontano, prima ancora che a 28 anni la ristoratrice si mettesse in proprio sfidando i cliché della cultura marinara e i gusti ortodossi della gente del posto. Senza eccedere nella misura, è un susseguirsi di dettagli contemporanei che affinano la sua offerta. Cosa evidente a partire dai primi assaggi in carta, come il suo signature al gratìn: la preparazione sembra alleggerita anche nella presentazione; non c’è traccia del guscio della cozza, richiamato appena da qualche spennellata nera sul piatto, un pesto a base di erbe e nero di seppia. Una composizione che peraltro consente di mangiare evitando di sporcarsi le mani.
Ma all’inizio non è stato così facile dare un nuovo volto alla Tradizione. Non tutte le modifiche eran viste di buon occhio dagli autoctoni: «Ho provato a offrire una rappresentazione diversa, cambiare l’immagine più classica e tradizionale della cozza gratinata, servita con tutto il guscio. Difficile farlo con il salentino medio, dalla mentalità un po’ chiusa. Alla fine però in qualche modo ci son riuscita». A quanto pare, l’entrée con il frutto di mare sarebbe insieme alla carbonara di ricci una delle portate d’autore più replicate in zona. Plausibile, visto che oltre alla concorrenza le pepite iodate avevano già preso per la gola diversi personaggi del mondo dello spettacolo e qualche insolito visitatore: uno sceicco di passaggio che con il proprio yacht aveva attraccato per giorni nel porto di Otranto.
Dehor da cui si intravede il Castello Aragonese @laltrobaffo
La ricetta non prevede passaggi così complicati. Tuttavia, nella sua esecuzione, richiede tempismo e precisione per assicurare che questi siano osservati nel miglior modo possibile. La stessa attenzione deve accompagnare l’acquisto dei molluschi: «Le cozze — ci spiega Cristina Conte — devono essere italiane o greche, che per produzione e conservazione presentano una qualità più elevata. Appaiono un po’ più piccole e carnose. Si capisce perché restano più umide all’interno». Pertanto, sarebbero da scartare quelle più grandi provenienti dalla Spagna.
Ingredienti
Cozze 1 kg
Pangrattato 250 g
Pecorino (stagionato 12 mesi) 50 g
Olio Evo 50 ml
Aglio
Origano
Pomodori secchi per la salsa
Nero di seppia
Menta, basilico, timo e origano (per il pesto)
Olio Evo per cucinare
Acqua fredda e ghiaccio
Sale grosso
Sale fino
Procedimento
Pulire le cozze accuratamente: per farlo, servirsi di una spugnetta con cui grattare via residui estranei come i “denti di cane”, delle incrostazioni biancastre che si attaccano al guscio; eliminare pure il “bisso” del mollusco, vale a dire la barbetta che fuoriesce dalla sua conchiglia. Fatto ciò, spurgare i frutti di mare per diversi minuti in acqua e sale grosso (28 grammi per litro). In ogni caso, una mezz’oretta può bastare. Dopodiché, aprire i molluschi bivalvi in padella con un filo d’olio e uno spicchio d’aglio. Immergere ogni cozza che si apre in acqua ghiacciata e sale fino per bloccarne la cottura. Questo passaggio reca un doppio effetto: da una parte, consente al mollusco di gonfiarsi attraverso la soluzione salina; dall’altra, lo sottopone a uno shock termico che gli impedisce di ridursi a un corpo secco e gommoso. In seguito, creare un impasto a base di origano, pepe, pecorino e pane grattugiati, cui aggiungere l’olio Evo previsto e l’acqua delle cozze precedentemente filtrata.
Sgusciare e impanare una per una le cozze. Infornare a 230° per 7-8 minuti, tempo che può variare in base alla pezzatura della specie ittica (se più piccole potrebbero essere sufficienti pure 5 minuti di cottura). Qui, il consiglio della chef è di inserire la modalità misto vapore nel caso in cui si usi un forno professionale; oppure, sempre con l’idea di preservare l’umidità interna, di spruzzare un po’ di acqua prima dell’infornata. Considerato che le cozze son già state cotte, l’ultimo step in forno ventilato serve solo a conferire loro una panatura croccante.
Prima di disporre sul piatto le cozze spennellare la portata di servizio con il pesto preparato con nero di seppia, olio Evo e un mix di erbe aromatiche (menta, basilico, timo e origano). Una volta impiattate, puntellare ciascuna con un dispenser o una sac à poche contenente la salsa al pomodoro secco, ottenuta frullando il frutto sott’olio con una parte del liquido di conserva e un goccetto d’acqua, la giusta combinazione per raggiungere una consistenza liscia. A questo punto, premiate il vostro sforzo in cucina procedendo all’assaggio.
Terrazza Paradiso, secondo indirizzo della chef Conte in cui si fa una cucina marinara più classica @laltrobaffo
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