Attualità

Il caffè brasiliano è in crisi

La siccità in Brasile fa crollare la produzione di arabica, facendo impennare i prezzi. Caffetterie come Faro rispondono con scelte obbligate per mantenere la qualità del prodotto

  • 31 Luglio, 2025

Il 2025 si sta rivelando un anno critico per la filiera globale del caffè. Il Brasile, primo produttore mondiale di caffè, è stato colpito da una crisi agricola senza precedenti. La prolungata assenza di piogge in regioni storiche come Minas Gerais, Sao Paulo e Alta Mogiana, unita a picchi di calore anomali, ha compromesso la produzione a tal punto che in molte piantagioni il raccolto è crollato fino al 60-70%.

Effetto domino

Ad inizio anno i futures (contratti negoziabili che si riferiscono all’acquisto o alla vendita di un’attività sottostante) sull’arabica hanno superato i 4,40 dollari per libbra, un livello che non si vedeva dal 2011. Nel giro di pochi mesi, le esportazioni globali sono scese del 14% (dai dati dell’International Coffee Organization), le scorte si sono praticamente esaurite e i prezzi, per torrefattori e caffetterie, sono schizzati alle stelle.

Oltre il 20% dei chicchi raccolti non raggiunge più gli standard qualitativi abituali. I costi per i produttori sono aumentati a causa dell’adozione di sistemi di irrigazione d’emergenza, mentre il rafforzamento del real brasiliano (valuta del Brasile) e l’aumento dei costi di trasporto ed energia, hanno ulteriormente gonfiato i prezzi. In diverse regioni del sud-est sono avvenuti episodi di furto organizzato di caffè verde. La situazione è diventata talmente grave che molti produttori hanno iniziato a sorvegliare le proprietà.

La situazione in Italia

In questo scenario, anche in Italia iniziano a vedersi i primi segnali concreti dell’impatto di questa crisi. A Roma, la caffetteria Faro – Caffè Specialty, da sempre attenta alla trasparenza e alla qualità della materia prima, ha affisso un cartello che spiega in modo chiaro ai clienti la necessità di unificare i prezzi del bancone con quelli del tavolo. Una scelta motivata non solo dai rincari, ma anche dalla volontà di mantenere uno standard alto lungo tutta la filiera.

Dario, uno dei fondatori di Faro e responsabile della parte caffè e torrefazione, ci racconta: «È una situazione che all’estero affrontano da più di un anno, ma noi avevamo ancora delle scorte acquistate tempo fa a prezzi più contenuti. Ora, a causa della siccità in Brasile, siamo costretti ad unificare i prezzi tra bancone e tavolo, solo per il caffè brasiliano».

Niente compromessi

«Alcuni – spiega ancora Dario – cercano di mantenere i prezzi bassi comprando raccolti vecchi o stoccati, ma noi questa scelta non la faremo. Siamo coerenti con il nostro approccio: solo caffè fresco, di alta qualità e da filiere tracciabili. Abbiamo retto fino a luglio con le ultime rimanenze, ma adesso dobbiamo adeguarci. È una crisi mondiale, non si può ignorare».

Da Faro, una tazzina di caffè doppio che fino a pochi mesi fa costava 2,50 euro da agosto ne costerà 3. «Sappiamo che non tutti i clienti accetteranno, ma dobbiamo trovare un equilibrio: stipendi giusti per il personale, prezzi sostenibili per gli agricoltori, e la possibilità per noi di continuare a lavorare bene. È una scelta imprenditoriale necessaria», conclude Dario.

Mentre la filiera brasiliana si interroga sul futuro — tra investimenti in varietà più resistenti, sistemi agroforestali e nuove pratiche agricole — il mercato globale del caffè sembra essere entrato in una fase di profonda trasformazione. E le caffetterie di qualità, come Faro, si trovano a dover fare scelte complesse per restare fedeli alla loro visione, anche quando il costo di una tazzina diventa simbolo di una crisi ben più ampia.

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