Cโรจ un termine francese, jacquerie, che anche se oggi non รจ di uso comune, a un certo punto รจ entrato nel nostro vocabolario e ci รจ rimasto. ร una parola che si porta dietro un discreto fascino, non tanto perchรฉ alle sue spalle si muove una brulicante aneddotica (non รจ vero: anche e forse in buona parte per questo), quanto perchรฉ, come altre parole sue simili, รจ poco comune ma ha avuto uno straordinario successo, ha travalicato epoche e luoghi, e si porta appresso tutta una serie di illuminanti spiegazioni sul nostro passato e sul nostro presente. In senso ampio, con jacquerie si intende lโinsurrezione popolare non organizzata: originariamente il termine indicava nello specifico lโinsurrezione antifeudale dei contadini (e ancora piรน nello specifico la rivolta deflagrata nellโOise nel 1358), che in Francia venivano chiamati dalla nobiltร con il nome sprezzante di ยซJacques Bonhommeยป, che noi tradurremmo in italiano con Giacomo Ometto.
Per chi ha natali piemontesi il senso di Bonhomme รจ molto piรน chiaro e intuitivo di quanto tradisca questo adattamento: bonรฒm (si legge bunom) in dialetto identifica una persona un poโ ingenua e sottomessa, uno che vale poco per mancanza di personalitร . ร un termine derisorio che in sรฉ contiene ed esprime tutto lo sdegno nobiliare rivolto nel Medioevo alla gente che abitava le campagne, che si nutriva del senso di superioritร delle classi dominanti. Il Trecento fu a tal punto un secolo di rivolte popolari e contadine che Jacques Bonhomme e (soprattutto) la jacquerie divennero un simbolo archetipico, capace di resistere intatto nei secoli.
Lโepisodio circoscritto che diede i natali alla jacquerie, la Jacquerie con la J maiuscola, fu quello, come accennato, che nel 1358 vide i contadini dellโOise, regione situata appena a nord di Parigi, ribellarsi alla crisi economica e politica figlia della Guerra dei centโanni. Anche se i contadini furono sconfitti e i moti repressi nel sangue, con migliaia di vittime rimaste a terra, resta il fatto che il Trecento fu, in tutto e per tutto, il secolo delle grandi crisi e quindi delle grandi rivolte, non solo in Francia: abbiamo giร accennato che alla Grande carestia del 1315-1317 aveva fatto seguito la peste nera del 1347-1350, e a ciรฒ si erano aggiunte le frequentissime guerre con le loro razzie. Le sfide poste al mondo contadino dalla sostituzione delle colture cerealicole con produzioni piรน redditizie (per i padroni) e dalle prepotenze del ceto fondiario โ quasi sempre identificabile con il nobile-feudatario di turno โ divennero la benzina che accese lo scontro.
Visto il contesto, e visto il valore materiale e culturale assurto dal pane nel corso dellโepoca medievale, non deve stupire il fatto che la parola dโordine delle rivolte trecentesche fosse ยซle pain se lรจveยป: un gioco di parole tra ยซil pane lievitaยป e ยซil pane si sollevaยป (nel senso di ribellione) che divenne ยซthe bread will raiseยป in Inghilterra, dove a guidare le sollevazioni nel 1381 furono Wat Tyler e il prete e fervente oppositore del feudalesimo John Ball. Costoro furono alla guida di una rivolta contadina che mise a ferro e fuoco prima Canterbury (con tanto di decapitazione dellโarcivescovo) e poi Blackheath, per poi marciare su Londra. Al re Riccardo II, allora appena quattordicenne, Tyler chiese lโabolizione della servitรน feudale, il diritto di macinare il grano e di cuocere il pane, cosรฌ come quello di farsi la birra. Questo perchรฉ il sistema feudale, nel suo continuo moltiplicare le imposizioni e i balzelli di cui si nutriva il parassitismo nobiliare, impediva praticamente ai contadini di panificare a casa, obbligandoli a servirsi dei forni del signore, con tanto di tassa a fare da esoso contorno. Ovviamente anche questa rivolta fu soffocata nel sangue, e il diritto di macinare il grano e di cuocere il pane rimase precluso ai contadini inglesi.
