«È il vino che meglio racconta l’Abruzzo, nella dualità di un Abruzzo montano e marino, dai forti contrasti tenuti assieme. Al momento è la vera possibilità della regione di raccontare chi è, arriva da un vitigno dalla grande personalità ma che con una macerazione breve ne esalta la freschezza, la godibilità e la schiettezza». Queste le parole con le quali Luigi Di Camillo, enologo e titolare, con i genitori e la sorella, della cantina Tenuta I Fauri, descrive il Cerasuolo d’Abruzzo. E noi non possiamo che essere d’accordo con lui, visto che nel bicchiere abbiamo trovato un vino vero, sincero, autentico, dalla beva contemporanea, ma fortemente ancorato alla tradizione.
Dietro a questo vino, però, prima di tutto ci sono delle belle persone che hanno saputo costruire negli anni una cantina a forte vocazione artigiana, capaci di mettere in bottiglia il territorio. Ci troviamo in Abruzzo, nel cuore di Chieti, la provincia più a Sud, tra le colline che dalla Maiella scendono fino all’Adriatico. Tenuta I Fauri è il progetto di una famiglia dedita da anni alla viticoltura e ne è testimone il simpatico soprannome che la accompagna da generazioni, segno di una grande vocazione: Baldovino. Una sfida e uno stile di vita: sono i presupposti che animano papà Domenico, vignaiolo schietto ed estroverso, e i figli, Luigi e Valentina, che da lui raccolgono la passione di “fare il vino”.
foto di https://www.facebook.com/tenuta.ifauri/
Luigi, 42 anni, laureato in Enologia e Viticoltura all’Università di Perugia e poi in quella di Padova, segue la parte produttiva con scrupolosità e passione. Valentina, 45 anni, una laurea in Chimica e tecnologia farmaceutiche a Chieti, ha deciso di seguire le orme del fratello e oggi guida la parte commerciale e di comunicazione dell’azienda. Viticoltori per scelta dunque, e anche per tradizione, con un occhio sulle vasche di cemento in fermentazione e con un orecchio ai tuoni, abituati a patire per una grandinata e a gioire per un nuovo germoglio, a fare vini genuini che accompagnano i ristori quotidiani, vini da bere e da godere.
I 28 ettari di vigneti, coltivati tra l’Adriatico e la Maiella, sono dislocati in sei comuni (Chieti, Francavilla al mare, Miglianico, Ari, Bucchianico e Villamagna) e i terreni, caratterizzati da sabbia, argilla e limo, regalano vini schietti ed eleganti, che riconducono alle zone di produzione. Le vigne, in parte a tendone, in parte a filare, seguono i principi dell’agricoltura biologica. Siamo tra i 100 e i 200 metri sul livello del mare, altitudine che caratterizza le colline teatine.
La cantina è verace e faticata, fatta per lavorare e non per farsi fotografare. Tra le sue mura convivono le vecchie vasche di cemento degli anni Sessanta, ristrutturate e mantenute con cura, e i moderni vinificatori in acciaio. Il legno, invece, è sempre stato usato con grande parsimonia. Quando le stagioni lo consentono, le fermentazioni avvengono in modo spontaneo.
I vini sono immediati, ma non privi di ambizione: l’azienda è stata tra le prime a “liberare” il Montepulciano d’Abruzzo dalla retorica della barrique, puntando nella valorizzazione massima della tipicità del vitigno. Accanto ai rossi, ci sono i bianchi da uve autoctone (il Trebbiano d’Abruzzo, il Pecorino e la Passerina), vini piacevoli e immediati, ma anche complessi e in grado di sfidare il tempo.
Dal 2015 l’azienda ha anche avviato un progetto di spumantizzazione: con due autoclavi, oggi produce integralmente in cantina lo Spumante Metodo Italiano da uve pecorino e lo Spumante Brut Rosé da uve montepulciano, per una produzione limitata a qualche migliaio di bottiglie l’anno. Più recente, del 2021, è invece il progetto di rifermentazioni in bottiglia: Le Belle è il metodo ancestrale da uve pecorino e il Piano del Cavaliere è una seconda fermentazione in bottiglia da uve montepulciano. C’è poi la Riserva di Montepulciano le cui uve arrivano da una vecchia vigna nella contrada di Santa Cecilia a Francavilla al Mare.
Infine, il Cerasuolo, premiato nella guida Vini d’Italia 2026 del Gambero Rosso come Miglior Rosato dell’Anno. «Il premio speciale ci emoziona tantissimo – ci dice Valentina – perché è un premio al vino che più di tutti è un pezzo di cuore. Il Cerasuolo è il vino che racconta le nostre origini, una famiglia di contadini, prima di tutto, come ce ne sono tanti sulle nostre colline. I miei nonni erano viticoltori che conferivano le uve alle cooperative. Mio padre poi ha fatto il passo successivo: diventando vinificatore, e poi ancora un altro più grande 25 anni fa, arrivando finalmente ad imbottigliare il vino delle nostre uve. Da lì Tenuta I Fauri ha preso forma, non da un progetto studiato a tavolino, ma da una strada fatta di tentativi, di lavoro quotidiano e un po’ di incoscienza. E in tutto questo percorso il Cerasuolo è stato il vino che ci ha dato coraggio, ci ha rassicurati nei momenti difficili, ha accompagnato i pranzi chiassosi di famiglia, è il vino di casa, il filo silenzioso che ha attraversato le generazioni, come un testimone. Anche quando rimaneva all’ombra del grande Montepulciano d’Abruzzo, come un fratello minore, nato dalle uve “meno degne”, con noi c’è sempre stato».
«Il Cerasuolo d’Abruzzo ha saputo attraversare le mode, sopportarle, cambiare colore fino quasi a perderlo del tutto. E Luigi e io vogliamo dedicare questo premio a tutto l’Abruzzo e soprattutto a quei vignaioli abruzzesi che hanno resistito alla tentazione di stravolgere questo grande vino per inseguire strade più semplici e remunerative. A quei produttori che hanno insistito perché mantenesse la sua autenticità nella tradizione: una tradizione che non sa di noia e di polvere, ma di identità e di visione. Perché oggi posso dire che ne è valsa la pena. Oggi sappiamo che quel vino, così luminoso, così gioioso, così capace di mettere allegria, non era solo il nostro vino di famiglia: era ed è un grande vino, capace di rappresentare l’Abruzzo nel mondo. È la radice che ci ricorda chi siamo e da dove veniamo».
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