Nella guida Vini d’Italia 2026 del Gambero Rosso, che quest’anno ha tagliato il traguardo della trentanovesima edizione, troverete raccontati senza barriere stilistiche o ideologiche sia i produttori, quelli più classici della scena enoica italiana e le realtà nuovissime che muovono ora i primi passi, sia i loro vinì. Alcuni di austera compostezza come i Barolo della tradizione o i più affascinanti vini orange, i macerati, quelli a fermentazione spontanea o da vitigni resistenti di nuova generazione, ovvero tutto quanto va a comporre l’affascinante e complesso mosaico della vitivinicoltura italiana.
Si va, insomma, dal Barocco al reggaeton o al neopunk passando per l’opera, la canzone d’autore, il rock’n’roll e il metal. Non ci sono vincoli concettuali nella Guida, l’unica condizione è che dietro l’etichetta ci sia qualcosa di autentico, di vero, che racconti fedelmente la storia di un produttore e un territorio. Ecco che noi, allora, ci facciamo garanti di questa autenticità, piuttosto che del rispetto di canoni e stilemi che in questa temperie storica non hanno forse più senso.
Che ritratto dell’Italia del vino emerge alla fine di questo lavoro che ci ha portato dalle Alpi al cuore del Mediterraneo? È un panorama complesso e di grande vitalità: ci sono state ottime annate, in molte delle zone classiche come, ad esempio, la 2019, la 2020 e la 2021 per Toscana e Piemonte, ma anche in altre regioni; nelle nostre cantine si continua a sperimentare e investire in tecnologie moderne mentre si recuperano antiche tradizioni rivisitate con occhi nuovi, come nel caso delle anfore, del cocciopesto, dei contenitori di ceramica, dei tini di cemento di nuova generazione. In vigna abbiamo continui ritorni di antichi vitigni ma anche la diffusione delle nuove varietà resistenti, e ormai non sono poche le aziende che utilizzano tecnologie satellitari e droni per il monitoraggio delle vigne e la difesa dalle patologie, per i trattamenti a minimo impatto ambientale: è la viticoltura 4.0, dove si recupera un rapporto diverso con l’ambiente, all’insegna della sostenibilità e di uno sviluppo armonico, con l’azienda sempre più inserita e partecipe delle politiche del territorio.
Come amiamo ripetere, il modo migliore per capire appieno la nostra filosofia è scorrere, oltre ai Tre Bicchieri, i Premi Speciali assegnati ai vini e ai produttori che ci hanno particolarmente emozionato in questi mesi di viaggi, assaggi e… riassaggi! Quest’anno in Guida c’è un nuovo Premo Speciale dedicato ai Giovani Produttori dell’Anno fortemente voluto dalla Banca di Asti, ideatrice di un programma molto importante sul credito rivolto alle aziende agricole e vitivinicole.
Produttori e vini che hanno ottenuto i Premi Speciali saranno presenti alla grande degustazione Tre Bicchieri il 12 ottobre al Roma Convention Center La Nuvola.
Cà du Ferrà si trova a Bonassola, un piccolo borgo in provincia di La Spezia, nella Riviera di Levante, vicino al Parco Nazionale delle Cinque Terre. Qui Giuseppe Luciano Aieta e Davide Zoppi, una coppia nel lavoro e nella vita, hanno dato vita a un delizioso relais e a una piccola cantina che vinifica le uve dei loro cinque ettari di vigna. Il loro Ruzzese è un vino straordinario, da un vitigno reliquia che stava scomparendo, ed è di grande livello. Ma straordinario è anche il loro impegno contro ogni tipo di discriminazione. Il vino si chiama Zero Tolleranza per il Silenzio. Siamo con voi!
L’azienda nasce nel 1883, ma è grazie all’impulso dato da Filippo che ha raggiunto livelli di eccellenza assoluta. Le sue vigne sono circondate da boschi, e accanto alla viticoltura ci sono anche i cereali, l’olivo e l’allevamento. Tutta l’azienda da anni è in regimebiologico ed è attentissima alla sostenibilità (che è certificata da Equalitas) e attua una politica virtuosa di riciclo degli scarti delle lavorazioni, oltre a produrre i suoi concimi.
Carlo Ferrini ha speso la sua vita professionale realizzando come enologo un numero impressionante di grandi vini in molte regioni d’Italia. Il Brunello ’20 realizzato con sua figlia Bianca nella bella piccola azienda di Montalcino è un po’ la summa della sua esperienza con l’uva sangiovese, il suo primo amore. Giodo ’21 è un grande rosso che vi incanterà per la complessa eleganza dei profumi, per un corpo ricco, profondo e autorevole che seduce per l’estrema armonia e finezza dell’insieme.
