«Donna e chef? È stata dura, ma il mio cibo fa sognare: lo vedo sui volti dei clienti». Dopo l’appello di Chiara Pavan che vuole essere chiamata “cheffe”, usando il femminile del francese chef, anche Cristina Bowerman racconta la sua esperienza di donna alla guida di una delle migliori cucine creative della Capitale, Glass Hostaria, che è stata anche un “case study” analizzato all’Università Bocconi come modello di business originale in un mondo troppo spesso omologato.
La chef, di origini pugliesi e studi americani, è stata intervistata dal Corriere della Sera dove Lucilla La Puma ricorda il suo premio Arte Sostantivo Femminile 2025 “al talento e per il suo contributo culturale, artistico e imprenditoriale” e le fa reccontare come sia riuscita a «distinguersi dalle tantissime offerte di questo tipico quartiere e da vent’anni è tra i più rinomati e ricercati ristoranti romani e non solo» nel cuore di Trastevere. Prima domanda: perché le donne chef e ristoratrici sono ancora poche? «Fare un ristorante di alta cucina ha implicazioni imprenditoriali, gestionali e di team molto rilevanti. È un lavoro complesso, che ha bisogno di dedizione e controllo assoluti. Le donne hanno conquistato posizioni, conquisteranno anche il tempo che a volte ancora manca loro».
Certo, il tempo: elemento non indifferente per una donna. Non solo perché tradizionalmente ha la cura dei figli e della casa, ma perché il “primato maschile” ostacola ancora e con forza l’emergere di donne nei “posti di potere”, che sia potere legato alla comunicazione, alla immaginazione, all’arte o alla politica e all’impresa. E ancor di più se portatore di un nuovo modello di impresa.
«Le difficoltà le ho vissute tutti i giorni, ma rifarei tutto quello che ho fatto… Glass Hostaria è stato il primo ristorante senza tovaglie a ricevere la Stella Michelin, poi le hanno tolte in parecchi. Fui anche la prima a parlare di cucina contaminata, guadagnandomi il dileggio di molti. Proponevo una cucina che abbracciasse diverse culture enogastronomiche pur rimanendo fedele al luogo in cui opera. Se fossi stata un uomo, avrei avuto molto più successo e più offerte. Molti investitori esitano quando c’è di mezzo una donna. Dopo 16 anni negli Stati Uniti mi sono stupita di come in Italia la donna venga ancora considerata meno affidabile rispetto all’uomo. Nel gender gap, l’Italia è all’84esimo posto. Si potrebbe fare di meglio».
«Glass Hosteria è la mia casa e il mio cuore – spiega Bowerman a Lucilla La Puma – Tutto quello che si vede qui dentro, dai piatti ai bicchieri, alle decorazioni, alle scelte artistiche sulle pareti, ad ogni minimo particolare, l’ho scelto io ed ha un significato preciso. È una mia espressione creativa, mi piace l’idea di non essere statica».
Ma cosa trasmette la donna chef Cristina Bowerman nel suo locale trasteverino? «Non è e non vuole essere solo un ristorante dove fare un’esperienza: vorrei che avesse la forza e la possibilità, seppur minima, di cambiare la realtà intorno a me. E credo che questa idea, seppur ciascuno con la propria identità e cultura, possa essere compresa. Glass significa trasmettere, insegnare, avere programmi, proporre progetti sulle donne e per le donne. È un luogo di scambio culturale e di energia».
Profondità e contrasti sono le chiavi di lettura della cucina di Bowerman, unite a freschezza. «Il piatto che rappresenta perfettamente la mia visione sono i tortelli “Umami” con prosciutto San Daniele e Parmigiano Reggiano stagionato: vengono serviti con un brodo freddo di tonno affumicato che porta freschezza e un contrasto fumé che sorprende il palato. Per rendere il piatto ancora più interessante ho voluto aggiungere un tocco di modernità e acidità con la mela verde in parisienne che offre una croccantezza e una leggera acidità.
Il Tobiko per un’esplosione di sapore marino e contrasto in textura, e i bonito flakes che portano una profondità “Umami” straordinaria. Infine, l’aggiunta del togarashi nostrano con peperoncino calabrese arricchisce il piatto di un pizzico di piccantezza e una complessità aromatica. Il brodo è freddo per aumentare il contrasto». Perché? «Perché il cibo ha il potere di far sognare le persone… La cucina è un viaggio e ogni piatto racconta una storia. I tortelli “Umami” sono una testimonianza di come la tradizione possa incontrare la creatività trasformando ingredienti semplici in una esperienza indimenticabile».
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