La dieta รจ la piรน antica delle religioni laiche: penitenze a tavola, peccati di gola, redenzioni temporanee e ricadute inevitabili. ร un teatro dellโanima, non dello stomaco. Perchรฉ il grasso non รจ solo questione di forchetta, ma di testa: di ansie, di abitudini, di come impariamo a specchiarci. Spesso รจ lโuso che facciamo del cibo a tormentarci: consolazione, punizione, compagnia. Dunque, ogni scorciatoia che ci promette di liberarci dal tormento della rinuncia viene accolta come un miracolo. Lโultimo oracolo si chiama Ozempic (ne abbiamo qui e qui), e a officiare la liturgia รจ addirittura la tennista Serena Williams in uno spot pubblicitario che la vede sorridere mentre affonda un ago nella pancia. La stessa atleta ha raccontato di averlo utilizzato per dimagrire.
Unโicona di forza e vittoria, madre e atleta, piegata al nuovo culto? Non il muscolo, non la resistenza, ma la snellezza. Il claim รจ giร catechismo: โIl farmaco di cui avevo bisogno dopo due gravidanze non รจ una scorciatoia, รจ scienzaโ. Peccato che la scienza in questo caso nasca per altro: Ozempic รจ un farmaco per il diabete di tipo 2, e solo da qualche anno – negli Stati Uniti giร dagli anni 2010 – ha cominciato la sua carriera parallela come dimagrante, off-label, nelle mani di chi vuole risultati rapidi.
Ma qui non si parla solo di chimica: si parla di cultura. Il farmaco diventa trucco, la terapia diventa cosmetico, la salute diventa estetica. La gravidanza un problema da risolvere, un fisico da sistemare ex post (un riferimento davvero spiacevole da promuovere in uno spot pubblicitario). Un corpo come quello di Serena Williams, capace di riscrivere la storia dello sport, deve ancora sottoporsi al giudizio della bilancia, all’ansia del nutrirsi, come se le vittorie non bastassero. Lei stessa ha rivelato di averlo usato, nulla da sindacare, ma Non รจ la glicemia a guidare la scelta, ma il bisogno di mostrarsi compatibile con uno standard visivo che divora ogni diversitร . Per le donne, quasi un’ossessione.
La pubblicitร compie il resto del lavoro: sterilizza il gesto clinico, lo rende desiderabile, lo ribattezza routine di bellezza. E cosรฌ il farmaco, nato per ridurre un rischio medico, diventa la risposta a un disagio culturale. Non piรน: โSto meglioโ, ma: โAppaio meglioโ. Non piรน prevenzione, ma prestazione. ร la medicina che indossa i panni dellโestetista. E il cibo? Il rischio รจ quello di considerarlo un nemico.
E allora diciamolo: le diete sono dure, ma almeno ci costringono a un rapporto col cibo, col tempo, con la fatica. Lโiniezione, invece, รจ muta, cancella il conflitto e mette in scena la soluzione perfetta; rapida, silenziosa, invisibile. Non ci libera dal peso, ci lega a unโidea di bellezza che non ha nulla di salutare. Unโidea che non nutre, ma consuma. Vogliamo davvero un futuro in cui lโago sostituisca il piatto e uno spot decida cosa significa stare bene?
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