Se il Medioevo, dunque, collocรฒ il pane al centro della ribellione politica delle classi piรน svantaggiate, fu tuttavia lโetร moderna, quella che per convenzione รจ compresa tra la scoperta dellโAmerica nel 1492 e la Rivoluzione francese nel 1789, a cucirgli intorno un portamento movimentista, a issarlo sulle barricate e a coltivarne il potere simbolico di rivendicazione sociale. Uno degli elementi piรน interessanti di questa vicenda culturale รจ perรฒ in un certo senso testimoniato per via indiretta, essendo riportato in un romanzo (per quanto costruito intorno a eventi storici realmente accaduti) ambientato nel 1628, ma scritto quasi due secoli dopo e pubblicato nella sua prima edizione tra il 1825 e il 1827: mi riferisco allโepisodio del XII capitolo de I promessi sposi di Alessandro Manzoni, che racconta lโassalto al forno delle grucce durante il tumulto di San Martino, in quel di Milano.
Sullโindole politica di Alessandro Manzoni si รจ scritto tutto e il contrario di tutto, dipingendo questo padre della letteratura italiana di volta in volta come rivoluzionario, impenitente conservatore, censore del clericalismo, cattolico bigotto, a seconda degli scritti che lโinterprete di turno citava, provenienti da varie fasi della sua carriera. Qui, a ogni modo, ci concentreremo solo in modo circoscritto sul senso politico del pane nel romanzo.
Il celebre assalto al forno delle grucce โ episodio storico realmente accaduto โ nel racconto manzoniano viene mostrato come il risultato del cortocircuito tra una condizione di natura ambientale e una decisione di umanissima impronta: il 1628, lโanno in cui sono ambientate le vicende del romanzo, fu il secondo consecutivo di scarsi raccolti a causa del clima e delle guerre, situazione questa aggravata dal fatto che le scorte erano giร state intaccate nei mesi precedenti. La risposta ยซamministrativaยป per mano del gran cancelliere Antonio Ferrer, che faceva le veci di don Gonzalo Fernรกndez de Cรณrdoba, impegnato nellโassedio di Casale Monferrato, fu di fissare il prezzo del pane per decreto, senza tenere conto del fatto che la farina aveva raggiunto un prezzo molto alto, e che quindi fare pane a quelle condizioni non era economicamente sostenibile per i fornai. Messi alle strette, questi ultimi ottennero infine lโaumento del prezzo del pane: ยซI fornai respirarono; ma il popolo imbestialรฌยป.
Del Manzoni รจ ammirevole la capacitร , nel contesto del romanzo storico, di colorare la narrazione con pennellate di pathos e dettagli davvero efficaci. Nelle pagine che raccontano lโepisodio gli esempi sarebbero innumerevoli, a partire dalla descrizione delle ยซmoltitudiniยป, quelle masse popolari che sarebbero diventate nel secolo in cui Manzoni viveva e scriveva protagoniste indiscusse della dialettica pubblica e dei sollevamenti sociali, e che egli riconosce giร in azione due secoli prima:
Glโincettatori di grano, reali o immaginari, i possessori di terre, che non lo vendevano tutto in un giorno, i fornai che ne compravano, tutti coloro in somma che ne avessero o poco o assai, o che avessero il nome dโaverne, a questi si dava la colpa della penuria e del rincaro, questi erano il bersaglio del lamento universale, lโabbominio della moltitudine male e ben vestita. Si diceva di sicuro dovโerano i magazzini, i granai, colmi, traboccanti, appuntellati; sโin- dicava il numero deโ sacchi, spropositato; si parlava con certezza dellโimmensa quantitร di granaglie che veniva spedita segretamente in altri paesi; neโ quali probabilmente si gridava, con altrettanta sicurezza e con fremito uguale, che le granaglie di lร venivano a Milano.
La psicologia delle masse, branca della psicologia sociale sviluppatasi nel secondo Ottocento sulla scia dellโimpatto della Rivoluzione francese, dei moti del 1848 e della Comune di Parigi del 1870, trovรฒ negli studi di due intellettuali borghesi come Gustave Le Bon e Gabriel Tarde โ ai ferri corti con il clima di perenne disordine politico dellโepoca โ i suoi alfieri piรน celebri e (giustamente) celebrati. Tuttavia, lโaffresco di Manzoni coglieva nel segno giร molti anni prima: ยซLa sera avanti questo giorno in cui Renzo arrivรฒ in Milano, le strade e le piazze brulicavano dโuomini, che trasportati da una rabbia comune, predominati da un pensiero comune, conoscenti o estranei, si riunivano in crocchi, senza essersi dati lโintesa, quasi senza avvedersene, come gocciole sparse sullo stesso pendรญoยป. E ancora: ยซMigliaia dโuomini andarono a letto col sentimento indeterminato che qualche cosa bisognava fare, che qualche cosa si farebbeยป.
