Il rapporto, elaborato in collaborazione con enti come le Nazioni Unite (UN) – Turismo, l’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV), il Great Wine Capitals Global Network (GWC) e WineTourism.com, ha coinvolto 1.310 cantine di 47 Paesi in tutto il mondo per offrire una panoramica completa dell’industria enoturistica globale. Il 70% dei partecipanti allo studio aveva sede in Europa. Il 17% delle cantine coinvolte si trovava in Italia, il 16,9% in Germania e l’11,5% in Francia. Per quanto riguarda il resto del mondo, il Paese più rappresentato è stato gli Stati Uniti, con il 2,9% del totale.
Tra i produttori intervistati, la grande maggioranza (88%) offre qualche forma di attività turistica. Tra il 12% che non lo fa, la motivazione principale indicata è la mancanza di personale, con il 50% che cita la carenza di manodopera come fattore determinante nella propria decisione. Il 46% ha invece dichiarato che la ragione è la mancanza di tempo. Questi due fattori risultano particolarmente evidenti tra le cantine europee: mentre il 57% delle aziende del continente che non accolgono turisti del vino afferma che la causa è la mancanza di personale, tra le cantine extraeuropee la percentuale scende al 30%.
Il quadro è simile anche per altri aspetti: ad esempio, mentre il 7% dei produttori europei senza offerta enoturistica ha citato la concorrenza di altri produttori come motivo, tra quelli extraeuropei (inclusi Stati Uniti, Argentina e Australia) la percentuale è pari a zero. Secondo il rapporto, inoltre, le cantine europee mostrano una maggiore riluttanza ad aggiungere un ramo turistico alle proprie attività. Tra coloro che oggi non offrono esperienze enoturistiche, il 23% dei produttori europei ha risposto con un deciso “no” alla domanda se intendano farlo in futuro, contro appena il 12% dei produttori non europei.
Per l’88% delle cantine aperte al turismo, lo studio mette in evidenza differenze significative nelle esperienze proposte ai visitatori. Ad esempio, se una percentuale simile di aziende in Europa e nel resto del mondo organizza degustazioni (rispettivamente 79% e 80%), una quota molto maggiore di cantine europee offre visite ai vigneti (63% contro 55%). Al contrario, le cantine extraeuropee sono più propense a ospitare eventi privati (53% contro 43%) o a offrire attività per chi non consuma vino (38% contro 22%).
I dati mostrano chiaramente che le cantine fuori dall’Europa hanno adottato più rapidamente il turismo del vino. Il 60% delle aziende non europee che offrono degustazioni, tour e altre esperienze lo fa da oltre dieci anni, contro il 49% di quelle europee. C’è anche una differenza nella percezione dei benefici economici legati al turismo del vino: alla domanda di valutare, su una scala da 1 a 5, quanto positivamente considerano tali benefici, le cantine non europee hanno assegnato un punteggio medio di 3,9, mentre quelle europee 3,6 — una differenza che il rapporto definisce “statisticamente significativa”.
Questa divergenza può forse essere spiegata da un altro dato: in media, le cantine europee attirano un quarto dei visitatori annuali (circa 1.000) rispetto alle non europee, che ne registrano circa 4.000.
Nonostante questi dati evidenzino un divario significativo, la situazione sta evolvendo in modo positivo per l’enoturismo europeo. Il turismo del vino a livello globale è fortemente dominato dalla fascia d’età 45-65 anni: sia in Europa che fuori, questa rappresenta la stragrande maggioranza dei turisti del vino (82% in Europa, 80% nel resto del mondo). Gli under 25 costituiscono appena il 2%.
Le preoccupazioni per il minore interesse dei giovani verso il vino sono ormai un tema caldo nel settore, poiché il calo dei consumi potrebbe avere ripercussioni sull’enoturismo. Tuttavia, il rapporto mostra un segnale incoraggiante: l’interesse dei giovani per il turismo del vino è cresciuto in misura significativamente maggiore in Europa (43%) rispetto al resto del mondo (34%). Questa tendenza suggerisce un potenziale di crescita importante per l’enoturismo europeo negli anni a venire.
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