È morto venerdì 8 agosto, a 91 anni, Lorenzo Accomasso. Figura storica e amatissima del vino piemontese, “filosofo della vigna” e custode di un sapere contadino che ha attraversato il Novecento per arrivare intatto fino a noi. Nato a La Morra il 29 dicembre 1933, per tutti era “il Commendatore” o semplicemente Lorenzo: un uomo schietto, ironico, capace di parlare alla terra e di ascoltarla.
La sua storia comincia in una Langa ancora povera e contadina. Nel 1958, con il padre e la sorella, imbottigliò il primo vino. Allora la Barbera era quotidianità, il Barolo un sogno distante. Negli anni, con lunghe macerazioni e un rispetto assoluto per il ritmo naturale, arrivò a firmare bottiglie divenute leggenda, come il Rocche dell’Annunziata Vigneto Rocchette. Negli anni Novanta fu tra i “Barolo Boys” – insieme a Elio e Silvia Altare, Giorgio Rivetti, Roberto Voerzio – i produttori che introdussero la barrique in un territorio legato alla botte grande, cambiando il volto del re dei vini piemontesi.
Chi lo ha incontrato ricorda la sua poderosa stretta di mano, lo sguardo diretto, l’energia contagiosa. Accomasso viveva i filari come un’estensione di sé: li percorreva per sentire foglie e acini. Un amore intenso, capace di dare vini integri, complessi e rigorosi, specchio di un territorio che lui non ha mai tradito. Amava i fumetti di Tex Willer, le bignole, le albe. Si alzava presto e andava a letto tardi, salutando anche la luna. Quando la stanchezza si faceva malinconia, saliva sopra la vigna Ronchetti a guardare le sue colline e ritrovare leggerezza.
Per vent’anni presidente della Cantina comunale di La Morra, ha unito vecchia e nuova generazione di vignaioli, promosso libri ed eventi, sostenuto lo sport locale. La sindaca Marialuisa Ascheri lo ha ricordato così: «Renzo era l’autentico vignaiolo innestato sulla vite, un contadino arguto e creativo. Quando andai a Piacenza a ritirare il premio “Il Vignaiolo dell’Anno” a suo nome, mi pregò di riferire questo messaggio: siamo molti vignaioli, ognuno nel vino lascia la sua impronta, ma insieme dobbiamo portare alto il vino italiano nel mondo».
Il vino, per Lorenzo, andava imbottigliato quando è pronto, e non quando lo vuole il mercato. «Dà il meglio dai sette ai quindici anni – diceva – ma ce ne sono che sanno raccontare storie anche dopo cinquant’anni. Basta saperli ascoltare». Se fosse rinato cento volte, avrebbe scelto sempre questo mestiere. Non per denaro, non per gloria, ma per amore.
I funerali si terranno martedì 12 agosto alle 9.30 nella parrocchia di La Morra, con partenza alle 8.45 dall’ospedale di Verduno. Ad accompagnarlo ci sarà la sua comunità e tutto il Piemonte del vino: quello che Lorenzo Accomasso ha saputo raccontare, cambiare e amare, senza mai smettere di sentirsi, nel profondo, un uomo di vigna.
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