Le strade di Milano ribollivano di fame e di rabbia, e alcuni cominciarono a depredare i garzoni che consegnavano il pane a chi se lo poteva permettere, finchรฉ si udรฌ gridare ยซal forno! al forno!ยป. La folla ormai innescata di- ventรฒ un fiume in piena, e si diresse in strada Corsia deโ Servi dove si trovava il forno delle grucce. Qui lโassalto fu veloce, incontrollabile: non bastarono le porte e le finestre serrate, non bastarono il capitano di giustizia e gli alabardieri intervenuti: ยซLa gente comincia ad affollarsi di fuori, e a gridare: โ pane! pane! aprite! aprite!ยป. Una volta dentro, si delinea il momento di piรน furiosa irrazionalitร della folla:
La vista della preda fece dimenticare ai vincitori i disegni di vendette sanguinose. Si slanciano ai cassoni; il pane รจ messo a ruba. Qualcheduno in vece corre al banco, butta giรน la serratura, agguanta le ciotole, piglia a manate, intasca, ed esce carico di quattrini, per tornar poi a rubar pane, se ne rimarrร . La folla si sparge neโ magazzini. Metton mano ai sacchi, li strascicano, li rovesciano: chi se ne caccia uno tra le gambe, gli scioglie la bocca, e, per ridurlo a un carico da potersi portare, butta via una parte della farina: chi, gridando: โ aspetta, aspetta, โ si china a parare il grembiule, un fazzoletto, il cappello, per ricever quella grazia di Dio; uno corre a una madia, e prende un pezzo di pasta, che sโallunga, e gli scappa da ogni parte; un altro, che ha conquistato un burattello, lo porta per aria: chi va, chi viene: uomini, donne, fanciulli, spinte, rispinte, urli, e un bianco polverรญo che per tutto si posa, per tutto si solleva, e tutto vela e annebbia. Di fuori, una calca composta di due processioni opposte, che si rompono e sโintralciano a vicenda, di chi esce con la preda, e di chi vuol entrare a farne.
Sembra di stare di fronte a un quadro coloratissimo, talmente รจ vivida la descrizione. La folla milanese seicentesca dipinta da Manzoni ha gli stessi tratti che Le Bon vedeva nelle folle ottocentesche, e su cui aveva costruito la tesi al centro del fortunato pamphlet Psychologie des foules, uscito nel 1895: tratti tutti in negativo, a scanso di equivoci. Nella folla, sosteneva infatti Le Bon, lโindividuo muta psicologicamente e in modo radicale, compiendo azioni che da solo non avrebbe mai compiuto, lasciandosi trascinare da impulsivitร e violenza. Sono tre, a suo dire, i meccanismi fondamentali che caratterizzano lโindividuo immerso nella folla: lโacquisizione di un senso di potenza invincibile; lโagire per suggestione; e la trasmissione di questโultima da un individuo allโaltro per contagio, come se fosse una malattia infettiva. La folla milanese de I promessi sposi รจ agitata dalle stesse dinamiche, potremmo dire. Renzo, il protagonista maschile del romanzo, no: vi si intrufola sospettoso, osserva, se ne sta in disparte e tra sรฉ e sรฉ biasima i riottosi. In questo suo ยซposizionamentoยป possiamo leggere tutta la presa di distanza manzoniana dalle folle cittadine e dai disordini, pur restando I promessi sposi un romanzo delle classi subalterne, e di denuncia dellโautoritarismo del potere.
*Estratto del libro Storia del pane – Un viaggio dall’Odissea alle guerre del XXI secolo pubblicato da Il Saggiatore
ยฉ Gambero Rosso SPA 2025
P.lva 06051141007 Codice SDI: RWB54P8 Gambero Rosso registrazione n. 94/2021 Tribunale di Roma
Modifica impostazioni cookie
Privacy: Responsabile della Protezione dei dati personali – Gambero Rosso S.p.A. – via Ottavio Gasparri 13/17 – 00152, Roma, email: [email protected]
Resta aggiornato sulle novitร del mondo dell’enogastronomia! Iscriviti alle newsletter di Gambero Rosso.
ยฉ Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.
Made with love by Programmatic Advertising Ltd
Made with love by Programmatic Advertising Ltd
ยฉ Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati