Tutti chiedono piรน cose in etichetta, ma serve se non sappiamo leggere le etichette e non comprendiamo il senso delle norme che le regolano? Una domanda esistenziale, penserete, ma nemmeno poi cosรฌ tanto. Direi piuttosto che si tratti dellโepifenomeno di due tendenze contrapposte. Da un lato ci sono i governi e le istituzioni in generale che molto spesso si cavano dallโimpaccio di non avere mai dato consistenza a un vasto e organico programma di educazione alimentare e che oggi si ritrovano con gli italiani che totalizzano la stessa quantitร (statistica) di anni di salute persi a causa della cattiva alimentazione โ udite udite! โ degli statunitensi. Dallโaltra ci sono i cittadini consumatori (se volete, i consumatori quindi cittadini)ย che aย ogni piรจ sospinto (tramite i propri rappresentanti, ma soprattutto tramite piรน di un sodalizio) chiedono piรน informazioni in etichetta, piรน istruzioni per lโuso, piรน etichette digitali che rivelino vita morte e miracoli della manifattura dove รจ nato quel cibo, i suoi ingredienti e pure quali siano i lavoratori che lโhanno realizzato.
Una tempesta perfettaย che ci regala confezioni su cui troviamo di tutto, anche se ci servirebbe davvero molto meno, e talora non ci capiamo proprio nulla. Per questa ragione, Gambero Rosso inizia un piccolo programma di carattere apertamente educativo: vogliamo aiutare i lettori a raccapezzarsi tra le cose che possono sรฌ leggere, ma necessitano soprattutto di una corretta interpretazione per essere davvero utili. Prendiamo le mosse dalle indicazioni obbligatorie su qualsiasi cibo, ma poi ci allargheremo alle informazioni peculiari di questa o quella categoria di prodotti, per cercare di capire, e quindi comprare e consumare, mettendo a frutto le informazioni disponibili.
Su pressochรฉ ogni etichetta alimentare sono obbligatorie una serie di informazioni, secondo quanto dispone il Regolamento UE 1169 del 2011. Queste informazioni devono trovarsi raggruppate nel medesimo campo visivo (per facilitarne la lettura: non รจ e non deve essere una caccia al tesoro!) e debbono essere scritte con un carattere non inferiore a 1,2 millimetri in altezza.
Innanzitutto dobbiamo trovare il nome dell’alimento o della bevanda: si tratta del nome generico (ad esempio prodotto da forno o bibita analcolica) che fornisce semplicemente unโinquadratura generale: non ci dice nulla sulla qualitร o su altre caratteristiche dellโalimento, ci dice solo a grandi linee di cosa si tratta. In Italia, รจ molto spesso una dicitura che si trova immediatamente prima dellโelenco ingredienti.
Lโelenco degli ingredienti (compresi gli eventuali additivi) รจ semplicemente la lista di tutto ciรฒ che รจ stato utilizzato nel processo produttivo di quel cibo ed รจ rimasto nel cibo finito, quindi รจ destinato ad essere ingerito e digerito dai consumatori. La lista non รจ qualcosa che si compila a capocchia, ma segue un ordina decrescente di peso: in pratica, si effettua una proporzione aritmetica tra la quantitร del singolo ingrediente/additivo utilizzato e il peso del cibo finito. Questo fornirร delle percentuali che consentono agevolmente di dare un ordine decrescente allโelenco. Che differenza cโรจ tra ingredienti e additivi? Nulla di incomprensibile. Semplicemente, un ingrediente รจ un elemento senza il quale non cโรจ un determinato cibo: alla latina, รจ un essentiale. Come le uova, il burro, la farina di grano tenero perchรฉ quel dolce possa chiamarsi legittimamente panettone. Un additivo, invece, รจ una sostanza che si aggiunge per migliorare un aspetto del cibo o della sua produzioneย e che rimane nel prodotto che alla fine mangiamo: senza un emulsionante come la lecitina di soia, per esempio, il cioccolato si fa lo stessoย ma la mescola degli ingredienti non sarร perfetta come invece ci piace. Gli additivi, nellโelenco, vanno sempre preceduti dal nome della categoria cui appartengono (conservanti, coloranti, antiossidanti…).
Gli ingredienti non sono tutti uguali: se un prodotto vanta un ingrediente come caratterizzante o lo mette in bella mostra sulla confezione, quello sarร il quid rispetto al quale bisogna dare qualche informazione in piรน: se quella che vendi รจ una torta di nocciole, lโesatta percentuale di nocciole dovrร comparire di fianco al nome di questโingrediente nellโelenco. Ma anche se il tuo prodotto รจ una crema spalmabileย con un nome di fantasia, che perรฒ sulla confezione reca la foto di un bicchiere di latte, delle nocciole e della polvere di cacao, di questi tre ingredienti dovrร essere indicata puntualmente la percentuale. Consentendo tra lโaltro, a chi compra, di notare che nessuno di quei tre ingredienti รจ il primo nรฉ il secondo della lista.