Francesco Monchiero con questo vino ha voluto esplorare le potenzialità di evoluzione dell’Arneis, attraverso tecniche di vinificazione e contenitori di affinamento diversi. Questa moderna ricerca non poteva che partire dalla collina del Renesio, la cui storia è intimamente legata con l’Arneis, tanto da lasciar presupporre in una delle tante teorie che il nome del vitigno provenga proprio dal toponimo Renesio. Francesco Monchiero è riuscito nel suo intento, offrendoci un Arneis 2020 di grande classe e stoffa in grado di bonificarsi a lungo in vetro.
Cesare e Laura Bosio ci hanno regalato una straordinaria versione di Franciacorta Brut Nature con l’annata ’21. Da chardonnay con un 30% di pinot nero, ha un colore paglierino verdolino brillante, profumi incantevoli e nitidi di frutto bianco, agrume e biancospino con delicate nuance di nocciola. In bocca è armonico e teso, sapido ed elegante, cremoso e profondo. Uno straordinario biglietto da visita di questa denominazione.
Moda e modernità, due parole che si assomigliano, sebbene abbiano etimologia diversa, ma nessuna si addice ai vini della famiglia Di Camillo. Da loro il Cerasuolo è storia e tradizione, tenuto a debita distanza dalla moda provenzale dei rosé che fanno l’occhiolino ai bianchi. Il Baldovino ha sempre color ciliegia e fa del corpo un punto fermo; è un perfetto Cerasuolo carnoso, sapido e di buona struttura: un grande “Rosé” all’italiana.
Stefano Antonucci vive la vigna e la cantina con un intimo coinvolgimento che non ne fa un semplice vignaiolo. I suoi vini non lasciano mai indifferenti. È il caso dello straordinario vino dolce, Lina, che ricava da uve Verdicchio. Ha un bouquet di ammirevole fascinosa complessità, e al palato è perfettamente bilanciato tra dolcezza e tensione, dove si fa strada con un incantevole passo vellutato e persistenza infinita. Un grandissimo Vino. Raro.
A Salina, Nino Caravaglio ha dimostrato che l’isola non è solo una straordinaria destinazione turistica (dove la viticoltura è a rischio per mancanza di manodopera). Con la collaborazione dell’associazione Don Bosco 2000 da qualche anno, infatti, forma e assume migranti dai centri d’accoglienza offrendo loro una nuova prospettiva di vita e l’inserimento nel tessuto sociale. Un esempio che, fortunatamente, si sta rivelando contagioso.
Difficile parlare di cantina emergente quando l’anno di fondazione racconta 1961. Il rientro di Federico De Cerchio, quarta generazione della famiglia, ha portato un cataclisma totale; siamo davanti ad una vera e propria rinascita: nuova cantina con ristorante e qualche suite, ma soprattutto mentalità nuova interamente votata alla qualità. Quest’anno il vino che più ci ha colpito è il Villamagna Riserva ‘22, un Montepulciano esuberante negli aromi di bacche nere mature e portentoso al palato.
Con 180 vendemmie alle spalle la famiglia Ippolito oltre all’anniversario festeggia con un Tre Bicchieri e un Premio Speciale! Il suo Cirò Bianco Mare Chiaro ’24 è un vino di spessore, dal delizioso bouquet di fiori di gelsomino e frangipane, frutta esotica, cui si sommano sentori marini iodati e fragranze mediterranee. Al palato è fresco, sapido e grintoso, e lo trovate in enoteca a meno di 10 euro. Così l’anniversario lo festeggiamo tutti!
Abbiamo conosciuto Francesco Carfagna tanti anni fa quando muoveva i primi passi come vignaiolo, innamorato di questa piccola isola che non ha più voluto abbandonare da una vacanza di fine anni Ottanta. Qui ha messo su famiglia con Gabriella (in vacanza al mare anche lei) e ha recuperato con un lavoro di anni vecchie vigne abbandonate su piccoli terrazzamenti e muretti a secco in luoghi dove ogni operazione in vigna come in cantina non può che essere manuale. La sua Ansonaca è un piccolo inno alla millenaria civiltà mediterranea, e continua anno dopo anno ad affascinarci.
La bella cooperativa di Guardia Sanframodi nell’ultimo decennio ha compiuto un percorso di qualità che ha pochi eguali in Italia, soprattutto considerando che i suoi soci oggi sono 1000 e l’estensione vitata è di 1500 ettari. Grazie ad un management di alto livello e appassionato, i suoi vini sono oggi tra le più belle espressioni dell’enologia campana e non solo. Con straordinaria soddisfazione dei suoi viticoltori e dei consumatori che in tutto il mondo apprezzano le sue etichette.
Essere un magnate con grandi disponibilità economiche da solo non basta per fare grandi vini. Alejandro Bulgheroni è un personaggio che il vino lo ama e lo conosce fino in fondo, come ha dimostrato dando vita a cantine di pregio nelle più belle zone vinicole del mondo. In Italia, anzi in Toscana, sono cinque, e non sapremmo dirvi quale è in cima alle nostre preferenze. Management e tecnici di altissimo livello, terroir d’elezione e una gamma di vini straordinariamente curata ne fanno per noi la Cantina dell’Anno per questa edizione della Guida. Bravo!
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