Si sono spente le luci su Cibus, la piรน internazionale fiera italiana del food in quella che รจ una delle capitali mondiali della gastronomia. Ne hanno parlano tutti i media, cartacei e digitali. A ridosso della quattro giorni, dal 7 al 10 maggio, le strutture ricettive a Parma e dintorni erano prenotate da mesi. Gli 8 padiglioni del polo fieristico, che insieme formano una cittร grande quasi come il capoluogo parmigiano, hanno accolto industrie, soprattutto, e aziende medie che esportano o pronte per lanciarsi sul mercato estero.
Unโofferta trasversale e per tutti i gusti: prodotti local accanto a quelli global, salumi appesi e grandi forme di grana e parmigiano di fronte agli stand di bistecche plant-based o formaggi vegani, i classici prodotti Dop e Igp e specialitร innovative. Inutile, cercare le piccole realtร che non escono dai confini nazionali, per loro ci sono fiere piรน territoriali e del settore di nicchia, una su tutte Taste. Ma proprio per questo Cibus, questโanno giunta alla 22a edizione, rappresenta una radiografia fedele dellโagroalimentare italiano, dร il senso di dove e come sta andando la gastronomia nel nostro Paese e nel mondo. Nel bene e nel male.
Appunto, dove sta andando la gastronomia? Navigando tra i tremila brand presenti nellโultima edizione della fiera parmigiana e le oltre mille novitร del food&beverage, in buona parte nel Corner dedicato al padiglione 7, sembrerebbe che una delle rotte piรน seguite sia quella dei prodotti proteici, soprattutto vegani e addizionati con collagene, il trend del momento, accanto al settore free from (alimenti e bevande senza zucchero, lattosio, glutine, alcolโฆ), nelle intenzioni tutti nel segno dellโHealth & Wellness. Unโaltra bella fetta di mercato punta a gamba tesa nel fast a tutti i costi, prodotti pronti da mangiare o da preparare nel minor tempo possibile, al massimo in due minuti per uno spaghetto innovativo o una porzione di pasta giร condita. Poi tanti snack, sfogliatine croccanti e crispy vegetali da sgranocchiare in ogni momento della giornata.
Nelle nuove tendenze che Cibus mette in mostra e contribuisce a focalizzare emergono incoerenze e informazioni non sempre chiare. Alcuni prodotti contengono delle contraddizioni e sono di fatto il contrario di quello che comunicano. Gli alimenti proteici di origine non animale in realtร sono prodotti che contengono solo alcuni de mattoncini che compongono la proteina biodisponibile, e non tutti e 9 gli aminoacidi essenziali. Eppure, si continua a chiamare gli aminoacidi proteine, dando informazioni vaghe e generando confusione.
Nella maggior parte dei casi gli alimenti proteici plant-based e quelli pronti da mangiare o superveloci da preparare sono prodotti iperprocessati (qui i 10 trucchi per riconoscerli), sottoposti ad alta temperatura e con una lunga lista di ingredienti tra emulsionanti, aromi di sintesi, addensanti, conservanti, stabilizzanti e correttori di aciditร . I cibi proteici vegani, in particolare, sono a base di soia, il legume piรน ricco di proteine (aminoacidi), che perรฒ proviene da coltivazioni intensive di Paesi tropicali, ottenute attraverso deforestazione, con un impatto negativo dal punto di vista ambientale: desertificazione, perdita di biodiversitร , alterazione climatica e dellโecosistema, aumento del riscaldamento globale.
Molti alimenti โproteiciโ e tanti snack sotto forma di crispy o sfogliatine sottili e croccanti sono ottenuti da farine (di patate, legumi, frutta secca in guscio ecc.) che vengono โestruseโ, sottoposte necessariamente a temperature e pressioni elevate, un poโ come la plastica, per compattare gli ingredienti, un processo che ยซpotrebbe sviluppare gli AGE, dallโinglese Advanced Glycation End-product, potenzialmente tossiciยป spiega il professor Luca Piretta, gastroenterologo, nutrizionista e docente allโUniversitร Campus Bio-Medico di Roma.
Per la classifica di uno degli ultimi mensili del Gambero Rosso abbiamo degustato i burger vegetali. I risultati non sono stati esaltanti e danno la misura di quanto sul prodotto si debba ancora lavorare molto. ร quanto emerso anche dagli assaggi durante lโultima edizione di Cibus: simil-formaggi, carni alternative, trancetti al sapore di mare che richiamano il tonno in scatola, uova plant-based, vegan ready meals. Alcuni sono prodotti accettabili, molti decisamente mediocri e al limite del commestibile. In sintesi, tranne poche eccezioni, i cibi proteici vegani e quelli pronti contraddicono i valori che portano avanti. Non sono sostenibili, non sono buoni, non sono sani, non sono realmente proteici, sono la negazione della nostra tradizione gastronomica, diseducano il gusto. Alla faccia della candidatura della cucina italiana a Patrimonio culturale immateriale Unesco proposta lo scorso anno dai Ministeri dellโagricoltura e della cultura.
I vegani e coloro che non hanno tempo di stare ai fornelli (ma magari ore da spendere davanti alla tv per seguire trasmissioni di cucina, unโaltra contraddizione legata ai nuovi trend della gastronomia) hanno da sempre le soluzioni ad hoc per le loro esigenze: fagioli, ceci, lenticchie o piselli in scatola accompagnati da una fetta di buon pane integrale (che insieme contengono i 9 aminoacidi essenziali, cioรจ la proteina โnobileโ), oppure le nostre gustose mandorle pugliesi o siciliane al posto della farina di mandorla giร porzionate in busta da sgranocchiare durante la giornata. Piรน gustosi, piรน salubri, piรน economici e ugualmente veloci.
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