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Agricoltura

Allarme soia: in Italia un seme su tre non รจ certificato

Assosementi mette in luce una zona d'ombra che rischia di compromettere le eccellenze del Made in Italy, compresi formaggi e prosciutti.

  • 29 Marzo, 2019

Soia in Italia

L’Italia รจ il Paese leader in Europa per produzione di soia non Ogm. Solo nel 2018 il nostro paese ha immesso sul mercato il 47% del totale, circa 1,13 milioni di tonnellate. Il registro sementi nazionale ne conta 140 varietร , coltivate su 326mila ettari. Clima e suolo contribuiscono a rese eccellenti che si attestano su una media produttiva di circa 3.4 tonnellate per ettaro. E il giro di affari non รจ da poco, le stime si attestano infatti sui quasi 400 milioni di euro.

Eppure questo settore apparentemente fiorente รจ adombrato da un dato allarmante: il 30% dei semi non รจ certificato.

Come si certifica un seme

Dagli anni ’70 esiste in Italia un sistema di tracciabilitร  di tutta la filiera nel settore sementiero. Il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) ne รจ l’ente certificatore. E il percorso di certificazione รจ tanto lungo quanto affidabile. Nel caso specifico dura all’incirca 4 anni, periodo in cui la pianta viene monitorata quotidianamente nei campi catalogo finchรฉ non si ottiene l’assoluta stabilitร  varietale che le consente di essere diffusa.

Gli usi della soia: il comparto zootecnico

Contrariamente a quanto si pensi, la soia prodotta รจ solo in minima parte destinata al consumo umano, il 90% infatti โ€œnutreโ€ il comparto zootecnico. In parole povere diventa mangime. La soia sopperisce al fabbisogno proteico degli animali d’allevamento (per il fabbisogno energetico si usa prevalentemente mais). Ed รจ proprio da questi allevamenti che si ottengono alcuni dei prodotti simbolo di eccellenza del made in Italy in tutto il mondo, come salumi, prosciutti e formaggi. Oltre naturalmente alla carne.

Il dato curioso che emerge, quindi, รจ che in realtร  sono i โ€œcarnivoriโ€ a consumare la maggior parte della soia, mentre coloro che seguono regimi alimentari veg ne sfruttano solo il 10%, in forma di tofu, surrogati della carne, latte, oli.

L’importanza della certificazione

Ma perchรฉ il seme certificato รจ cosรฌ importante? In primo luogo perchรฉ in Italia non รจ consentito l’impiego di Ogm, e la certificazione garantisce l’assenza di modifiche genetiche. Inoltre offre certezza sull’origine, l’identitร  specifica e varietale, la germinabilitร  a norma di legge e l’assenza di semi di erbe infestanti (che limita l’impiego di diserbanti).

Sul totale dei costi produttivi, la certificazione ufficiale del seme influisce solo del 2%. Il costo del seme stesso, per fare un paragone, incide al 9%, la raccolta e il trasporto al 15%, mentre la preparazione del terreno al 23%.

Benchรฉ sia difficile individuare la provenienza dei semi non certificati, รจ ipotizzabile individuare la causa in una pratica di auto produzione, piรน che nel contrabbando o in mercati neri esteri. Attivitร  paradossale (e illegale), soprattutto alla luce dei dati diffusi da Assosementi. In poche parole, per risparmiare sul 2% del costo di produzione si mette a repentaglio un settore con un giro di affari da 400 milioni di euro.

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a cura di Saverio De Luca

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