Alle volte un ingrediente รจ speciale ma non perchรฉ rende quel cibo piรน popolare o ambito, bensรฌ perchรฉ una categoria di persone deve farci attenzione. In Europa sono individuati 14 gruppi di ingredienti trattati come allergeni maggiori. Siย va dai cereali (contenenti glutine) al sesamo, dal latte alle uova, dal pesce ai molluschi e crostacei; dalle noci (di qualsiasi pianta) alle arachidi e ai lupini, fino ad arrivare allโanidride solforosa e ai suoi composti. Indicare gli allergeni in etichetta รจ un obbligo che va rispettato mettendoli in luce in modo non equivoco e chiaro: un carattere piรน grande; un elenco a parte che si aggiunge a quello degli ingredienti, ma contiene solo gli allergeni; un carattere grassetto. Tutto, purchรฉ si comprenda bene che cโรจ quel determinato ingrediente o additivo critico.
Quasi sempre, poi, su un cibo, troviamo una data. Fanno eccezioni il sale, lo zucchero, le spezie o le bevande con piรน del 10% di alcol. Non sempre perรฒ sappiamo cosa voglia dire quella data. Ci sono due tipologie di data: una รจ quella di scadenza, che riguarda quei cibi che, oltre un certo termine, non sono piรน consumabili senza rischi o perdono i loro specifici benefici, che dipendono dalla carica microbica interna. Lโaltro tipo di data, invece, รจ il termine minimo di conservazione (โda consumarsi preferibilmenteโ): un giorno, un mese o un anno che non vogliono dire nulla in termini di sicurezza per i consumatori, ma servono come limite per la garanzia da parte del produttore degli aspetti estetici e organolettici del cibo: profumo, colore, fragranza, consistenza. Una volta superato il termine minimo di conservazione, se il biscotto non รจ piรน friabile, pace, ma ovviamente resta commestibile esattamente come prima: un buon motivo per smettere di cercare di accaparrarsi il sacchetto di frollini in terza fila, sullo scaffale del supermercato, perchรฉ โscade piรน lร โ, non credete?
Come abbiamo visto, lโalcol ha delle conseguenze anche sullโetichettatura: deve essere indicato in modo specifico se supera 1,2% del volume complessivo del liquido, non importa se perchรฉ usato come ingrediente o frutto di una fermentazione. Gli alcolici, tranne il vino che ha perso questo privilegio a partire dallโ8 dicembre 2023, non hanno lโobbligo di riportare lโelenco ingredienti. Perchรฉ? Perchรฉ le persone dovrebbero riservare tutta la propria attenzione e consapevolezza allโalcol, invece di essere distratte da cose meno rilevantiโฆ
Su ogni confezione di cibo dobbiamo poi trovare il nome e lโindirizzo di chi ha prodotto materialmente il cibo, di chi lo ha confezionato, facendone delle confezioni a partire dal prodotto sfuso, oppure di chi vende semplicemente quel cibo sotto il proprio marchio. Sono le marche commerciali di cui sono titolari i supermercati, si chiamano anche private label, e oggi valgono quasi il 40% delle vendite al supermercato, in Europa. Avere un nome e un indirizzo sulla confezione, dโaltra parte, รจ lโinizio della tutela dei consumatori, che sempre piรน spesso, non comprando in negozi fisici, debbono avere un riferimento, qualora ci fosse qualcosa che non va. In Italia, poi, dal 2018 รจ in vigore lโobbligo di indicare lo stabilimento di produzione o di confezionamento: un elemento su cui varrร la pena di ritornare, per evidenziarne le contraddizioni intrinseche.
Infine, da fine 2016 รจ entrata finalmente in vigore la norma che impone, su tutti i cibi confezionati, di riportare unโinformazione nutrizionale con in evidenza energia, grassi, carboidrati, proteine e sale. Un elemento che dovrebbe essere assolutamente cruciale per decidere come comporre la propria dieta. Invece, a quanto pare, per i consumatori questo non รจ diventato piรน facile e da piรน parti si sostiene la necessitร di unโinformazione nutrizionale di lettura piรน agevole e immediata, magari sul fronte della confezione: in Gran Bretagna si chiama semaforo; in Francia, Nutriscore. La tendenza, come evidenziano molti nutrizionisti scrupolosi, รจ sempre nella direzione di ridurre lโeducazione a unโindicazione di questo sรฌ-questo no, che non corrisponde alla soluzione migliore del problema, ovvero la consapevolezza di avere bisogno di un regime alimentare equilibrato, diversificato, ipocalorico e inserito in un contesto di vita attiva.
Su questi punti, perรฒ, ci torneremo su a breve, magari sviscerando anche il concetto di origine in etichetta. Eh sรฌ, perchรฉ ricerche recenti, ed evoluzioni sociali, ci raccontano sempre di piรน di una vera e propria ossessione per la provenienza che spesso ha poco o nulla a che vedere con la qualitร di un prodotto, la sua salubritร e in definitiva la sua raccomandabilitร . Una palestra di sciovinismo alimentare che non fa del bene, al Belpaese, checchรฉ ne dicano certe agenzie nazionali.
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